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Daniele Poto, giornalista sportivo e scrittore, ha collaborato con “Tuttosport” e con diverse altre testate nazionali. Attualmente collabora con l’associazione Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie. Ha pubblicato, tra l’altro, Le mafie nel pallone (2011) e Azzardopoli 2.0. (2012).
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Ci sarà l’Olimpiade del 2021, già rinviata di un anno, pur senza certezze sull’effettiva praticabilità? I dubbi crescono, dati i rischi connessi con la compresenza di migliaia di atleti, ma aspettative e interessi premono e impediscono rinunce anticipate. Ci sono accorgimenti possibili ma ne va del fascino dell’evento. E così si aspetta…
L’età anagrafica per l’addio allo sport si allunga sensibilmente in una lunga eclissi che consente ancora guadagni e popolarità. Ma la parabola dei campioni sensibili al messaggio degli sponsor e del marketing assai più che a quello del corpo rende a volte patetico il tentativo di rimanere sulla cresta dell’onda.
Tra le (eterogenee) frange che “contestano” violentemente le restrizioni governative dettate dal coronavirus non stupisce di trovare il fronte degli ultras, momentaneamente disoccupati per l’inagibilità degli stadi. Da tempo, infatti, è in atto una identificazione tra gruppi di ultras e destra eversiva in cui il tifo calcistico è una semplice copertura.
La forbice di decremento del PIL per l’anno in corso è stimata, per l’Italia, tra il 12 e il 18 per cento. Ma gli ingaggi di calciatori e allenatori del massimo campionato sono complessivamente calati solo del cinque per cento. In altri termini: i protagonisti del calcio sono sempre più ricchi in un mondo sempre più povero.
Giocare a porte chiuse. I club si ribellano ma è la scelta più razionale, e bisogna farsene una ragione. Mancano la cornice, il colore, la vita, ma nei mesi di lockdown l’abitudine al virtuale è quasi diventata l’abito di casa e il mezzo televisivo offre grandi possibilità di guardare e finanche di sentire le urla degli allenatori…
L’ennesima delusione sul versante Champions ha indotto la Juventus a licenziare Maurizio Sarri e a cercare di aprire una nuova era con Andrea Pirlo. Scelta inevitabile sul piano societario dati il massacro in borsa, la caduta di immagine, il deprezzamento del patrimonio calciatori. Ma certo, sul piano tecnico, un azzardo.
Il campionato di calcio italiano è quella corsa in cui partono tutti alla pari ma alla fine vince sempre la Juventus. Anche quest’anno la “vecchia signora” si avvia alla conquista del nono scudetto consecutivo. È l’effetto del calcio-affare che la Juventus ha cavalcato meglio degli altri. Ma è un bene per lo sport più amato dagli italiani?
I mesi del coronavirus hanno inferto un’ulteriore mazzata al sistema dell’informazione: dalle vendite dei quotidiani alla credibilità di sistema. È in questo contesto che sono maturati gli “esuberi” di RCS e la virata a destra di “Repubblica”. Ma sono le testate sportive e i loro giornalisti a scrivere ogni giorno pagine sempre più surreali.
Le boccheggianti società di calcio, travolte da perdite miliardarie per capricci di mercato (tipo l’acquisto di Ronaldo), chiedono ora, per superare la crisi prodotta dal Coronavirus, l’abrogazione del divieto di pubblicità delle aziende di scommesse. L’obiettivo è quello di stipulare lucrosi contratti con i broker dell’azzardo.
Anche lo sport è immerso nella strana vita dell’era del Coronavirus. Con improvvisazioni e contraddizioni analoghe a quelle istituzionali. Presidenti che si insultano, organismi che danno indicazioni contraddittorie, porte chiuse (o socchiuse). L’importante è che lo spettacolo continui!