
1000 firme per liberare Dana
L’appello che in un piccolo gruppo abbiamo lanciato per liberare Dana è diventato, in pochi giorni, una valanga. In centinaia hanno aderito. Di provenienza e condizioni assai diverse. Da tutta …
la politica puntoacapo
L’appello che in un piccolo gruppo abbiamo lanciato per liberare Dana è diventato, in pochi giorni, una valanga. In centinaia hanno aderito. Di provenienza e condizioni assai diverse. Da tutta …
La pandemia è precipitata anche sul sistema carcerario imponendo una riduzione del numero dei detenuti. Ma il sovraffollamento permane e sempre più si avverte la necessità di un nuovo regolamento di esecuzione delle pene e di più risorse per le misure alternative, per il miglioramento della vita negli istituti, per le risorse educative.
Mafie, corruzione, pandemia: sono lo sfondo di un’indagine demoscopica pubblicata da Libera da cui emerge un quadro non scontato e per molti aspetti preoccupante della percezione diffusa della situazione da parte dei cittadini, delle loro paure e incertezze, della loro fiducia nelle istituzioni, delle loro attese.
Dana è in carcere da quasi sei mesi in esecuzione di una condanna a due anni di reclusione per aver partecipato a una manifestazione No Tav nel corso della quale è stata bloccata per pochi minuti l’autostrada Torino-Bardonecchia. Un appello di intellettuali, giuristi, artisti ne chiede la immediata liberazione.
«Quando leggerete questa lettera saranno ormai cinque i miei mesi di detenzione. Nel frattempo si sono succeduti svariati eventi, tra cui lo sciopero della fame che abbiamo portato avanti nei giorni scorsi e la richiesta di controllo della mia corrispondenza, la cosiddetta “censura”. Ma qualsiasi altro “dispetto” dovessi subire, sono ben in grado di sopportarlo!».
Emilio Scalzo, immigrato bambino dalla Sicilia, poi macellaio e pescivendolo, oggi vegetariano e No Tav ha scelto di essere, tra molte difficoltà, «un sanbernardo e non un lupo». La sua vicenda è importante per i tratti personali ma anche perché è la storia di una comunità, di un movimento in cammino non solo contro un treno.
La pandemia non accenna a rientrare, il carcere scoppia, la giustizia penale è al palo. E c’è chi, dopo la “didattica a distanza”, predica il “processo a distanza” come soluzione anche a regime, una volta terminata l’emergenza. È l’ultimo sfregio della pandemia a una comunità democratica e a una convivenza solidale.
Le carceri sono a rischio. Al sovraffollamento cronico si associa il diffondersi incontrollato del Covid-19. Senza interventi drastici la situazione può esplodere. Non c’è alternativa. Occorre il coraggio di assumere provvedimenti di amnistia e indulto, accompagnati da più rigorosi criteri nella scelta delle misure cautelari.
La scarcerazione per ragioni di salute di condannati per gravi reati ha creato scandalo e proteste. A torto. Troppo spesso la pena è un «supplizio» e il carcere una discarica sociale. Se non siamo ciechi, proprio dalla gestione dell’emergenza sanitaria può uscire una diversa filosofia della pena e dei luoghi di espiazione.
«Mi mancherà poter contribuire attivamente ai prossimi mesi di mobilitazione in Valle, ma so che il movimento saprà mettere in campo tutte le risorse per resistere ancora una volta alle aggressioni che verranno mosse da chi vuole a tutti i costi il TAV. La nostra lotta è per il futuro di tutti, abbiamo una grande responsabilità».