Giuseppe Tosi è professore titolare del Dipartimento di Filosofia dell’Università Federale della Paraìba (UFPB). È stato coordinatore del Programa de Pós-laurea in filosofia (2000-2003) e del Programa de Pós-laurea in diritti umani, cittadinanza e politiche pubbliche (2012-2014), dei quali continua a fare parte. Prima di iniziare, nel 1989, la carriera universitaria ha operato come volontario internazionale con i contadini e gli indigeni in Perù (1978-1981) e in Brasile (1981-1989) in progetti del Ministero degli Affari Esteri italiano, promossi dal Movimento Laici America Latina (MLAL). Nel 2018 gli è stato conferito dall’Assemblea legislativa della Paraìba il titolo onorifico di cittadino paraibano.
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Il supremo organo della giustizia elettorale del Brasile ha condannato Jair Bolsonaro alla interdizione dai pubblici uffici per 8 anni. L’ex presidente non potrà, dunque, candidarsi alle prossime presidenziali. Gli è stato fatale il tentativo di interferire sullo scorso processo elettorale, denunciando brogli inesistenti e aizzando i suoi sostenitori contro i poteri costituiti.
Le elezioni in Brasile sono prossime e Bolsonaro, in evidente difficoltà, sta tentando una sorta di golpe delegittimando preventivamente le istituzioni e il voto e basandosi su tre pilastri: l’esercito, settori della polizia militare e le famigerate milicias. Si tratterà comunque di elezioni tese e turbolente su cui occorre vigilare.
La guerra in Ucraina non ha suscitato in Brasile particolari reazioni: per la distanza, per ragioni culturali ma anche per ragioni politiche di opposto segno. Per Bolsonaro e l’estrema destra, infatti, Putin è un punto di riferimento fondamentale, mentre per Lula e per la sinistra entra in gioco un forte riflesso condizionato di antiamericanismo.
In Brasile mancano otto mesi alle elezioni. Bolsonaro, travolto dal suo malgoverno, è, nei sondaggi, in caduta libera (20-25%) mentre il suo avversario, Lula, è al 40-45% e sta tessendo alleanze per vincere al primo turno. Il clima politico si sta scaldando e Bolsonaro mostra di non voler accettare un’eventuale sconfitta. Tempi difficili aspettano il Paese.
Due eventi importanti scuotono, in queste settimane, il Brasile. Da un lato la pandemia, ormai fuori controllo, fa vacillare il consenso del negazionista Bolsonaro. Dall’altro la riabilitazione di Lula, pronto a sfidare il presidente alle prossime elezioni, cambia totalmente il clima politico.
Il Brasile contende agli Stati Uniti la palma della peggior gestione al mondo della pandemia, complice un presidente negazionista. Oggetto di numerose richieste di impeachment, Bolsonaro non si arrende e dichiara che solo dei brogli potrebbero portare alla sua sconfitta alle elezioni presidenziali del 2022.
Il bolsonarismo controlla lo Stato attraverso le forze armate e la polizia, ma conta anche sull’appoggio dei gruppi paramilitari armati, le milícias. Fino a oggi è riuscito a mantenere un diffuso consenso attraverso l’uso senza scrupoli dell’indottrinamento religioso e delle reti sociali ma è sempre più evidente la sua incompatibilità con la democrazia.
Il Brasile vive una profonda crisi sanitaria, economica e politica di cui è difficile prevedere l’evoluzione. Una delle ipotesi più probabili, peraltro, è che l’instabilità sociale porti alla proclamazione dello stato di eccezione e al ritorno a una dittatura civile-militare già oggi strisciante.
In Brasile continua il logoramento quotidiano della democrazia da parte di Bolsonaro e del suo Governo. Il presidente, sempre più in difficoltà per la mancanza di risultati economici, attacca il Parlamento, i governatori, la stampa, il Tribunale Supremo e militarizza il Paese.
Il 1° gennaio cade un anno dall’insediamento del governo Bolsonaro. Ciò smentisce le incaute previsioni di chi lo riteneva un fenomeno di vita breve. In realtà il sistema di governo di Bolsonaro, con modalità populiste aggressive e inedite, sta logorando le basi della democrazia.