Marica Romolini, nata nel 1982, italianista. Ha scritto saggi sulla poesia italiana del Novecento (in particolare, Montale), lavora per una Fondazione Culturale e come libera professionista nell'ambito della comunicazione e progettando laboratori creativi.
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Di fronte alle molte restrizioni di questi giorni risuona forte la domanda «è necessario?», che rimanda agli interrogativi di sempre sulla libertà di ciascuno e sui suoi limiti. Per le risposte soccorrono i poeti, a cominciare da Walt Whitman e dal suo “Canto della strada aperta”, magnifico inno alla vita e alla libertà.
Coronavirus, contagio, restrizioni. Ci vuole responsabilità, che è, però, l’altra faccia della medaglia della libertà. Più libertà si toglie meno responsabilità si ottiene. Come dice fra Cristoforo a Renzo: «Piacesse a Dio che tutti, in quel luogo, ci si comportassero come posso fidarmi che farai tu».
L’attualità rinvia a Manzoni, ai “Promessi Sposi” e alla “Storia della colonna infame”. Con un insegnamento . Non si può elevare troppo presto la cronaca a storia né limitarsi a una visione parziale e di settore. Occorre, piuttosto, «osservare, ascoltare, paragonare, pensare, prima di parlare».
In “Tutti i nomi”, romanzo di José Saramago del 1997, tutto ruota intorno del Signor José, impiegato presso la Conservatoria dell’Anagrafe, il suo svago è quello di collezionare notizie su persone famose. Ma una notte tra le varie pratiche si intrufola la scheda di una donna sconosciuta. E tutto cambia…
Il racconto horror surreale Shirley Jackson evoca l’orrore drammaticamente reale delle dittature. Il meccanismo è chiaro: il sacrificio del singolo, di una minoranza, di qualche “nemico” dà l’illusione dello “scampato pericolo”. Tutto sta a vedere come si individua il capro espiatorio.
Il Natale come paradossale gara consumistica. Due famiglie che si contendono il primato del vicinato a colpi di ricchezza ostentata, di sprechi iperbolici e di sfoggi di generosità ipocrita. L’umorismo sferzante dei racconti di David Sedaris è l’occasione per una riflessione prenatalizia non rituale.
Scegliere di morire in modo asettico e senza rischi: è lecito desiderarlo? Ed è lecito aiutare qualcuno a realizzare questo desiderio? Tema attuale e drammatico e quello affrontato nel romanzo di Peter Drehmanns “L’accompagnatore” nel quale il rapporto con la morte si staglia come l’altra faccia della medaglia di quello con la vita.
È possibile, trovandosi in una situazione di separazione forzata dal mondo, maturare un nuovo rapporto con se stessi e con la natura? E che ruolo hanno in questa rielaborazione, la natura, appunto, e la cultura? In questo percorso conduce il romanzo “La parete”, opera del 1963 della scrittrice austriaca Marlen Haushofer.
Il tema è quello di “Bartleby lo scrivano”, racconto di Herman Melville del 1853, e della improvvisa scelta di disobbedienza del protagonista, sintetizzata nella frase “preferirei di no”. La domanda viene spontanea: cosa significa quell’opposizione radicale? E quali conseguenze comporta?