Salvatore Bianco, già insegnante di storia e filosofia e poi funzionario presso un ministero, attualmente collabora con la CGIL di Bologna.
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Mentre i rischi di una guerra nucleare si accentuano il papa dedica l’intera riflessione domenicale alla pace. Con un appello più concreto che mai: «tacciano le armi!», e dunque un cessate il fuoco immediato; poi, si ripristini l’integrità territoriale dell’Ucraina; infine, si rispettino i diritti delle minoranze russofone e le legittime preoccupazioni della Russia. È, forse, l’unico equilibrio possibile.
L’aumento a dismisura del prezzo del gas naturale è inevitabile? No. È, piuttosto, l’effetto della scelta di attribuire a una Borsa la fissazione di tale prezzo a livello comunitario. Non è stato sempre così: un tempo il prezzo era appannaggio degli Stati e fissato mediante accordi bilaterali. Non c’è alternativa. Ci vuole una marcia indietro che modifichi strutturalmente l’attuale meccanismo di formazione del prezzo.
Lo scontato imminente trionfo della destra non è un unicum, uno sconvolgimento delle nostre fondamenta costituzionali. Esso si colloca piuttosto in un quadro di sostanziale continuità con un passato in cui l’élite dominante nostrana ha puntato su diversi cavalli pur di controllare le leve del potere reale. Per incrinare questa linea è importante sostenere le forze, dal M5S in giù, più invise al mainstream.
L’irrazionalità nella applicazione del green pass (per esempio per i 170mila passeggeri quotidiani delle Frecce e non per i 6milioni di pendolari) è solo apparente. La ragione c’è e sta nel fatto che la bussola non è la salute ma il mercato e le sue leggi, che sussumono il lavoro e allettano il consumatore con spazi di consumo percepiti come sicuri.
Mai come in questi mesi si realizza la conclamata agonia del capitalismo, incapace di affrontare i problemi epocali che stanno emergendo. Ma questa agonia non porta necessariamente con sé il tramonto dell’Occidente, nella cui cultura millenaria occorre piuttosto scavare se vogliamo coltivare “il sogno di una cosa”.
Guido Barilla, rampollo del colosso alimentare omonimo, rivolge un appello ai giovani: «Rinunciate ai sussidi facili e mettetevi in gioco!». I termini sono meno brutali di quelli di Carlo Bonomi ma la musica è la stessa. No al reddito di cittadinanza e a misure simili, i sussidi devono andare sempre e solo alle imprese.
Dodici club calcistici tra i più blasonati e indebitati d’Europa si sono riuniti per dar vita a una Superlega e a un supercampionato per spettatori televisivi planetari. Un giro d’affari miliardario che affosserebbe i campionati nazionali e il senso stesso del calcio. Ma “gli affari sono affari” ed Emirati Arabi e JP Morgan premono.
L’importante per l’establishment è che il pianeta lavoro e le condizioni dei lavoratori restino immutati (o magari peggiorino ulteriormente). Ne danno un saggio scolastico, in un recente articolo, Boeri e Perotti rispolverando luoghi comuni come il conflitto tra il diritto al contratto e quello al lavoro e derubricando a “non lavoro” il “lavoro agile”.
Nella recensione di un libro su Hayek, Angelo Panebianco tesse l’elogio della società capitalistica, descritta come naturale evoluzione della società dalla preistoria. Ma la talpa della storia si è rimessa in moto e mostra che nell’avvento e nel consolidamento del capitalismo non c’è nulla di naturale ma solo una scelta di campo tutta politica.
In poco più di un trentennio il regime neoliberista ha sbaragliato il campo da ogni opposizione, individuando negli individui atomizzati la premessa per ogni libertà e felicità presente e futura. Ma quel sogno di futuro si è presto trasformato in incubo e il benessere privato promesso si è tradotto in infelicità pubblica.