Alla vigilia dell’assemblea dei soci SMAT Spa (i Comuni proprietari, rappresentati dai loro sindaci), in cui verrà proposto di predisporre un piano di possibile trasformazione di SMAT Spa in Azienda di diritto pubblico, prevedibile come la folgore di Zeus, giunge il blitz del rating: viene reso pubblico che quello di SMAT Spa è stato abbassato al solo verificarsi dell’ipotesi di una effettiva ripubblicizzazione.
Il “Mercato” ha detto NO!
«Roma locuta causa soluta» si diceva un tempo. Oggi, per i seguaci di questa nuova Religione, l’Infallibilità ha cambiato indirizzo, non più la Cappella Sistina, ma la City e Wall Street.
Superato il timore suscitato dalla collera divina, facciamoci coraggio e chiediamoci cos’è il rating, a cosa serva e chi lo attribuisce.
Tutti sanno che individua i rischi dell’investimento in un soggetto (sia diretto con l’acquisto di una partecipazione azionaria, sia indiretto tramite una concessione di credito, eventualmente sotto forma di sottoscrizione di titoli obbligazionari).
Cosa serve, allora una valutazione di rating a un soggetto statutariamente di sola proprietà pubblica come SMAT Spa? Non certo per valutare la vendita di azioni a privati (vietata dell’attuale statuto).
Per quel che riguardata il credito: come può essere diventato rischioso in presenza di un immutato, o addirittura migliorato, rapporto tra fatturato e utili, tra capitale proprio e indebitamento? Come se nulla contassero le riserve imponenti, una produzione in regime di monopolio relativa a un bene dal consumo anelastico (non soggetto a cambiamenti per effetto dell’andamento economico generale) e, cosa più importante con un sistema tariffario basato sul principio del pagamento di tutti i costi (investimenti e oneri finanziari compresi) con la tariffa.
Le agenzie di rating, sono istituzioni private, di proprietà di privati con clienti privati.
Ogni idea di terzietà nei rapporti tra interesse pubblico e privato non può e non deve essere loro riconosciuta. Al massimo si può riconoscere loro una terzietà nella comparazione di interessi privati.
Siamo invece noi cittadini ad avere il diritto, e anche il dovere, di denunciare la passata scellerata politica di distribuire utili e parallelamente finanziare gli investimenti con l’indebitamento, financo sul mercato obbligazionario internazionale.
Vogliamo solo ricordare che numerosi Comuni, fra cui Napoli e Torino, hanno votato nei loro Consigli comunali mozioni e delibere con cui si chiese con convinzione il ritorno della Cassa Depositi e Prestiti alla propria vocazione originaria fermando la deriva privatistica verso il pericoloso ruolo di banca d’affari. Non dimentichiamo che si tratta dei risparmi, costituzionalmente garantiti, dei cittadini.
Hans Tietmeyer – vent’anni or sono, come presidente in carica della Bundesbank – affermò con protervia: «i Governi finalmente abdicano alla sovranità», democratica aggiungiamo noi, «per sottoporsi al suffragio quotidiano dei mercati».
Dobbiamo ricordare tale affermazione, di un’arroganza da oscurare quella del Re Sole, per comprendere la natura ideologica e politica dell’operazione di abbassamento del rating di SMAT.
Ideologica: per diffondere una falsa rappresentazione della realtà; politica: per costringere gli eletti del popolo a sottomettere il loro agire e le loro coscienze al volere del neo feudalesimo finanziario.
A giorni i nostri sindaci, nel prendere posizione sull’avvio del processo di ripubblicizzazione di SMAT, saranno soggetti a due sistemi di regole, fra loro incompatibili. Da una parte il rispetto del mandato popolare cui li obbliga il loro giuramento di fedeltà alla Repubblica e alla Costituzione, dall’altra la sottomissione alle nuove regole imposte dall’oligarchia finanziaria.
Delle loro scelte risponderanno agli elettori e alla loro coscienza.
A quanti, in buona fede, crederanno opportuno sottomettersi, per un malinteso senso di prudenza al diktat delle agenzie di rating, crediamo sia opportuno ricordare le parole che il grande cancelliere Helmut Schmidt rivolse a Tietmeyer già nel 1996, dalle colonne di Zeit: «L’effetto dei vostri argomenti rafforzerà l’ipocondriaca paura tedesca di ogni innovazione, i vostri propositi desiderano essere positivi: i risultati sono negativi».
ATTAC – Associazione per la Tassazione delle Transazioni finanziarie e l’Aiuto ai Cittadini
Comitato torinese – via Mantova 34 – 10153 Torino – www.attactorino.org
Torino, 26 giugno 2018
Basta ARERA, da sempre al servizio dei privati!
Nelle prossime settimane il Governo dovrà indicare al Parlamento i nomi di chi dovrà ricoprire i vertici dell’ARERA.
