Fare memoria

Cosa significa fare memoria in modo propositivo e non semplicemente declamatorio? Significa trasmettere un sistema di valori, di idee, di modi di agire in grado di orientare nelle scelte e di guidare a riconoscere e denunciare i carnefici e gli indifferenti nel mondo. A ciò sono funzionali esperienze di comunità che mettano in dialogo realtà e persone che provano a farlo, ogni giorno, opponendosi alla barbarie.

Costruire comunità

Ex-GKN di Firenze, Notav della Valsusa e lavoratori della centrale a carbone di Civitavecchia hanno in comune la capacità di dire no in modo collettivo, di creare nei territori comunità di donne e uomini aperte al mondo, di promuovere cultura e passione dentro e intorno a loro, di progettare e sperimentare percorsi di conversione ecologica. Da lì occorre partire senza attendere improbabili messia dall’alto.

“Sfida”: contorni e suggestioni di una parola

In un mondo dominato dall’esaltazione dell’individuo, dalla competitività e dalla necessità di una perenne dimostrazione di obiettivi raggiunti, non è difficile immaginare che tutto possa essere visto come una sfida. Ma in una sfida, due soluzioni si palesano al pensiero: raccogliere o meno il guanto. Una terza via non c’è o, meglio, non è contemplata (a meno che non si scelga di non giocare a quel gioco).

Autismo: il diritto di vivere un’esistenza dignitosa

C’è un luogo comune secondo cui a occuparsi degli autistici e delle persone fragili devono essere i familiari. È un errore, non foss’altro perché i familiari spesso non sono in grado di farlo e hanno bisogno anch’essi di vivere una vita dignitosa. La realizzazione di comunità socializzanti e capaci di favorire autonomia non è una delega ma una necessità per dare senso al termine “inclusione”.

“Il tempo rimasto”: un film sulla densità della vita. Intervista a Daniele Gaglianone

«Quando scompariranno coloro che oggi hanno più di 85 anni andrà via la generazione testimone delle grandi trasformazioni, che è passata dalla vita come era secoli fa a questo presente. Chi è nato negli anni Venti o Trenta ha visto cambiare il mondo almeno due o tre volte e sta continuando. Ma queste persone nonostante la durezza delle loro vite danno l’idea di essere vissute dentro comunità».

Parlare a chi oggi si sente solo

Oggi fare politica a sinistra è difficile. Anzitutto perché il sistema economico e sociale e le pratiche con esso connesse hanno generato, insieme a vulnerabilità e disuguaglianza, mancanza di riconoscimento. Da qui occorre ripartire, per tornare a stare con chi oggi si sente solo e non riconosciuto dai decisori. Sapendo che il sociale e il politico non possono essere scissi.