Fuor di retorica dipingere il calcio italiano “come il più bello del mondo” è una pura espressione vintage oltre che un luogo comune. A maggior ragione dopo la mancata qualificazione dell’Italia ai recenti mondiali di Russia, ben in sincrono con le brutte figure nelle edizioni precedenti contro Nuova Zelanda, Slovacchia, Uruguay e Costarica.
La nazionale ha toccato il punto più basso della sua storia nel ranking internazionale e il torneo nostrano è sceso dal podio virtuale nella sommatoria incassi al botteghino-valore tecnico-riempimento degli stadi, staccato da Inghilterra, Spagna, Germania e tallonato dalla Francia.
La conseguenza sotto gli occhi di tutti è che da tempo i migliori calciatori del mondo evitano l’ex Belpaese per una questione di guadagni e di prestigio. L’esempio di Messi e di Neymar è sotto gli occhi di tutti.
Dunque l’eccezione che ci riporta a un diverso contesto è l’ingaggio di Cristiano Ronaldo da parte della Juventus. Il portoghese è approdato a Torino perché ama la città sabauda, perché sin da piccolo covava un’irresistibile simpatia per i colori bianconeri, perché ha sempre provato un’attrazione per il manager Marotta? Niente di tutto questo. Ronaldo in fin di carriera (33 anni) ha scelto l’ultimo sontuoso contratto di carriera, sedotto dalla possibilità di fruire della conveniente imposta fiscale a forfait introdotta dalla legge di bilancio 2017 con l’obiettivo di attrarre nuovi capitali esteri in Italia.
La misura “residenti non domiciliati” consente di optare per l’applicazione sui redditi di fonte estera di un’imposta sostitutiva di 100.00 euro in luogo dell’ordinario regime IRPEF. Dunque fiscalmente Ronaldo pagherà una modesta mancia allo Stato Italiano a fronte di un affare da 112 miliardi (tanto ha pagato al Juve al Real Madrid) e di 31 milioni di guadagno complessivo per il calciatore. Si tratta della stessa scorciatoia di cui ha deciso di fruire lo speculatore Davide Serra, così caro a Matteo Renzi.
L’agevolazione ha già preso il sottotitolo di Ronaldo-tax mostrando il carattere strumentale della scelta del portoghese, nettamente sovrastante ragioni tecniche o affettive. Del resto il Governo attuale, sulla scia di questa facilitazione, mentre si discute di flat tax e non si riesce ancora a incassare quanto auspicato dalla web tax nell’intento di muovere l’economia e attrarre capitali, sta pianificando anche una misura agevolativa per gli stranieri che intendano trasferirsi al sud. Non si tratterebbe di ricchi calciatori ma di pensionati benestanti tedeschi o francesi per i quali viene ventilata un’imposta unica di 6000 euro. Una prospettiva invitante per rimpolpare un universo cosmopolita che per il momento ristagna in Toscana, Umbria e nell’alto Lazio e che verrebbe attirato oltre che dalla favorevole fiscalità anche, ovviamente, dal generoso clima del meridione e delle isole.
Se si vuole questa è una risposta alla consistente migrazione dei pensionati italiani in Portogallo. Il benefit di dieci anni tax free, pareggiando pensione lorda con pensione netta, andando incontro a un buon regime sanitario, un eccellente clima, un costo della vita inferiore a quello italiano, ha provocato l’esodo di 4300 connazionali nel solo 2017. Un fenomeno che desta le preoccupazioni dell’INPS e sta provocando una sorta di controffensiva funzionale a forza di facilitazioni, più o meno strumentali.
Tornando al calcio (e a quello che vi ruota intorno) non si può escludere che l’esempio di Ronaldo venga seguito da altri calciatori, ad esempio Marcelo, che al momento ha grandi problemi con il fisco spagnolo. Non è una buona notizia di sistema per il calcio italiano, descrivibile anche come una grande bolla economica, destinata a sgonfiarsi prima o poi. Riuscirebbero le società a reggere il peso di favolosi ingaggi dei migliori assi stranieri, come e più di una volta anche considerando le attuali incerte gestioni di Inter, Milan e Roma?
Mentre la scriviamo ci sembra quasi una domanda retorica con risposta incorporata.