Sinceramente non ci appassiona molto questa discussione visto che da anni denunciamo il fatto che l’Autorità è al servizio degli interessi privati a scapito della collettività per cui ne richiediamo la soppressione e il trasferimento delle competenze sul servizio idrico al Ministero dell’Ambiente.
Ma a riguardo intendiamo evidenziare come lo scandalo per cui l’Avv. Lanzalone è stato privato della propria libertà fa decadere anche l’appiglio a cui certamente qualcuno proverà ad attaccarsi sostenendo che i nuovi vertici, essendo nominati da un governo che ha nel suo “contratto” l’acqua pubblica, lavoreranno esclusivamente in questa direzione.
Le “iniziative” intraprese da Lanzalone, nominato alla presidenza di ACEA dall’amministrazione pentastellata di Roma, fanno sciogliere come neve al sole tale speranza.
In questo caso non si tratta di mettere gli uomini giusti al posto giusto, bensì concepire un nuovo modello di gestione pubblica e partecipativa dell’acqua in cui non può trovare spazio una regolazione di un mercato che non esiste.
Ci teniamo a segnalare che ci ha particolarmente allarmato leggere sul quotidiano “La Stampa” del 18 giugno u.s. – nell’articolo «Dopo aver scalato l’M5S Lanzalone voleva incassare con arbitrati e consulenze», a firma F. Grignetti ed E. Izzo – alcuni stralci di intercettazioni tra l’Avv. Lanzalone e alcuni suoi collaboratori.
Una delle frasi riportate fa riferimento a presunte relazioni intrattenute con Guido Bortoni, presidente dell’ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente).
Sarebbe decisamente grave che quanto affermato da Lanzalone fosse vero per cui richiediamo una smentita da chi di dovere. Smentita che laddove non dovesse arrivare aprirebbe un ulteriore squarcio nella credibilità di ARERA.
Al di là del fatto che questa vicenda sembra mostrare che il peggio della prima Repubblica si è trasmesso alla seconda e le premesse per la terza non sono buone, ci preme sottolineare questo: come movimento per l’acqua già da tempo contestiamo il fatto che le morosità degli utenti, che siano o no incolpevoli, vengano fatte pagare in tariffa a tutti gli utenti (senza che questo per altro sia servito a fermare la pratica dei distacchi). Il fatto che emerge dalle intercettazioni è che alcuni gestori di gas ed energia avrebbero avuto un vantaggio economico a seguito dell’approvazione di una delibera che ha incrementato la tariffa per consentire al grossista di recuperare i suoi soldi. A prescindere dal fatto che la genesi di tale delibera sia effettivamente quella individuata da Lanzalone, infatti va ricordato che ci sono alcune sentenze del TAR e del Consiglio di Stato che avrebbero obbligato l’Autorità a procedere nella direzione dell’aumento delle tariffe, intendiamo denunciare che a seguito di tale scelta i cittadini pagano due volte: la bolletta, che già deve coprire tutti i costi del servizio, ora copre anche le eventuali inadempienze dei gestori.
Allora la domanda è: quali sono i reali interessi curati da ARERA? Quelli dei cittadini o quelli dei privati?
ARERA ha il compito di regolamentare i servizi di acqua, luce, gas e rifiuti, ma in questi anni è riuscita solo a complicare il sistema tariffario tanto che persino gli operatori del settore faticano a stare dietro ai suoi astrusi algoritmi, figuriamoci i cittadini.
Inoltre, ha avvallato diverse richieste di conguagli tariffari proposte dai gestori, e che ora cominciano a essere contestate nei tribunali (si veda caso Torino e La Spezia), tanto che nella scorsa legislatura è dovuto intervenire il Parlamento legiferando per porre un freno.
Ha riportato sotto le mentite spoglie di “oneri finanziari” la “remunerazione del capitale investito”, profitto garantito per i gestori abrogato con i referendum del 2011.
Ha costi pesanti per la collettività: 86 milioni l’anno, di cui quasi 1,5 di compensi per i soli membri del CdA. (v. Bilancio ARERA 2018: https://www.arera.it/it/docs/17/876-17.htm/).
Abbiamo sempre denunciato il conflitto di interessi di ARERA, il controllore pagato dai suoi controllati: l’articolo de “La Stampa” rafforza la nostra posizione e ci spinge a chiedere una volta di più di abolire questo obbrobrio e di restituire le sue competenze al Ministero dell’Ambiente.
Ricordiamoci che la “mission” di ARERA è quella di garantire la promozione della concorrenza (L. 481/1995), un’ottica di mercato incompatibile con l’acqua bene comune.
Se l’acqua è un bene comune e se l’obiettivo del Governo, come dichiarato, è la sua gestione pubblica, allora come atto propedeutico è necessario lo scioglimento di ARERA e il ripristino delle sue competenze presso il Ministero dell’Ambiente.
Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua
Roma, 25 giugno 2018