Un nuovo piano regolatore per Torino: e il verde?

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Torino avvia la procedura per il nuovo Piano Regolatore e si avvarrà niente meno che di Amanda Burden, responsabile della Bloomberg Foundation, per ritrovare un’anima e soprattutto un filo che imbastisca un comune protagonismo tra centro e periferie. E perché meglio fruisca dei suoi quattro corsi d’acqua: così dalle prime dichiarazioni. Stante l’emergenza clima, le cui origini antropiche sono messe in dubbio solo più da un residuale manipolo di mercanti di dubbi, c’è da immaginare che al centro delle nuove progettazioni ci sarà anche l’adeguamento del Piano di resilienza climatica, con la strategia che si prefigge di attenuare gli effetti del riscaldamento, sia in termini di difesa dai previsti due mesi di temperature insopportabili sia dalle bombe d’acqua che già si sono manifestate in tante parti del nostro territorio metropolitano. Se nel primo caso occorre guardare all’aumento della vegetazione per temperare il calore e offrire zone di refrigerio, nel secondo bisognerebbe cominciare magari a prevedere piazze allagabili – sull’esempio di Rotterdam – per assorbire le piene dei fiumi.

Sappiamo bene che, tra gli strumenti di cui si dispone, il verde pubblico è forse il più potente ed efficace. Torino è nota per le sue alberate e gode di una riserva di natura che è la sua collina, sottratta qualche decennio fa all’assalto della speculazione edilizia che aveva cominciato a divorarla e poi, grazie soprattutto all’azione della Pro Natura Torino, pian piano restituita alla fruizione pubblica non solo con i parchi ma anche con una tenace e puntuale attività di recupero dei sentieri. La pedonalizzazione della collina è stata possibile grazie alla collaborazione con il Comune, con il Club Alpino Italiano e con altri gruppi di volontari. Tutti riuniti in un apposito Comitato spontaneo partito dal basso, che ha svolto un capillare monitoraggio dei tracciati (tratti dei quali a volte inglobati nelle proprietà nonostante la vigente servitù di passaggio) seguito dal recupero e dalla manutenzione dei sentieri oggetto di apposizione di specifica segnaletica e successivamente illustrati con la redazione di apposite carte e guide descrittive. Questo polmone verde non è tuttavia in grado, da solo, di dare una risposta efficace alla domanda di natura di Torino che è scivolata all’ultimo posto nella classifica del verde nei capoluoghi di Regione e, secondo i dati del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, registrerebbe solamente un’incidenza del 33,33% di verde rispetto al totale dell’area urbana.

Molti anni fa Gianpiero Vigliano architetto e urbanista già presidente di Italia Nostra, osservava come la nostra città, a differenza delle grandi capitali europee non disponesse di un parco sufficientemente ampio a servizio del verde cittadino. Continua ad essere così. Ora un segnale positivo giunge con la riorganizzazione del Valentino e la sua rinaturalizzazione che lo libererà, in parte, dall’asfalto. Ma, nel contempo, il resto del centro città resta povero di verde fruibile. Proprio il cuore della città è, per contro, quello in cui l’aria pulita sarebbe più necessaria che mai, intasato com’è di veicoli che lo trasformano, in certe ore, in una vera e propria camera a gas che toglie il respiro e che pone la nostra città, secondo l’Agenzia europea per l’ambiente, tra quelle più inquinate d’Europa. Con riflessi sulla salute (60 mila decessi stimati in Europa) che per le cure costano duemila euro l’anno a ogni torinese (https://volerelaluna.it/territori/2022/08/19/torino-eliminare-il-verde/).

L’unica area verde espandibile di discrete dimensioni, quella della Pellerina, è oggi al centro del progetto per un nuovo ospedale (https://volerelaluna.it/territori/2023/06/07/torino-il-parco-della-pellerina-e-a-rischio/). La decisione, che sembra ormai presa, interesserà, peraltro, un territorio che proprio secondo il Piano di resilienza climatica, è storicamente soggetto ad allagamenti con frequenza elevata, dunque più adatto, semmai, a farne a una cassa di espansione, in caso di piene, per la confinante Dora Riparia. Anche il parco del Meisino è stato al centro di un progetto affrettato per cui una parte del verde naturale avrebbe dovuto fare spazio a impianti sportivi (https://volerelaluna.it/territori/2023/03/16/torino-lassalto-ai-parchi/). L’ipotesi sembra scongiurata mentre è solo rimandato l’intervento sulle alberate in Vanchiglietta. Lì incombe la motosega, per sostituire aceri americani ultracinquantenari (sacrificati sulla base del discutibile concetto – sostenuto dal Piano Forestale Nazionale – di fine ciclo) con peri cinesi ornamentali https://lavialibera.it/it-schede-1400-alberi_non_si_tagliano_a_torino_la_protesta_contro_il_piano_del_comune?). In questi ultimi due casi la giustificazione che muove gli interventi è la disponibilità di specifici finanziamenti che occorre onorare. Ma sarebbe forse opportuno modificare i progetti, proprio alla luce di mutate necessità di resilienza alla crisi climatica, per far sì che portino ad azioni in linea con le esigenze di offrire, soprattutto ad anziani e bambini, spazi di ombra per rinfrescarli da estati che si annunciano sempre più calde.

