Il 55° Rapporto del Censis analizza i più significativi fenomeni socio-economici del Paese emersi nel 2020.
Due flash sono illuminanti.
Primo. La crescita del PIL non si traduce in una crescita dell’occupazione stabile e di qualità, in una diminuzione delle disuguaglianze sociali, in una migliore distribuzione della ricchezza, in un miglioramento della qualità della vita, in investimenti in istruzione, ricerca e salute pubblica. La crescita annunciata dei consumi delle famiglie è solo figlia dell’allentamento delle misure di contenimento del contagio. Il Censis prevede una crescita dei consumi del 5,2% su base annua inferiore alla crescita del Pil e inadeguata a ricollocare il paese sui livelli di spesa delle famiglie del 2019. Ricorda, inoltre, che in Italia il tasso medio annuo di crescita reale dei consumi si è costantemente ridotto passando dal +3,9% degli anni Settanta, al +2,5% degli anni Ottanta, al +1,7% degli anni Novanta, allo +0,2% del primo decennio del millennio, sino al –1,2% dello scorso anno. Le piccole imprese chiudono, le famiglie non reggono più, il sostegno di prossimità non basta. Il Censis registra una forte tensione alla verticalizzazione non solo del potere ma anche dello schema complessivo di sviluppo del Paese. Il patrimonio delle famiglie si sta erodendo. È la conseguenza diretta della diminuzione del reddito reale, che evidenzia l’incapacità di formare nuova ricchezza. In Italia continuano a crescere i miliardari e l’accumulazione della ricchezza per i più ricchi, mentre peggiorano le condizioni di tutti gli altri. Nel rapporto si parla esplicitamente di ricchezza privata e povertà pubblica, segnalando che dal 2008 al 20019 gli investimenti pubblici sociali sono diminuiti del 27,8% in termini reali. Sono calati gli investimenti nell’istruzione e nella formazione, nelle infrastrutture sociali, nel sistema di welfare. Un fatto che certifica l’enorme ritardo culturale della politica italiana, ancora convinta di affidare tutto al privato e al mercato per invertire la rotta della crisi: un errore esiziale portato avanti con ancor più erronea convinzione dal Governo Draghi. L’Italia, infatti, sta affrontando la sfida della ripresa post-pandemia con gravi debolezze, a partire dalla scarsità di risorse umane su cui fare leva. Il Censis denuncia un “complotto contro il lavoro” e il sottoutilizzo e la dissipazione delle competenze nel nostro Paese. Il rischio che i fondi del PNRR non servano per l’equità sociale e per promuovere la sostenibilità ambientale è enorme.
Secondo. In questo contesto si levano un’onda di irrazionalità e una fuga nel pensiero magico, stregonesco, sciamanico, che pretende di decifrare il senso occulto della realtà. Per il 5,9% degli italiani (circa 3 milioni di persone) il Covid semplicemente non esiste. Per il 10,9% il vaccino è inutile e inefficace. Per il 31,4% è un farmaco sperimentale e le persone che si vaccinano fanno da cavie. Per il 12,7% la scienza produce più danni che benefici. Si osserva una irragionevole disponibilità a credere a superstizioni premoderne, pregiudizi antiscientifici, teorie infondate e speculazioni complottiste. Dalle tecno-fobie: il 19,9% degli italiani considera il 5G uno strumento molto sofisticato per controllare le menti delle persone. Al negazionismo storico-scientifico: il 5,8% è sicuro che la Terra sia piatta e il 10% è convinto che l’uomo non sia mai sbarcato sulla Luna. La teoria cospirazionistica del “gran rimpiazzamento” ha contagiato il 39,9% degli italiani, certi del pericolo della sostituzione etnica: identità e cultura nazionali spariranno a causa dell’arrivo degli immigrati, portatori di una demografia dinamica rispetto agli italiani che non fanno più figli, e tutto ciò accade per interesse e volontà di presunte opache élite globaliste. L’irrazionale ha infiltrato il tessuto sociale, sia le posizioni scettiche individuali, sia i movimenti di protesta che quest’anno hanno infiammato le piazze.
Qui le considerazioni generali e il testo completo del Rapporto