L’orsa JJ4 e noi umani

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Mi si chiede un articolo sulla vicenda dell’orsa JJ4 che in Trentino ha ammazzato Andrea Papi mentre correva nel bosco, forse incontrato all’improvviso e preoccupata per la sicurezza dei propri cuccioli. Provo a radunare qualche pensiero, perché non posso sottrarmi alle richieste di chi mi conosce e conosce il mio mestiere e le mie passioni. Ma «io di risposte non ne ho», come cantava Edoardo Bennato nel 1980. Continuando a citarlo, potrei proseguire con «io faccio solo lo zoologo» (ho lasciato il rock’n roll da tempo…). E so per esperienza che ragionare sui nostri rapporti con la Natura e con il mondo dei selvatici è fastidioso e divisivo perché tocca nel profondo i nostri valori, il nostro immaginario, le nostre paure profonde, giuste o sbagliate, e la nostra presunzione antropocentrica.

Aprile è stato un mese nefasto per i giovani. Slavine hanno travolto aspiranti guide alpine; auto e velocità hanno ucciso ragazzi italiani e stranieri di ritorno da feste e discoteche; un terrorista ha falciato un avvocato in vacanza; il mare in tempesta ha annegato un soccorritore; una pallavolista è caduta dal balcone di un albergo; un’orsa ha ucciso un corridore in Trentino. E chissà quanti altri giovani sono morti nello stesso periodo in tutto il mondo senza che ne venissi a conoscenza.

La sofferenza di queste morti non è uguale, come l’infelicità delle famiglie raccontata da Tolstoj in Anna Karenina. Trascorso il lutto e conclusi i riti funebri resta il dolore privato delle famiglie e degli amici mentre il mondo va avanti e i mass media cambiano notizie. Soltanto una di queste tragedie continua a occupare le nostre menti, i giornali e i talkshow. E non so darmi una risposta. È forse una morte non concepibile? Eppure, l’Organizzazione Mondiale della Sanità documenta che sulla Terra gli animali selvatici che assassinano umani sono prima di tutto gli insetti (725.000 casi all’anno al mondo), seguiti dai serpenti (50.000), dai cani (25.000) e poi, molto lontani, da coccodrilli, ippopotami, tigri, leoni ed elefanti che insieme ammazzano circa 1700 persone all’anno. Al fondo della classifica ci sono i lupi e gli squali, con circa 10 episodi all’anno nel mondo. Se la gran parte di questi omicidi avviene, per fortuna, lontano dall’Europa, non è più così vero per gli insetti. Negli ultimi anni aumentano nelle nostre regioni le infezioni da zecche, alcune gravi e prostranti, e addirittura le morti causate dai calabroni, per allergie e shock anafilattici. E dunque? Solo in Italia morire a causa di una belva è inaccettabile e inaspettato? Perché siamo completamente separati dal mondo naturale e ancor più da quello selvatico? Nonostante le buone intenzioni e le conoscenze scientifiche enormemente superiori a quelle dei nostri nonni, vediamo gli animali come pupazzi puffosi, rappresentazioni disneyane dei nostri simboli immaginari, anziché come fiere. Dal latino ferus: feroce, grande, pericoloso, selvatico (appunto: abitante delle selve, cioè di ambienti dove gli umani sono intrusi).

Ora si discute del destino di questa orsa. Se ne discute come se si trattasse di un essere umano per il quale la punizione può essere espiativa e rieducativa, se lo mettiamo in prigione, oppure espiativa e vendicativa, se ne decretiamo la condanna a morte. Nessuno però, credo, ritiene l’orsa colpevole nel senso che attribuiamo agli esseri umani, cioè responsabile di un delitto commesso in base al suo libero arbitrio. Nemmeno i genitori di Andrea che hanno manifestato una pietas e una comprensione della quale io non sarei stato capace. Intanto vanno ricordati due aspetti gestionali: animali così erratici devono/possono essere amministrati da governi di quale livello? In casi come orsi, lupi, linci, avvoltoi, transfrontalieri per definizione, nemmeno quello nazionale è adeguato. Il dominio di una (piccola) provincia – che magari assume decisioni diverse da quella altrettanto piccola confinante – non può certo essere sufficiente. E ancora: in caso di animali protetti da leggi nazionali o internazionali la cui presenza causa danni su basi locali, chi ha diritto a prendere decisioni sulla loro gestione? Il contadino autoctono o il cittadino romano? O addirittura Bruxelles? Il dibattito è continuo e irrisolto, ben prima di JJ4. Chi studia la fauna e si occupa di conservazione, poi, ha ben chiaro un principio altrettanto scomodo: è importante tutelare la specie, una sua popolazione, mentre un individuo o addirittura alcuni possono essere sacrificati – sempre a malincuore! – in vista di prospettive migliori per il gruppo più ampio. E infine non si può dimenticare che gli animali hanno personalità e caratteri individuali, esattamente come noi. In un gruppo di orsi troveremo esemplari timidi o sfrontati, impulsivi o riflessivi, miti e sfuggevoli in caso di sorprese improvvise oppure reattivi e aggressivi. Dovremmo essere abbastanza “sapiens” da saperlo e da comportarci di conseguenza.

