Leopoldo Grosso, psicologo e psicoterapeuta, è stato per molti anni coordinatore del settore Accoglienza del Gruppo Abele e fondatore dell’Università della strada. Tra i suoi libri più recenti: “La comunità terapeutica per persone tossicodipendenti” (con Maurizio Coletti, 2011), “Atlante delle dipendenze” (con Francesca Rascazzo, 2014), “Questione cannabis. Le ragioni della legalizzazione” (2018), tutti per le Edizioni Gruppo Abele.
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Dopo 12 anni di inadempienze si arriva finalmente alla Conferenza nazionale sulle droghe che, secondo la legge 309/1990, dovrebbe avere scadenza triennale. È un fatto positivo. Ma c’è uno scarso coinvolgimento degli operatori e mancano dal programma questioni fondamentali come la legalizzazione della cannabis. Di qui l’organizzazione parallela di un “Fuori Conferenza”.
In pochi giorni la proposta di referendum per la legalizzazione della cannabis ha superato le 500.000 firme, metà delle quali di giovani sotto i 25 anni. È un segnale importante. Legalizzare non significa cedere a un permissivismo senza freni ma introdurre delle regole razionali utili per i singoli e per la società nel suo complesso.
La serie televisiva Netflix su San Patrignano ha riaperto il dibattito su droghe e comunità terapeutiche. Ma da allora il mondo è cambiato. Il sistema delle comunità si è integrato con altri interventi. Faticosamente ma con buoni risultati. Solo il sistema legislativo continua a far riferimento ai «ragazzi dello zoo di Berlino».
Il principio attivo contenuto nella canapa in libera vendita è minimo e non procura alcuna dipendenza. I cannabis shop non incentivano l’uso di droga e non facilitano il passaggio a un comportamento illecito ma contribuiscono a limitare il richiamo del mercato illegale. Chiuderli è solo un favore agli spacciatori.
A differenza di quanto accade nel resto del mondo le ragioni a sostegno della legalizzazione della cannabis faticano a trovare spazio nel nostro Paese. Eppure le esperienze realizzate ne dimostrano la bontà per la tutela della salute dei consumatori e per il contrasto della criminalità.
“Tolleranza zero” e “lavori forzati” per tossicodipendenti evocati dal neoministro Fontana e interventi a piedi giunti del ministro dell’interno con la direttiva “Scuole sicure” e contro l’uso ludico della cannabis light. Le politiche sulle droghe del nuovo Governo si allineano a quelle di Trump e Putin.