Riccardo De Vito, magistrato di sorveglianza a Sassari, è attualmente presidente di Mgistratura democratica e componente del comitato di redazione della rivista Questione giustizia.
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La Corte costituzionale ha deciso: il referendum “cannabis legale” è inammissibile. Finiscono in fumo oltre seicentomila firme e la possibilità per il popolo italiano di prendere la parola su un tema che riguarda aspetti importanti del vivere in comune. Non era un esito obbligato. Ed è, considerata l’inerzia del Parlamento, un esito deludente che il Paese non merita.
Collaborare con la giustizia o morire in carcere: questa la condizione dei condannati all’ergastolo per mafia. È una scelta inumana e irrazionale. L’auspicio è che, dopo la Corte europea dei diritti dell’uomo, intervenga la Corte costituzionale a rimuovere un automatismo non necessario per una seria azione di contrasto della mafia.
Mentre l’orizzonte della politica continua a essere l’illusione repressiva, un segnale in controtendenza viene dalla Corte costituzionale. È la dichiarazione di incostituzionalità della norma che prevede la pena minima di otto anni per la detenzione di “droghe pesanti”. È solo un segnale ma, di questi tempi, non è poco.
La legge sulla “difesa sempre legittima” è stata approvata ieri dal Senato. È una legge che non risolve ma inasprisce quel bisogno di sicurezza che assume di voler tutelare. Insieme al decreto legislativo sulle armi, approvato qualche mese fa, aumenterà le paure e l’aggressività. L’esperienza degli Stati Uniti insegna.
Il processo di riforma dell’esecuzione delle pene è fallito. Le porte del carcere si chiudono e c’è, nella maggioranza politica, chi vorrebbe buttare la chiave. Anche se è sempre più chiaro che rieducare il reo alla socialità attraverso la chiusura è come insegnare a nuotare fuori dall’acqua.
La pena di morte è inammissibile e va abolita in tutto il mondo: non è una semplice esortazione papale ma il nuovo testo del Catechismo della Chiesa cattolica. È una svolta epocale ricca di conseguenze su molti piani.
Lo schema di decreto sull’ordinamento penitenziario approvato dal Consiglio dei ministri riduce la riforma a un guscio vuoto. Di più, è un provvedimento per molti versi dannoso che conferma il progetto di una giustizia tanto forte con i deboli quanto debole con i forti.
Il “contratto di governo” di M5S e Lega ripropone, nel settore della giustizia penale, la vecchia idea che, per garantire la sicurezza (di pochi), occorra aumentare il carcere (per molti). È una prospettiva che tranquillizza l’opinione pubblica ma è fallita in tutto il mondo.
Il Gip di Ragusa ha disposto la restituzione alla Ong ProActiva Open Arms della nave sequestrata su richiesta della Procura di Catania: la solidarietà non è un reato.
Nella sentenza n. 58/2018 con la quale la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del decreto Ilva si leggono, finalmente, parole chiare sul rapporto tra i diritti fondamentali della persona e iniziativa economica.