Web:
Profilo:
Livio Pepino, già magistrato e presidente di Magistratura democratica, dirige attualmente le Edizioni Gruppo Abele. Da tempo studia e cerca di sperimentare, pratiche di democrazia dal basso e in difesa dell’ambiente e della società dai guasti delle grandi opere. Ha scritto, tra l’altro, "Forti con i deboli" (Rizzoli, 2012), "Non solo un treno. La democrazia alla prova della Val Susa" (con Marco Revelli, Edizioni Gruppo Abele, 2012), "Prove di paura. Barbari, marginali, ribelli" (Edizioni Gruppo Abele, 2015) e "Il potere e la ribelle. Creonte o Antigone? Un dialogo" (con Nello Rossi, Edizioni Gruppo Abele, 2019).
Contenuti:
La magistratura progressista si divide: c’è chi sceglie Area per la giustizia e lascia Magistratura democratica. La cosa avviene in un momento di crisi profonda della giustizia. Una crisi di contenuti trascurata dalla maggioranza dei magistrati. Chissà che la scissione non favorisca una presa di coscienza e comportamenti coerenti.
La pandemia non accenna a rientrare, il carcere scoppia, la giustizia penale è al palo. E c’è chi, dopo la “didattica a distanza”, predica il “processo a distanza” come soluzione anche a regime, una volta terminata l’emergenza. È l’ultimo sfregio della pandemia a una comunità democratica e a una convivenza solidale.
«Pensavamo di essere sani in un mondo malato!». Da questa considerazione muove un serrato libro di Giuseppe De Marzo (“Radical Choc”) che denuncia, anche alla luce della pandemia in atto, la follia distruttiva dell’economia della crescita e segnala le alternative necessarie e possibili.
La vulgata è che, seppur con estremo ritardo, i decreti Salvini sono andati in soffitta. Non è così. Le norme più smaccatamente illiberali in tema di immigrazione sono state modificate ma la lettera e l’impianto di quei decreti sono rimasti immutati per quanto riguarda il trattamento dei marginali e la repressione del conflitto sociale.
Il 26 settembre si è tenuta a Torino l’assemblea di “Volere la luna” che ha ripercorso le attività associative dell’anno scorso, tracciato le linee di lavoro per il futuro e provveduto alla modifica dello statuto. Si pubblica qui l’introduzione del presidente Livio Pepino. A breve la pubblicazione del verbale e del nuovo statuto.
La vittoria del Sì nel referendum è stata netta, anche se il No ha dimostrato di non essere marginale nel Paese. Che fare ora, nel nuovo assetto istituzionale caratterizzato da una virata maggioritaria? Ragionare su nuove strade. Con due obiettivi prioritari: riunificare il campo che si è diviso nel referendum e aggiornare il modo di fare politica.
Se sei No TAV, abiti in Alta Val Susa e non fai pubblica abiura delle tue convinzioni non puoi avere misure alternative al carcere, indipendentemente dal tuo buon inserimento sociale. Questa, in sintesi, la motivazione con cui il Tribunale di sorveglianza di Torino ha respinto la richiesta di affidamento in prova di Dana.
Il taglio dei parlamentari e il conseguente referendum non hanno la portata dirompente di precedenti tentativi di riforma costituzionale. Ma gli argomenti a favore del SÌ nel referendum (sia quelli tecnici che quelli politici) sono così infondati e contraddittori che è quantomeno prudente respingerli.
Da giorni va in scena la pièce di un giudice “pentito” che si reca dall’ex cavaliere di Arcore per esprimergli la propria ammirazione e confessargli di aver contribuito a condannarlo ingiustamente. Non metterebbe conto di parlarne se la posta in gioco non fosse ben più alta della riabilitazione di un politico al capolinea.
La magistratura e il suo autogoverno vivono una crisi gravissima. Molti ne denunciano la “politicizzazione” e propongono un ritorno al passato. Ciò che occorre è, all’opposto, la rottura delle derive corporative e burocratiche in atto, un nuovo scisma come quello consumato negli anni ’70 da Magistratura democratica.