Polizzi: generosa non solo nel nome

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Madonie, a 900 metri di altitudine.

Andare a Polizzi è un viaggio poco agevole. Prima un’ora di auto in Calabria fino a Villa San Giovanni, poi il traghetto fino a Messina e infine diverse ore (circa tre) sulle famigerate autostrade siciliane. Il disastro del pedaggio caro per quella che spesso è una corsia unica dissestata e trafficata viene attenuato dalla bellezza dei paesaggi che l’isola sa donare. Le Eolie in lontananza nella foschia, il mare da un lato e le montagne dall’altro, colline gialle e panorami in cui si potrebbe ambientare un’avventura di Tex Willer lasciano spazio alla strada che da Scillato, di curva in curva e poi ancora di curva in curva, conduce verso l’alto, verso quel paese che porta il nome di Polizzi Generosa e che se ne sta arroccato lassù, a volte tra la nebbia e a volte, quando il cielo è terso, regala panorami mozzafiato della vallata che gli sta ai piedi.

Polizzi (3000 abitanti) guarda tutto dall’alto ma sembra avere un’anima popolare, nelle vie con i piccoli negozi, nelle urla dei paesani che si salutano con parole per me a volte incomprensibili ma con una cadenza che sto imparando a riconoscere. Quei vicoli rimasti fermi nel tempo hanno consegnato natali importanti come Giuseppe Borgese, accademico e germanista, Danilo Dolce, lo stilista di Dolce& Gabbana che tutti gli anni torna in paese e Vincent Schiavelli, attore statunitense in ben 150 film e che, gravemente ammalato, ha voluto trascorrere l’ultimo periodo di vita a Polizzi, dove infine è stato sepolto. Tre persone che sono emigrate dalla loro terra.

Polizzi la conosco da tempo, fin da quando nel 2004 la Rete dei Comuni Solidali, oggi Rete delle Comunità Solidali, organizzò la prima assemblea. Nel palazzo municipale c’è una targa che ricorda quell’evento. Dopo di allora ci sono stato saltuariamente ma negli ultimi mesi ho avuto modo di frequentarla di più. Fin da quando due persone, Giovanna Curatola e Gandolfo Librizzi, assessore e sindaco, hanno deciso che Polizzi oltre che Generosa avrebbe dovuto essere accogliente. Giovanna ha occhi sinceri ed è mossa da un gran desiderio di fare, si capisce subito. Gandolfo è uno che non ama i mezzi termini, che non ragiona in termini di consenso elettorale ma che si lancia con un entusiasmo strabordante in quello che ritiene “giusto”.

Più di una volta ho sentito l’impulso di contenerlo il suo entusiasmo ma poi ho sempre finito per assecondarlo, ritrovando le stesse motivazioni che da anni ci spingono ad aprire nuovi progetti di accoglienza per richiedenti asilo in ogni comune in cui è possibile. L’anno scorso, il 9 settembre, una nuova assemblea Recosol a Polizzi (https://volerelaluna.it/territori/2022/09/19/recosol-fare-rete-nei-territori/) ha portato a uno scambio di battute con Gandolfo: «Voglio che Polizzi diventi la casa di chi non ha casa», mi ha detto. Ed è così che dopo un anno di lavoro, il 7 settembre di quest’anno, a un anno esatto da quel momento, Polizzi Generosa ha accolto la prima famiglia migrante, un nucleo afghano composto dai genitori e da tre bambini. Speriamo che presto possano ricongiungersi anche il padre e la madre del capofamiglia, attualmente bloccati in Iran da problemi burocratici relativi al visto. Il progetto di accogliere si completerà con l’arrivo di altre tre famiglie, per un totale complessivo di 20 persone.

Potrei raccontare molte cose di questo anno, il dietro le quinte che non si pensa mai quando si apre un progetto e le difficoltà in aumento con questo governo, la selezione degli operatori che lavorano nel progetto di accoglienza che mi ha fatto conoscere persone splendide (e anche un ragazzo con simpatie leghiste che ora si batte contro i pregiudizi ed è un convinto sostenitore dell’accoglienza) o la ricerca delle abitazioni o le difficoltà burocratiche o le giornate in cui partivo alle 8 dalla Calabria per andare a Polizzi a fare una riunione di due ore per rientrare a casa prima di mezzanotte. Adesso quello che ho negli occhi è l’immagine di una chiesa piena di persone che, invitate dal parroco e dal sindaco, hanno voluto dare un benvenuto collettivo alla famiglia afghana.

L’8 settembre una parte della comunità ha voluto fisicamente accarezzare la testa di quei bambini fuggiti dall’integralismo dei taliban. Si sono messi in fila per stringere la mano ai genitori, dire parole di benvenuto nonostante la barriera linguistica. Gli occhi e i sorrisi parlano più delle bocche. E quello che ho visto è stato incredibile e non lo avevo mai vissuto in tanti anni di lavoro nell’accoglienza. È stato qualcosa di potente. Lo si vedeva negli occhi lucidi di quel papà afghano che ha voluto dire in inglese ai polizzani queste testuali parole: «Da quando siamo dovuti andare via dalla nostra casa e dalla nostra patria ne abbiamo avuto nostalgia. Adesso grazie a voi sentiamo di avere una nuova casa e una nuova patria». Le parole dette da Gandolfo un anno prima sono diventate realtà. I media siciliani hanno dato una grande visibilità al progetto, quasi un aggrapparsi a un evento positivo in un clima generale di tensione e odio.

Eppure qualcuno sui social, quel luogo virtuale in cui più sei ignorante e più commenti, ha scritto che per dare il benvenuto a degli ospiti si è sfrattato il padrone di casa, ossia il crocifisso. Ovviamente è falso, il crocifisso non è di certo stato rimosso dalla chiesa madre, nessuno lo ha mai nemmeno pensato, e chi lo ha scritto oltre ad affermare il falso è anche cieco. Perché si è messo a cercare la raffigurazione inanimata di un Cristo, ignorando i Cristi in carne ed ossa che aveva davanti. Ma è un’eccezione. Perché Polizzi è davvero Generosa. E ora anche accogliente.

Gli autori

Giovanni Maiolo

Giovanni Maiolo, vive a Caulonia (Calabria). Giornalista ed operatore sociale, è direttore della rivista online Ciavula. Già presidente della Rete Comuni Solidali è attualmente vicepresidente di Recosol.

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