Io di risposte non ne ho. Posso offrire solo un po’ di conoscenza, qualche competenza in biologia e in gestione della fauna selvatica, esperienze di campo e solidi rapporti con altri studiosi e ricercatori. Da settimane tutti noi scambiamo pensieri tristi e riflessioni laiche. Condividiamo poche considerazioni basiche che provo a riassumere. Il progetto iniziale (Life Ursus) era piuttosto ben fatto, così come il piano di gestione successivo (il PacoBace). Certamente perfettibili come ogni protocollo, soprattutto man mano che si procede con l’applicazione e si accumulano errori imprevisti e dati di monitoraggio su animali e umani, ma comunque ben impostati e completi. Entrambi prevedevano campagne di informazioni prolungate e capillari, che sono state via via abbandonate. Mancanza grave, dovuta a ragioni politiche di basso livello e al malriposto timore che i turisti spaventati possano indirizzarsi verso altre mete (paradossale contrappasso: agli inizi degli anni 2000 una delle ragioni primarie che hanno sostenuto la decisione di reintrodurre gli orsi in Trentino è stata proprio la loro attrattività turistica!). Il Parco Adamello-Brenta, per dire, ha scelto proprio l’orso come simbolo molti anni prima che ritornasse nelle sue montagne.

Dobbiamo anche ricordare che 25 anni fa il progetto Life Ursus era stato programmato in un contesto montano dove la frequentazione umana era minima rispetto a oggi. Soltanto un po’ di sport invernale – mentre gli orsi sono in letargo – concentrato attorno alle piste da sci, pochissimi scialpinisti pionieri, piccoli nuclei di turisti estivi raggruppati in poche settimane e in aree limitate rispetto alla vastità del territorio, nessuno in giro di notte, nessun corridore, nessun bikers muscolare né tantomeno elettrico. E gli inverni freddi e nevosi duravano sei mesi durante i quali gli orsi dormivano molto più a lungo di oggi. Però – si dice – adesso gli orsi sono troppi. Forse sì, ma dobbiamo essere onesti con noi stessi. Il Trentino ha una superficie di circa 13.600 km2 e oltre un milione di abitanti (fonte Wikipedia). Se ospita 120 orsi ne avremmo 0,008 per km2 e potremmo cercare di avvistarli senza riuscirci per mesi! “Meno male, visto cos’è successo!”. Sicuramente in alcune vallate la possibilità è più alta ma proprio in queste aree dovremmo imparare a fare un passo indietro – se correttamente informati – noi italiani che ci affolliamo in 200 ogni km2. Perché il rischio zero non esiste e non esisterà mai, soprattutto in natura. Il pericolo insito in valanghe e fulmini, zecche e calabroni, meduse e scorfani, gabbiani e cinghiali, fino a lupi e orsi, incombe su di noi come il Fato degli antichi Dei: di solito lo scampiamo ma in rari casi sfortunati ci colpisce alla cieca. Per questo educazione e informazione sono così importanti e imprescindibili.

Mi chiedo perché, se le scuole svolgono esercitazioni di evacuazione in caso di terremoti o incendi – che le colpiscono in casi infinitesimali, per fortuna – non organizziamo analoghe prove in caso di incontro con una bestia infoiata di testosterone nel periodo degli amori o di ossitocina in quello dell’allevamento? Tanto più che questi incontri potenzialmente a rischio diventeranno sempre più probabili negli anni prossimi, visto il continuo abbandono delle aree periferiche da parte degli esseri umani. La natura non ama i vuoti e gli spazi che noi lasciamo vengono subito occupati da altre specie. E alcune di queste non ci piacciono, danneggiano le nostre economie o ci fanno male.

Un tema collaterale ma altrettanto urticante è quello dell’informazione. In un caso come questo, chi ha titolo a esprimersi? E con quale gerarchia, posto che l’art. 21 della Costituzione non è in discussione e chiunque può legittimamente dire la sua? Qui mi taccio perché Marco Fattor, a mio avviso, ha scritto in maniera esaustiva e definitiva quello che condividiamo in molti: https://ildolomiti.it/montagna/2023/caso-jj4-dai-tuttologi-severgnini-lucarelli-colo-gassman-a-quelli-della-montagna-messner-cognetti-salsa-corona-piu-il-tema-e-complesso-e-piu-se-ne-parla.

Io di risposte non ne ho. Ma ringrazio chi ha voluto che mi esprimessi, chi mi ha letto fin qui e chiunque abbia critiche da opporre.

Gli autori

Luca Giunti

Luca Giunti, naturalista e guardiaparco sulle Alpi piemontesi, si occupa per lavoro di ricerche scientifiche, di educazione ambientale e di valutazioni di impatto ambientale. Ha pubblicato alcuni volumi fotografici e divulgativi e articoli scientifici, tra l’altro sulla linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione.

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One Comment on “L’orsa JJ4 e noi umani”

  1. articolo molto interessante!

    ci porta lo sguardo oltre i soliti luoghi comuni e visioni disneyane della natura con simpatici Orsi yoghi in giro a caccia di vasetti di miele.

    ci sono animali che tuteliamo e degni di tutela (orsi panda ecc). poi – sempre noi bipedi – abbiamo allevamenti intensivi dove altri animali sono trattati malissimo, ammassati in capannoni, gonfiati con chimica per macellarli in pochi mesi.
    il Casteller in confronto é un paradiso (non sto dicendo che puo vivere li).

    Trentino non é sinonimo di Trentino Alto Adige, cosi come Emilia non é Emilia Romagna. gli orsi sono concentrati in alcune zone montuose della destra Adige, in provincia di Trento. il fondovalle é molto antropizzato, tagliata in 2, da nord a sud, da ferrovia e autostrada: ostacoli invalicabili per gli animali selvatici, in assenza di appositi sottopassi come in altri Paesi.

    la natura ha le sue leggi, le sue dinamiche e non conosce confini amministrativi.

    se andiamo nel bosco, al mare o in montagna ci sono rischi che spesso sottovalutiamo. dal temporale improvviso, caduta di massi, canaloni, un serpente ecc.

    il considerare la montagna una specie disneyland, con i vari Yoghi e Bubu, ove possiamo andare in piena sicurezza, ci fa sottovalutare rischi che non si possono azzerare, e assumere comportamenti spesso inadatti e troppo rischiosi

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