Carcere e non solo: relazione al Parlamento 2022

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Come sempre, la relazione al Parlamento del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale è una fotografia senza reticenze della situazione carceraria (e non di essa soltanto) accompagnata da giudizi e proposte precise.

«Delle 54.786 persone registrate in carcere (a cui corrispondono 53.793 persone effettivamente presenti) e delle 38.897 che sono in esecuzione penale – essendo le altre prive di una sanzione definitiva – ben 1.319 sono in carcere per esecuzione di una sentenza di condanna a meno di un anno e altre 2.473 per una condanna da uno a due anni». Scontare in carcere pene così brevi in presenza delle quali il nostro ordinamento prevede forme alternative alla detenzione «è sintomo di una minorità sociale che si riflette anche nell’assenza di strumenti di comprensione di tali possibilità, di un sostegno legale effettivo, di una rete di supporto. Una presenza, questa, che parla di povertà in senso ampio e di altre assenze e che finisce col rendere meramente enunciativa la finalità costituzionale delle pene espressa in quella tendenza al reinserimento sociale: perché la complessa “macchina” della detenzione richiede tempi per conoscere la persona, per capirne i bisogni e per elaborare un programma di percorso rieducativo». Di qui la proposta di interventi tesi a favorire una decarcerizzazione, che avrebbe anche l’effetto collaterale di rendere più vivibili (o meno invivibili) le nostre carceri.

È questa, forse la parte più innovativa della relazione che, peraltro, tocca numerosi aspetti della situazione detentiva: in particolare l’ergastolo ostativo e la malattia psichica, su cui il Parlamento è sollecitato a intervenire in questo scorcio di legislatura. Interessanti, al riguardo, alcuni dati: al 31 marzo erano 1.822 le persone detenute condannate all’ergastolo, di cui 1.280 all’ergastolo ostativo, che si conferma quasi la regola per chi sconta la pena più grave; alla stessa data erano 381 le persone detenute con una patologia accertata di natura psichica che ne comporterebbe l’inquadramento negli istituti, giuridici e penitenziari, predisposti per affrontarla. Netto il commento sull’ergastolo ostativo e sui ritardi del Parlamento nel disegnarne una nuova disciplina contenuto nell’illustrazione della relazione: «Il Garante nazionale ha sempre ritenuto essenziale che in questi casi si adottino e si mantengano tutte le misure volte a non consentire il perpetuarsi di tali legami ed ha sempre esaminato da questa prospettiva le misure che determinano la specialità detentiva. Una prospettiva che ha fatto propria l’impostazione sia della Corte costituzionale sia della Corte europea per i diritti umani, quando sono state rispettivamente adite per questioni riguardanti il regime ex articolo 41-bis dell’ordinamento penitenziario. Ritiene tuttavia importante continuare la propria azione di vigilanza affinché nessuna misura sia introdotta o mantenuta sulla base giustificativa di altri criteri, dettati dalla volontà di maggiore afflittività, e che provvedimenti relativi a tale misura abbiano ogni volta una base di fondamento che tenga conto dell’evoluzione del singolo e dei contesti. Certamente è ora che le molte pronunce della Corte costituzionale relative a tale specialità di regime detentivo siano organicamente inserite in atti amministrativi regolamentari, superando le previsioni della circolare del 2017 e tenendo conto anche dell’esperienza di chi in questi anni con professionalità ha operato in quest’ambito. Non è possibile comunque non aver presente l’attesa verso la risposta che il Parlamento darà alla richiesta della Corte costituzionale di rivedere l’unico attuale criterio della collaborazione che può far venir meno la preclusione all’accesso a benefici, alle misure alternative e alla liberazione condizionale. Viviamo all’interno di un tempo fermo: la proroga di sei mesi per l’adozione di un provvedimento che deve rispondere a una pronuncia, quantunque non formale, di incostituzionalità, è il limite massimo concedibile. Ma anche questo – non dimentichiamolo – è comunque tempo di attesa che incide sulla vita delle persone».

Né manca un riferimento ad altre due emergenze: i suicidi (29 a oggi a cui si aggiungono 17 decessi per cause da accertare) e le violenze nelle carceri, come quelle di Santa Maria Capua Vetere, che richiedono una «capacità di accertamento rapido» e una «rapida individuazione di responsabilità» spesso carenti (come dimostra la recente fissazione a luglio 2023, a Torino, di un delicato processo in materia.

La relazione è consultabile su: https://www.garantenazionaleprivatiliberta.it/gnpl/resources/cms/documents/c8c57989b3cd40a71d5df913412a3275.pdf

Gli autori

Garante nazionale diritti persone private della libertà personale

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