L’opportunità del nuovo Piano regolatore dovrà consentire un ampio ripensamento del tessuto urbanistico cittadino. Certamente sarà impegnativo immaginare, con creatività, una connessione più stretta e intelligente con i corsi d’acqua che la attraversano e che subiranno inevitabilmente fenomeni di crisi idrica da governare al pari delle alluvioni. Ma ancor più esaltante sarà dare un futuro alle aree industriali dismesse o in via di abbandono – che ne sarà di Mirafiori a cominciare dalla parte acquisita dagli enti pubblici? – che non si può pensare di riprogrammare unicamente nella direzione di reiterate superfici edificate e occupate da asfalto. Proprio da lì sarà possibile individuare tanti nuovi spazi di naturalità in cui il verde svolga le sue funzioni sociali e salutari. Altrettante, necessitano di bonifica – si pensi, innanzitutto, alla ex Thyssen –, con investimenti di disinquinamento del suolo non più rinviabili.

Sono queste le opportunità che ci aspettiamo emergano dalla discussione per la redazione del nuovo strumento pianificatorio che dovrà essere in grado di programmare un futuro nel quale Torino recuperi posizioni nelle classifiche, prima richiamate, del verde pubblico e dell’inquinamento atmosferico. Sono queste le sfide da affrontare e possibilmente vincere per dare un contributo al programma Nex Generation UE. E per offrire ai torinesi di domani una città in cui sia ancora piacevole vivere e lavorare.

Gli autori

Valter Giuliano

Valter Giuliano, giornalista professionista, Accademico dell’agricoltura, è stato presidente nazionale della “Pro Natura”, consigliere della Regione Piemonte e assessore alla cultura della Provincia di Torino. È consigliere comunale di Ostana, dove ha fatto nascere il “Premio Ostana. Scritture in lingua madre / Escrituras en lenga maire”. Già direttore di “ALP”, ha fondato e diretto “Passaggi e Sconfini”. Direttore responsabile di “Natura e Società” e di “ Obiettivo Ambiente”, dirige “Segusium. Arte e storia della Valle di Susa”.

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2 Comments on “Un nuovo piano regolatore per Torino: e il verde?”

  1. Torino ultimamente ha perso centinaia di migliaia di abitanti perché continuare a costruire? Abbiamo palazzi alveari di 6-10 piani vedi c/so Trapani,c/so Sebastopoli a scapito di edifici più vivibili e di parchi….E non parlatemi del verde verticale credo siano poco vivibili quei palazzi oltre che costosi da mantenere.
    Torino ritorni ad essere la città dei viali alberati e dei parchi!

  2. L’Ente Parco del Po, che ha la responsabilità per la conservazione e la tutela del parco del Meisino, ha approvato il progetto certificando che esso, insiste su una parte minima di un vasto parco dove già si trovano circoli ippici e sportivi, bocciofile, attività artigianali e non crea problemi alla parte del Parco più pregiata dal punto di vista naturalistico. E gli impianti sportivi non impattanti motiveranno più cittadini a fruire di un bene comune come il parco.

    Circa Corso Belgio è bene ricordare che gli alberi, come tutti gli essere viventi, si ammalano, diventano vecchi e muoiono, per cui è del tutto fisiologico che le alberate, siano rinnovate, abbattendo gli alberi vecchi e piantando alberi giovani, non malati, di specie più adatte al cambiamento climatico e al difficile ambiente urbano. Tra le specie scelte vi sono anche i peri cinesi già ampiamente diffusi in Torino e in altre città italiane.

    Il nuovo ospedale occuperà un parte minima del parco della Pellerina, cioè un’area di terra battuta senza valore naturalistico, e non minaccerà in alcun modo il parco nel suo complesso. Si tratta di un’area più sicura dal punto di vista idrogeologico rispetto all’area ex-Thyssen Krupp e della caserma vigili del fuoco, in una posizione ideale come ospedale di pronto soccorso come certificato dai medici (a differenza della remota area di via Traves), immediatamente disponibile e senza necessità di bonifiche e di trasferimento di attività.

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