Il miraggio delle Olimpiadi e le Universiadi dimenticate

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L’Italia sembra presa da altre priorità rispetto all’organizzazione-miraggio di grandi eventi sportivi. Eppure la fibrillazione e un certo avventurismo nella presentazione delle candidature serpeggia incessante nella demagogia di chi interpreta l’aggiudicazione delle manifestazioni come una chiave di volta per il rilancio del Paese. Complice il CONI che peraltro asseconda la propria “mission” istituzionale.

La conflittuale rinuncia alla chance per organizzare l’Olimpiade estiva del 2024 a Roma ha lasciato una lunga scia di polemiche, di delusi e perfino di pentiti. E la decisione non sembra stata perfettamente metabolizzata neanche da quel Movimento Cinque Stelle che, su base comunale, appena qualche mese dopo, ha dato il via all’operazione “nuovo stadio della Roma” con le conseguenze penali e corruttive (caso Parnasi) che conosciamo. Nel rifiuto pregiudiziale per le “grandi opere” quale coerenza tra il “no” all’Olimpiade e il deciso “si” al nuovo impianto?

Ora la voglia di Olimpiade – con relativi forti “appetiti imprenditoriali” – si è scatenata sulla frequenza dei Giochi Invernali 2026. Gli avversari fuori dai confini nazionali sembrano non contare di fronte al peso della sfida interna: Cortina, Milano, Torino. Ciascuna opzione ha incorporati pro e contro ma è il sistema-Paese che dovrebbe rifiutare a monte questa possibilità.

L’Italia ha davvero bisogno di un’Olimpiade, considerando gli alti scotti pagati dalle ultime manifestazioni organizzate? Da Atene 2004 a Rio 2016. Scie di debiti, mala gestione di impianti in gran parte fatiscenti a distanza di pochi anni, appalti truccati, sono “morti e feriti” di questi eventi. “Tre candidature per il 2026 sono troppe”, anticipa il sottosegretario del Governo Giancarlo Giorgetti. Ma forse anche una sola è eccessiva e pletorica considerando i precedenti.

Torino accampa lo sprint regalato turisticamente alla città con l’evento 2006. Ma la gran parte degli impianti di quella esperienza sono oggi inutilizzabili e le casse comunali sono gravate di un debito che nel rapporto popolazione/deficit rivaleggia con il passivo di Roma. Milano – a cui si attribuisce il favore del pronostico – ha il vantaggio della compattezza nell’asse Comune-Regione, ma alla voce “impianti” è ampiamente deficitaria e ipotizza un decentramento forzato che prevede oggi le gare di bob e slittino in Svizzera, a Saint Moritz. Cortina non ha dietro la forza di una grande lobby istituzionale, si rifà al buon precedente del 1956 ma è incomparabile oggi lo sforzo economico richiesto dai Giochi “bianchi” rispetto a settanta anni prima.

Mentre si sviluppa questa faida nazionale c’è un evento che l’Italia si è già aggiudicato e a cui rischia di dover rinunciare, andando incontro a una brutta figura sportiva senza precedenti.

Le Universiadi sono i Giochi degli sportivi-studenti, una manifestazione valorizzata da Primo Nebiolo e gradualmente scesa di importanza negli eventi per il sovraffollamento del calendario internazionale. Ma si tratta pur sempre dell’evento che permise a Pietro Mennea di centrare il record del mondo dei 200 metri con 19”72 nell’edizione di Città del Messico del 1979.

L’aggiudicazione dell’evento 2019 è stata particolarmente tribolata e fa capire tutte le difficoltà di questa manifestazione. Il 3 aprile 2013 le tre candidature ufficiali erano nel segno della “B”: Baku, Brasilia, Budapest. Ma, una dopo l’altra, tutte e tre le città hanno rinunciato all’organizzazione permettendo il subentro nel gennaio 2016 di Napoli, l’unica volenterosa supplente superstite.

Ebbene, da quel giorno a oggi poco è successo. Il sito dell’organizzatore CUSI (Centro Universitario Sportivo Italiano), lo stesso che si è visto commissariare gli impianti di Roma dove gli studenti non esercitano da tempo attività, reclamizza l’adozione di volontari per un evento seriamente in dubbio. La XXX edizione delle Universiadi in programma dal 3 al 14 luglio 2019 è a forte rischio perché la logistica del Villaggio Atleti è un rebus. E molti degli impianti designati (primo fra tutti il PalaVesuvio) non hanno ancora iniziato il necessario restyling. In loco si attende febbrilmente un possibile salvifico decreto del Consiglio dei Ministri che potrà conferire potere e sostanziose economie agli enti locali e alla regione. Ma l’atmosfera è da piena emergenza e per il conferimento degli incarichi in troppi ambiti si è ancora al livello preliminare della “manifestazione d’interesse”.

In altre parole l’Italia che sogna l’Olimpiade con una triplice opzione (segno di debolezza e non di forza), sottovalutando l’agguerrita rivalità di chi è già sceso ufficialmente in campo (Graz, Calgary, Sapporo, Stoccolma, Sion, Erzurum) è sul punto di perdere un evento già ufficialmente assegnato. Con conseguenze di geopolitica sportiva ovviamente intuibili.

Gli autori

Daniele Poto

Daniele Poto, giornalista sportivo e scrittore, ha collaborato con “Tuttosport” e con diverse altre testate nazionali. Attualmente collabora con l’associazione Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie. Ha pubblicato, tra l’altro, Le mafie nel pallone (2011) e Azzardopoli 2.0. (2012).

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