Sabato 23 novembre si è tenuta l’iniziativa reggiana delle sardine anti Salvini: una versione che ha registrato certamente una partecipazione significativa, ma altrettanti dubbi sulla genuinità di alcuni suoi promotori, nonchè sulla violenta cacciata di alcuni attivisti no biogas, colpevoli di aver esposto un loro striscione.
Ma il punto non è quello, o meglio non è soltanto quello. Resto convinto che questo movimento, pur con qualche ma, rappresenti una fiammella di speranza in un mare buio quale quello attuale.
Permettetemi tuttavia di domandarmi quanto segue: cosa occorre per seguitare a fare la sardina, finita la manifestazione?
È sufficiente essere contro Salvini, così come ai tempi dei girotondi le piazze erano contro Berlusconi?
Occorre proprio un nemico per ritrovarsi uniti e compatti e, se la risposta è positiva, siamo proprio certi che il nemico sia lo squalo salviniano, oppure un mare con flutti ben più insidiosi?
E poi: non volere la presenza di striscioni si traduce nel non occuparsi dei problemi del nostro territorio, che riguardano tutte e tutti noi?
Infine, cosa significa in concreto opporsi ai rigurgiti di fascismo e razzismo, agli “odiatori di professione”?
Confesso di faticare a trovare le risposte e trovo maledettamente scomodo un ruolo di “grillo parlante”, proprio ora che un gruppo di giovani ha acceso quella fiammella. Tuttavia, qualcosa non torna, o quantomeno non basta. O la piazza delle sardine avrà il coraggio di esprimere una nuova visione della società, dell’ambiente, dell’economia, della finanza, delle relazioni, ovvero un’autentica riscossa sociale e civile, o quella fiammella si spegnerà e verrà strumentalizzata per altri fini.
Non basta essere contro, per essere più liberi e meno liberisti.
Non basta avere una sanità e servizi di qualità, se poi si è stati il laboratorio nazionale della privatizzazione dei beni comuni, ovvero la sola regione con ben due multiservizi quotate in borsa.
Non basta nominare il “green new deal” in una delle regioni più inquinate e cementificate d’Italia e d’Europa.
Non basta essere contro Salvini lo squalo, se non lo si legge come espressione di un sistema economico e finanziario al quale ormai nessuna forza politica, sociale e civile osa opporsi, perché pervade nel profondo i nostri comportamenti e il nostro stesso essere.
Non basta evocare la peraltro reale avanzata di fascismo, razzismo e odio, se non si ha il coraggio di ammettere che ciò che la genera è anche frutto della nostra ignavia di fronte al mostro capitalista, che incrementa le diseguaglianze e mette gli uni contro gli altri.
Non si può essere no Salvini e si biogas, ovvero il modello che egli sostiene delle grandi opere che esternalizzano i costi ambientali sui cittadini.
Proprio trent’anni fa, con la caduta del muro, la sinistra ha ritenuto esaurita la propria funzione trasformandosi in forza “progressista”, accettando non solo il progresso, ma anche i suoi paradigmi. E ha lasciato il campo al dilagare della piovra finanziaria, che ha occupato tutto ed eroso ambiente, diritti, dignità.
Sardine, preoccupiamoci di tutto questo e, magari, odiamolo un po’.
Spero di cuore in un sussulto, anche di sana autocritica sugli errori del passato; altrimenti, ancora una volta, dovremo scomodare Gaber e il Salvini in noi.