Esce in questi giorni un libro prezioso che ripercorre 45 anni di 1° maggio a Torino. È, insieme, una storia di come si è trasformato il lavoro in questi 45 anni (a Torino e nel paese) e come queste trasformazioni si sono fatte lotte, ma anche cultura e arte. Un’arte del tutto particolare, un’animazione che ha sfilato per le vie della città, dalla parte dei lavoratori. Oggi questo grande teatro popolare mobile costruito anno dopo anno da artisti come Piero Gilardi, Pietro Perotti e Carlo Minoli è diventato un libro, autoprodotto da Volere la Luna, con progetto grafico di Roberto Patrucco e testi di Livio Pepino. Il libro sarà presentato in anteprima il 21 aprile alle 18.00 a Torino, nella sede di Volere la Luna in via Trivero 16. Con gli autori ci saranno Tomaso Montanari e Marco Revelli, cui si devono due intense introduzioni al testo. Come anteprima della presentazione pubblichiamo di seguito l’introduzione al libro di Tomaso Montanari. (la redazione)
Ha scritto Leonardo da Vinci: «La pittura serve a più degno senso che la poesia, e fa con più verità le figure delle opere di natura che il poeta… Con questa si muovono gli amanti verso i simulacri della cosa amata a parlare colle imitate pitture; con questa si muovono i popoli con infervorati voti a ricercare i simulacri degl’iddii; e non a vedere le opere de’ poeti, che con parole figurino i medesimi iddii. Con questa s’ingannano gli animali: già vid’io una pittura che ingannava il cane mediante la similitudine del suo padrone, alla quale esso cane facea grandissima festa; e similmente ho visto i cani abbaiare, e voler mordere i cani dipinti; ed una scimmia fare infinite pazzie contro ad un’altra scimmia dipinta. Ho veduto la rondine volare e posarsi sopra i ferri dipinti che sportano fuori delle finestre degli edifizi; tutte operazioni del pittore, maravigliosissime».
Non aveva dubbi, Leonardo: le immagini muovono (commuovono, motivano, ispirano…) più delle parole. È una lezione che la modernità ha appreso fino in fondo: anche troppo. La propaganda del potere ha separato parole e immagini, inibendo la carica critica delle prime, e investendo tutto su queste ultime, sfruttando la loro pretesa oggettività e appunto la loro forza di suggestione. Ma la scommessa democratica è l’opposta: tenere insieme l’articolazione analitica delle parole (che abitano il tempo, e lo possono usare per svolgere un pensiero complesso) e la forza sintetica delle immagini (che occupano lo spazio e colpiscono i sensi istantaneamente). Ed è proprio quello che vediamo nella straordinaria galleria di questo libro: un continuo intreccio tra immagini efficacissime e parole articolate e complesse. Ciò che lo rende unico è la durata nel tempo, ma non solo.
Lungo i decenni, Piero Gilardi, Pietro Perotti e poi Carlo Minoli non hanno agito da soli, ma hanno dato forma a sentimenti, propositi, analisi, progetti politici diffusi in una comunità antagonista, co-autrice delle loro opere: alle immagini patinate realizzate impersonalmente dalla propaganda del potere (torinese, nazionale, occidentale), hanno opposto immagini collettive, condivise, personali. Sono, soprattutto, immagini “agite”: dal basso e dal popolo, come in un grande teatro popolare mobile. Come se le facciate dipinte di una città insorgente si mettessero in marcia, ogni primo maggio a Torino.
Immagini critiche, immagini nutrite di parole e create non per fare propaganda ma per far pensare. Immagini arcaiche, in un certo senso, se confrontate con le immagini che, lungo questi decenni, televisori sempre più avanzati riversavano nelle case degli italiani: ma proprio per questo immagini popolari, radicalmente democratiche.
Leonardo lodava le immagini per la loro straordinaria capacità di ingannare. Oggi sappiamo quanto siano preziose le immagini capaci di disingannare, di demistificare, di dire la verità. Immagini rivoluzionarie: in tutti i sensi.