Il Governo Meloni e la lievitazione dei decreti legge

L’abuso dei decreti legge è un vizio antico del nostro sistema. Ma il Governo Meloni ha superato ogni limite. Nel suo primo anno di attività i decreti legge sono più del 50% dei provvedimenti normativi. Il Parlamento è totalmente emarginato e nessuna resistenza viene dal Presidente della Repubblica. Ma il Governo propone una modifica costituzionale per rafforzare ulteriormente l’esecutivo.

La democratura che viene

Il premierato assoluto rompe con la Costituzione antifascista e istituzionalizza una confusa forma di Governo populista, che comprime i diritti, delegittima le opposizioni e sabota il Parlamento. Prepararsi al referendum costituzionale è cruciale per una ricucitura democratica dal basso diretta ad evitare la compressione autoritaria in atto e lo scivolamento dell’Italia verso una forma di “democratura”.

Parlare con il popolo, per non cadere nel populismo

Parlare con il popolo è molto diverso da parlare al popolo; anzi, è proprio l’opposto. È uno scambio bidirezionale, che alterna dire e ascoltare. Invece, parlare al popolo, in un’unica direzione, è la modalità tipica dei populisti di ogni genere, che non hanno bisogno di sentire, perché ritengono di sapere già cosa conviene dire. È una considerazione che sarebbe bene tenere sempre presente. Anche a sinistra.

Contro la “riforma” costituzionale, la parola ai cittadini. Prepararsi al referendum

La “riforma” istituzionale del Governo Meloni è il tentativo, posto in essere da un manipolo di reduci ideologici del fascismo, di dare la spallata finale al progetto politico della Costituzione del 1948. La risposta spetta al popolo sovrano: in un referendum in vista del quale il fronte del No deve costruirsi fin da ora nel modo più ampio, prendendo parola su ogni telefono, in ogni piazza, in ogni televisione.

Gli spari sopra, ovvero la guerra e la fine della politica

Quanto vale la vita di un ucraino? due volte quella di un palestinese? e la vita di un europeo occidentale? A questa macabra contabilità ci sta portando la follia della guerra. Eppure, un giorno ci vergogneremo di noi e dell’Europa, incapaci di pronunciare la parola “tregua” e di scrivere nero su bianco “cessate il fuoco”. Intanto ci lasciamo morire, politicamente, sotto i colpi della propaganda.

Dietro l’angolo, un premierato torbido

È un premierato torbido quello previsto nel disegno di legge costituzionale varato dal Governo. Torbido perché, con il mito della stabilità, veicola il dis-equilibrio dei poteri, l’abbattimento della partecipazione e una democrazia subordinata a un capo o, più propriamente, un’autocrazia. Occorre reagire. Subito. Prepararsi a un referendum oppositivo costruendo una contro-egemonia nel segno del conflitto sociale dal basso.

Meglio Salvini che Norberto Bobbio o Liliana Segre?

Il Governo ha varato il progetto di riforma della Costituzione per dar vita alla terza Repubblica. Vengono, tra l’altro, aboliti i senatori a vita di nomina presidenziale. Invece di Bobbio e di Liliana Segre avremo solo tanti cloni di Salvini. Resta da chiedersi come mai, nominati per nominati (ché tali sono di fatto, e dai partiti, gli attuali senatori), non si sia privilegiato, una volta tanto, il merito.

La riforma costituzionale della destra: eliminare il pluralismo

Il Governo vuole l’elezione diretta del premier, beneficiato, qualunque sia il numero di voti riportato, del 55% dei parlamentari (una dote non prevista in alcuna democrazia al mondo) e sostituibile, nella legislatura, solo una volta e con un parlamentare eletto nella sua stessa lista. Si tratta di un mix bizzarro di istituti diversi che ha il solo scopo di eliminare il pluralismo, sostituendolo con una sorta di autocrazia elettiva.

Povertà, salute negata e contraddizioni del Governo

Il Servizio Sanitario Nazionale è inadeguato, il Sud è prossimo al “deserto sanitario”, la povertà è ai massimi storici, gli sfratti per morosità aumentano mentre, parallelamente, crescono i super ricchi e i loro patrimoni. Per invertire la tendenza bisognerebbe potenziare la sanità ed evitarne la frammentazione, investire nel welfare prelevando risorse dai redditi più alti. Ma il Governo continua a percorrere la strada opposta.