Donatella Di Cesare, docente di filosofia teoretica all’università di Roma La Sapienza e membro del Comitato scientifico del Museo della Shoah, è tra i maggiori studiosi dell’Olocausto e dell’universo concentrazionario, considerati punti d’avvio anche per la riflessione filosofica. Negli ultimi anni ha approfondito, in particolare, i temi delle migrazioni, della critica dello Stato nazione, della coabitazione nel mondo e del superamento del concetto di cittadinanza in una visione in cui siamo tutti “stranieri residenti”.
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In questa assurda campagna di Russia dobbiamo scegliere se vogliamo salvare gli ucraini o fare la guerra a Putin. Per difendere gli ucraini aggrediti occorre fermare immediatamente questa guerra, attraverso negoziati condotti da autorità europee interposte a quelle belligeranti. Non si difendono invece gli ucraini facendo dilagare il conflitto, modificandone portata e obiettivo.
Le cariche indiscriminate della polizia contro gli studenti, che manifestavano pacificamente in tante città italiane, non possono passare sotto silenzio, coperte in questi giorni dal triste spettacolo della politica nel Parlamento. Protestavano per la morte di Lorenzo Parelli, il ragazzo di soli 18 anni, ucciso da una trave d’acciaio l’ultimo giorno del suo stage formativo.
La ripresa del Coronavirus si accompagna a un’ondata di negazionismo. Tutto sarebbe falso o comunque sopravvalutato, inventato dai “politici” e ingigantito dai media. Tra spavalderia e complottismo i negazionisti aumentano, spalleggiati da personaggi pubblici che si propongono come novelli capi-popolo dei sovranisti anti-virus.
L’internamento dei migranti che non hanno commesso alcun reato è diventato normalità. Ormai si è giunti a credere che sia ovvio, normale, legittimo internare uno straniero, solo perché straniero. Un’eredità inquietante del più buio Novecento europeo e delle sue scellerate politiche di ecologia della nazione, di pulizia etnica, di detenzione abusiva di esseri umani.
Si chiude la porta all’altro, bandito, scacciato, cancellato, perché potrebbe infettare. E con l’altro non si intende solo lo straniero, ma anche chi va fuori, chi osa varcare le frontiere, chi guarda oltre. Meglio fermarsi entro i confini nazionali, anzi regionali e provinciali, meglio restare nel proprio Paese.
Il sovranismo poggia sulla rivendicazione di sovranità dello Stato nazionale e dei suoi cittadini mobilitati contro nemici esterni e interni. Per rovesciarlo occorre un nuovo paradigma fondato sulla percezione che siamo tutti “stranieri residenti”. Sarà una lotta lunga e impegnativa, pari a quella per l’abolizione della schiavitù.