Daniele Poto, giornalista sportivo e scrittore, ha collaborato con “Tuttosport” e con diverse altre testate nazionali. Attualmente collabora con l’associazione Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie. Ha pubblicato, tra l’altro, Le mafie nel pallone (2011) e Azzardopoli 2.0. (2012).

Contenuti:

I soliti noti, ovvero l’eterna casta dello sport

L’esistenza di vere e proprie caste alla guida dello sport è un vizio radicato del nostro Paese. Il fermo immagine su chi governa le federazioni restituisce la fotografia sbiadita di una sinecura professionistica che garantisce introiti non trascurabili ma non altrettanti successi: basti pensare a Gianni Petrucci nel basket o a Gabriele Gravina nel calcio.

Oltre l’eurocentrismo: la lezione dello sport

Nei recenti mondiali di atletica di Budapest sono andate a medaglia ben 48 nazioni. Kenya, Etiopia e Uganda sono, in questa graduatoria, davanti all’Italia e ci sono, nell’elenco, Qatar, Grenada, Porto Rico, Pakistan, Isole Vergini, Botswana, Venezuela, India, Burkina Faso, Bahrein e via elencando. La cosa vale anche per gran parte delle altre discipline. Almeno nello sport l’eurocentrismo è finito.

Il calcio italiano balla sul Titanic

Anche se vuol continuare a esporre un profilo alto, il calcio italiano presenta contraddizioni crescenti e un andamento economico sempre più prossimo al fallimento. E non si emenda da solo, né sono bastati gli scandali e la purga di Calciopoli. Del resto gli italiani, rassegnati e silenti di fronte alla riforma delle pensioni, metterebbero a ferro e fuoco le piazze per la sospensione di un torneo calcistico…

Il grande business degli stadi di Roma e Milano

Il turbo-capitalismo punta su nuovi stadi in cui gli interessi speculativi prevalgono su quelli sportivi. Accade a Roma come a Milano e, nell’establishment sportivo, nessuno sembra preoccuparsi della sorte dei vecchi impianti, spesso ottimi. Il modello della democrazia polisportiva partecipata spagnola è lontano mille miglia e non c’è sentore di referendum per decidere se e cosa costruire.

Il calcio italiano? Un Titanic allo sbando

Il calcio italiano vive in una bolla (fatta di conti in rosso, di scandali montanti, di una nazionale di nuovo esclusa dai mondiali) che lo allontana dalla dimensione del miglior football continentale giocato in Inghilterra, Spagna, Francia. Per esorcizzare questa marginalità si rilancia il mercato di gennaio, senza succo e senza nerbo, che si appoggerà a prestiti, riciclaggi e operazioni di basso profilo.

Lo tsunami Juventus affonda il calcio

La Juventus di Andrea Agnelli, travolta da indagini e intercettazioni, rischia la retrocessione. E – cosa ancor più grave – emerge, attorno al “pesce pilota” bianconero, un mondo calcistico dedito a inciuci e scambi fittizi e supervalutati. Una rete che coinvolge Sassuolo, Atalanta, Udinese, Sampdoria ed Empoli in una attività lobbistica che non poteva non avere ricadute sulla regolarità del campionato.

Paola Egonu e il razzismo da tastiera

È bastato un set ball sbagliato dopo 275 punti conquistati nel mondiale di volley perché alcuni sconsiderati si abbandonassero a insulti razzisti sui social nei confronti dell’italianissima Paola Egonu provocandone la sacrosanta reazione. È un film già visto a cominciare dai buu negli stadi di calcio. Questa volta c’è stata una diffusa solidarietà, ma non basta. Occorrono prese di distanza istituzionali nette ed esplicite.

Non solo calcio

Il calcio è scalzabile dalla graduatoria di popolarità tra gli sport nazionali? Probabilmente no, anche se, nelle competizioni mondiali, la sua stella brilla assai poco mentre sono in primo piano altri sport di squadra: dalla pallavolo al basket, dalla pallanuoto fino al baseball. Registrare questo stato di cose non vuol dire accettarlo ma rendersi conto della relatività di un primato quanto mai frangibile e contendibile.

L’Italia del nuoto vola sulle onde

I successi agli europei di nuoto confermano la poderosa crescita del movimento natatorio italiano che ha restituito prestigio al nostro sport e attirato a Roma pubblico da tutto il mondo. È una crescita diffusa sul territorio nazionale e favorita da una accorta politica della Federazione anche se la pratica natatoria resta essenzialmente sulle spalle dei privati data la cronica assenza della scuola.