Avevano promesso di fare sfracelli e di distruggere il progetto del sindaco Lucano. E il 26 maggio scorso la lista “Riace rinasce” ha vinto le elezioni e Antonio Trifoli è stato eletto sindaco del paese dei Bronzi. Sicuramente, dopo l’elezione, qualche cosa sono riusciti a fare. Hanno delimitato lo spazio ricreativo della piazza dove i cittadini si ritrovavano rimettendovi immancabili posti auto. Si sono scatenati contro le botteghe artigianali disponendone la chiusura. Hanno cambiato la cartellonistica che presentava il comune come solidale e accogliente. Poi se la sono presa con Peppino Impastato demolendo un’installazione che lo ricordava. Non contenti, hanno chiuso di fatto l’ambulatorio che prestava servizi gratuiti a italiani e migranti (vedi I santi Cosma e Damiano e un ambulatorio medico a Riace) e così via.
Ma presto sono arrivati i problemi. Il tanto decantato motto “Legalità e Trasparenza” ha cominciato a franare. Il consigliere comunale e segretario locale della Lega, Claudio Falchi, ha dovuto dimettersi, a seguito dell’intervento della Prefettura, dopo che è emersa a suo carico una condanna per bancarotta fraudolenta del 2003. E ora è la volta del sindaco, che a dispetto della promessa di legalità e trasparenza, si era candidato senza avere i necessari requisiti.
Il Tribunale di Locri, infatti, ha stabilito che Trifoli non poteva partecipare alle elezioni: perché era un dipendente dello stesso Comune, assunto a tempo determinato come vigile urbano, e non poteva godere dell’aspettativa non retribuita per motivi elettorali (un’aspettativa che Trifoli, una volta eletto sindaco aveva continuato a concedere a se stesso). Il sindaco moralizzatore ha resistito in tribunale cercando di far valere la propria condizione di ex Lsu-Lpu e, dunque, di lavoratore a carico della Regione. Ma i giudici sono stati tranchant: «È netto lo spartiacque tra la condizione giuridica del lavoratore Lsu e Lpu e colui il quale, nell’ambito di tale procedura occupazionale, viene stabilizzato con contratto a tempo determinato, come quello stipulato tra il Comune di Riace e il signor Trifoli». La conseguenza è evidente. Trifoli viene dichiarato decaduto da sindaco (anche se si affretta a dichiarare che ricorrerà in tutti i gradi di giudizio aggiungendo che il suo caso «farà giurisprudenza»!): altro che “far rinascere” Riace!
Il provvedimento del tribunale è ora sottoposto all’eventuale giudizio di appello.
Ma la vicenda si sposta in sede amministrativa.
L’incandidabilità di Trifoli è stata sostenuta in giudizio anche dalla Prefettura di Reggio Calabria, sulla base di un parere del Ministero degli Interni in cui si legge: «Dato che il Trifoli è un ex lavoratore di pubblica utilità che, a far data dal primo gennaio 2015, è stato contrattualizzato dal Comune di Riace con fondi a totale carico della Regione Calabria, nel caso di specie viene in considerazione la situazione di ex lavoratori socialmente utili o di pubblica utilità stabilizzati a termine e, quindi, titolari di un rapporto a tempo determinato con il Comune. Il sig. Trifoli infatti, originariamente utilizzato dal Comune di Riace come lavoratore di pubblica utilità ai sensi della legge 196/1997 è stato poi assunto dal predetto ente con contratto a tempo determinato, con qualifica di istruttore di vigilanza categoria C». E, dopo la decisione del Tribunale, il 13 novembre, la stessa Prefettura ha inviato al Comune di Riace una comunicazione in cui è scritto: «Si fa riferimento all’ordinanza del Tribunale di Locri emessa nella camera di consiglio del 5 novembre 2019 con cui la S.V. è stata dichiarata decaduta dalla carica di Sindaco. Al riguardo si fa presente che, in virtù della immediata esecutività della pronuncia del giudice di primo grado, le funzioni di sindaco, ai sensi dell’art 53 del decreto legislativo 267/2000, saranno svolte dal Vicesindaco, fermo restando che ai sensi dell’art 22 comma 8 decreto legislativo 1 settembre 2011 n. 150, l’efficacia esecutiva dell’ordinanza pronunciata dal Tribunale è sospesa in pendenza di appello».
Così vanno le cose nel Belpaese!
In attesa degli sviluppi, una piccola annotazione. A presentare ricorso contro il sindaco è stata Maria Spanò, già assessora nella giunta Lucano e candidata sindaco per la lista “Il cielo sopra Riace”, ora consigliera di minoranza. Maria è andata avanti senza clamori ma con determinazione e alla fine ha avuto ragione. La frase che è passata di bocca in bocca a Riace, a commento della decisione del Tribunale di Locri, è stata: «Brava Maria, pochi, soprattutto in questa terra, sarebbero andati fino in fondo». Chapeau. Da notare. Anche un secondo ricorso di analogo contenuto presentato da semplici cittadini ha visto come prime firmatarie due donne (a cui si è successivamente aggiunto un uomo). Anche questo succede a Riace.