Da tempo si assiste all’assalto fisico e semantico ai parchi, ovvero alle aree verdi urbane, progettate a partire dall’Ottocento, dalla nascente cultura urbanistica, con funzione di polmoni naturali, destinati alla ricreazione fisica e psichica dei cittadini.
In piena crisi ecologica, energetica e climatica, mentre sarebbe logico impegnarsi a proteggere queste aree ed estenderle, si assiste sempre più allo “snaturamento” (mai termine fu più appropriato) dei parchi, con funzioni improprie che, nei fatti, ne distruggono la missione primaria di tutela biologica e accessibilità pubblica.
Torino è all’avanguardia di questo processo. Da un punto di vista concettuale si è iniziato a usare a sproposito il termine parco: sono così nati il “parco della salute”, il “parco tecnologico”, il “parco dell’innovazione” ecc. È chiaro che usurando un termine, aggettivandolo per qualsiasi significato, se ne toglie la specificità soggettiva e la forza descrittiva. Ma sarebbe il meno, se il vero attacco non fosse quello fisico, quello che, con scelte politiche e atti giuridici, ne cancella la stessa ragione di esistere.
Si è cominciato con la proposta di riportare l’area del Parco Michelotti a zoo (con concessione privata), fortunatamente poi saltata. Nel frattempo si è autorizzato nel parco storico del Valentino (sempre con concessione privata) il Salone dell’auto all’aperto, destinazione culturalmente e ambientalmente poco sostenibile (fortunatamente ora finita, dopo tre anni) e si è continuato con il tentativo di incrementare attività di “movida” (bar, ristoranti, discoteche, ritrovi ecc.) con la scusa che il parco era da “rivitalizzare”.
Ora si sta progettando un nuovo “centro dello sport” (con annesse funzioni ricettive, parcheggi ecc.) in una delle poche aree di straordinario pregio naturalistico urbano, come il parco del Meisino, dove sarebbe necessario soltanto demolire alcune strutture fatiscenti, legate all’uso militare e restituirlo completamente alla natura e ai cittadini.
Ultima in ordine di tempo è la scelta di realizzare un nuovo ospedale, per la zona nord di Torino, nel parco della Pellerina in un’area di non particolare di pregio naturalistico, ma che potrebbe essere utilmente rinaturalizzata, con semplici inverdimenti e rimboschimenti.
Non si tratta di impedire progetti certamente utili alla collettività, come servizi sanitari di territorio o per lo sport, ma semplicemente di trovare le collocazioni adeguate, salvaguardando le aree verdi, magari utilizzando le tante aree in abbandono (almeno 4 milioni di metri quadri, in parte di proprietà pubblica o semi pubblica) già compromesse, che attendono da tempo una riqualificazione.
Torino é una perla protetta dalle Alpi. Una delle citta piu belle del mondo.
Un po mediterraneo e un po mitteleuropeo, napolenonico.
Una citta magnifica, brutalmente tagliata in 2 dalla storia dell automobile.
un giro a piedi nel centro storico di Torino per rendersi conto di quanto
sia stupendamente unica. Palazzi, portici, piazze e i suoi parchi, appunto.
PArchi di ampio respiro, con piante secolari, ampi spazi. Luoghi di incontro e di svago
che accompagnano le domeniche di molti torinesi e non solo.
Un quadro idilliaco di arte, architettura in una cornice alpina.
Un museo vivente della storia di Italia e di oltralpe (e di Egitto..).
Poi venne il boom dell automobile, si costruirono interi quartieri cementificando estensioni enormi.
PAlazzi grigi, non di colore ma di concezione e di estetica. Tutti uguali come gli allomerati urbani
nell ex DDR. Brutti, con pessima qualita della vita, palazzi dormitorio. Ora intervallati da
centri commerciali e zero spazi verdi decenti.
Palazzi connessi fra loro da sspianate di cemento o asfalto. utili solo a portare manavolanza al businness del novecento. e l era dell asfalto. Con macchine ovunque.
ecco una linea immaginaria separa l eleganza di Torino, dalla decadenza e la bruttezza dei palazzi tutti uguali, noiosi, alveari per disperati in fuga dalle campagne in cerca di “benessere”.
quella stessa linea sta attraversando gli stupendi parchi.
proteggiamo Torino prima che sia troppo tardi.