Merito, Costituzione e giustizia sociale

Il “merito” è usato da una parte della politica e della cultura per dividere la società in vincenti e perdenti e rendere così accettabili le disuguaglianze. Non è la prospettiva disegnata dalla Costituzione, che lo esclude dai criteri distributivi dei beni sociali indispensabili per condurre una vita “libera e dignitosa”. A questa impostazione dobbiamo fare riferimento senza lasciarci ammaliare da facili scorciatoie.

L’imbroglio della meritocrazia

Come segno di modernità e di cambiamento il nuovo Governo ci regala un ministero del merito (oltre che dell’istruzione). Il tutto – dice il neoministro – per valorizzare i talenti e le capacità. È, all’evidenza, un imbroglio ché, al contrario, modellando la società intorno al paradigma del merito non si fa che introdurre una legittimazione morale delle diseguaglianze, spogliandole della loro connotazione sociale di classe.

Il “docente esperto”: ancora l’inganno della meritocrazia

L’idea di riforma del ministro Bianchi sul “docente esperto” costituisce l’ennesimo inganno della meritocrazia, coerente con la cultura aziendalista dell’agenda Draghi. Laddove questo sistema viene applicato, come in Francia, il clima cooperativo fra colleghi è stato sconvolto. E lo stress della performance imposto dalla cultura aziendalista finisce per diminuire anziché aumentare la qualità del lavoro.

Scuola di classe

La scuola italiana sta per subire l’ultimo affronto. Il neoministro Bianchi, rispolverando l’armamentario della “Buona scuola” di Renzi, introduce, come elemento di valutazione e di successivo accompagnamento degli studenti, un curriculum sulle attività extrascolastiche svolte. Ovviamente da chi se le può permettere.

L’inganno della meritocrazia

In occasione della nascita del Governo Draghi c’è chi, nell’esecutivo e nella maggioranza che lo sostiene, ha evocato il primato della meritocrazia. Non è la prima volta, ma ciò non basta a occultare il depistaggio cognitivo insito nell’operazione: si scrive merito ma si legge darwinismo sociale, legittimazione delle diseguaglianze di potere e di diritti.