Tomaso Montanari insegna Storia dell’arte moderna all’Università per stranieri di Siena. Prende parte al discorso pubblico sulla democrazia e i beni comuni e, nell’estate 2017, ha promosso, con Anna Falcone l’esperienza di Alleanza popolare (o del “Brancaccio”, dal nome del teatro in cui si è svolta l’assemblea costitutiva). Collabora con numerosi quotidiani e riviste. Tra i suoi ultimi libri Privati del patrimonio (Einaudi, 2015), La libertà di Bernini. La sovranità dell’artista e le regole del potere (Einaudi, 2016), Cassandra muta. Intellettuali e potere nell’Italia senza verità (Edizioni Gruppo Abele, 2017) e Contro le mostre (con Vincenzo Trione, Einaudi, 2017)
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Qualcuno imbratta (con vernice lavabile) Palazzo Vecchio? Niente paura, il sindaco interviene, placca il vandalo e provvede senza indugio al lavaggio del muro. Osanna dei media e generale ammirazione! Peccato che pochi ricordino gli sfregi inferti da Nardella ai palazzi fiorentini e si interroghino sul nesso, pur inscindibile, tra patrimonio artistico e ambiente.
Ha scritto Piero Calamadrei: «mentre quelli, i fascisti, picchiavano, una gran massa inerte li lasciava fare». Noi oggi siamo qua, a Firenze, perché non vogliamo lasciarli fare: vogliamo dire che siamo antifascisti. Non solo in piazza: lo vogliamo dire a scuola, e all’università. Perché l’antifascismo è la religione civile della Repubblica mentre il fascismo è l’esatto contrario della Costituzione.
Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara non è nuovo a infortuni ed esternazioni indecenti. Ma questa volta ha superato ogni limite. Indifferente di fronte al pestaggio squadrista degli studenti del Liceo Michelangiolo di Firenze ha riservato tutto il suo sdegno e minacciato sanzioni nei confronti di una preside che ha messo in guardia i suoi studenti contro il riemergere del fascismo.
La Costituzione è approdata a Sanremo con un monologo di Benigni alla presenza del presidente Mattarella. C’è poco da rallegrarsi. La nostra Carta, come diceva Calamandrei «è una polemica contro il presente, contro la società». Non va celebrata ma praticata. Altrimenti si assiste al festival dell’ipocrisia. Com’è per l’articolo 11, che non è «una poesia», ma un impegno contro la guerra, purtroppo disatteso.
Ciò che è successo potrebbe succedere ancora. Ora, Giorno della Memoria 2023, abbiamo il dovere di ricordare che il fascismo non è morto, e non è cambiato. E che, oggi, chi rivendica quelle idee atroci (che non sono separabili dai campi di sterminio cui portarono) è tornato al potere in Italia, e si appresta a calpestare la Costituzione antifascista del 1948, per ridare il potere nelle mani di uno solo.
Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano derubrica Dante a padre della destra sulla base di un sillogismo la cui premessa maggiore è che l’autore della Divina Commedia sia il fondatore della nazione italiana. Evidente l’infondatezza dell’affermazione, che riproduce un’invenzione del fascismo, resta lo sconcerto per la trasformazione in atto del ministero della Cultura in ministero della Propaganda.
La morte Joseph Ratzinger ha dato la stura a una genuflessione pressoché generale della stampa, incapace di una lettura critica degli eventi e di un racconto non encomiastico. Si è così assistito a un corteggio di re e regine, pinocchi e fatine, monsignori sdraiati sulla bara e regolamenti di conti via instant book. Mentre sarebbe stata (e sarebbe) necessaria una valutazione attenta della traiettoria di un uomo di potere.
I solerti servitori dell’establishment e i soloni decotti si sgolano a blandire il Governo: «no, altro che fascismo, ma quale destra estrema, sono cambiati, moderati, europei, moderni…». Per capire come stanno davvero le cose, basterebbe fare attenzione alla lingua e alle immagini, come quelle che accompagnano l’inaugurazione della sede di Casa Pound a Firenze, del tutto simili a quelle che accolsero Hitler nel 1938.
Una cosa è chiara dopo la formazione e l’insediamento del Governo Meloni: il ceto politico e le stesse politiche non sono molto diversi da quelli dei governi degli ultimi decenni (donde la servile acquiescenza dei grandi giornali), ma la cultura politica dei nuovi padroni del Paese è quintessenzialmente lontana da ogni forma di democrazia, agli antipodi dalla visione e dal progetto costituzionali.
L’uso di armi nucleari nei prossimi giorni è accreditato come possibile, se non probabile. C’è qualcosa di insopportabile nel vivere questi giorni come giorni qualunque, quando potrebbero essere davvero i nostri ultimi giorni. Gridiamo ai nostri governi che le Costituzioni che li legittimano nascono per difendere i popoli, non per estinguerli.