Non avevo considerato i Santi medici, Cosma e Damiano, quando, alcuni anni fa, decidemmo, insieme a tanti amici che animano Jimuel (www.jimuel.org) , di aprire un ambulatorio medico a Riace. Non era stata questa motivazione a spingerci a farlo.
In tutta sincerità, la spinta venne dall’affermazione dell’allora presidente del consiglio Renzi che, facendo eco alla furia razzista che stava montando, affermò senza un minimo di pudore: «i migranti assistiamoli a casa loro». Quale modo migliore per prendere in parola il capo del governo (fortunatamente passato). Riace quindi. A casa loro, nel luogo dell’accoglienza per antonomasia. Dove i migranti, i neri, gli africani, quelli della pacchia, erano accolti, non come a San Ferdinando, luogo di cui è Commissario per il governo, e quindi responsabile di ciò che accade, il Prefetto di Reggio Calabria, ma proprio come se fossero a casa loro. Proprio nella migliore e più bella tradizione calabrese.
Trasiti (entrate)! L’ambulatorio, nato con la finalità di essere un punto di accoglienza per le persone che non hanno risorse sufficienti per provvedere ai propri bisogni di cura medica, si era posto l’obiettivo di essere un piccolo aiuto a chi ne avesse fatto richiesta. Un semplice supporto. Lo avevamo fatto in silenzio, così come in assoluto silenzio vi avevano operato numerosi medici volontari, impiegando il proprio tempo libero, gratuitamente e senza attendersi alcun clamore mediatico. Tra i migliori professionisti della Locride e la disponibilità dello studio radiologico a effettuare gli esami di diagnostica per immagini, gratuitamente per chi non poteva pagare e dopo avere offerto un piccolo finanziamento per le attrezzature elementari dello studio medico. Senza chiedere a nessuno la carta di identità, il credo religioso, il colore della pelle, la fede politica e neanche la dichiarazione dei redditi. A ripensarci bene, proprio nello spirito dei Santi medici.
In questo spirito, offrimmo al pastore di quella Comunità il servizio per quanti, tra i parrocchiani, avessero avuto bisogno. Ci ricevette, garbatamente, una domenica, alla fine della celebrazione eucaristica, nel salottino delle suore, a Riace superiore. Poi vennero i Carabinieri. Ancora oggi, mi domando se è stato un fatto normale, essere stati convocati dai Carabinieri per “giustificare” l’apertura di un ambulatorio umanitario.
La General Electric, grande multinazionale di apparecchiature medicali, attraverso i propri rappresentanti di zona, volle regalare al nostro ambulatorio un ecografo multidisciplinare usato in perfetto stato. Da Milano, a nostre spese, lo portammo a Riace e da quel momento, la ginecologa, il pediatra, la cardiologa hanno svolto la loro opera ad altissimi livelli, per decine di bambini, donne e uomini. I locali in cui l’ambulatorio è ancora ospitato, ci furono offerti dal sindaco del tempo, in spazi del municipio che, in atto, non erano utilizzati se non come magazzino.
Verso la fine di agosto la convocazione del nuovo sindaco di Riace per discutere della disponibilità dei locali. Veniamo ricevuti, anche questa volta con grande garbo, dal sindaco e dal suo vice, i quali ci spiegano che quei locali devono essere restituiti alla disponibilità dell’ente che ha la necessità di destinarli al Commissario liquidatore, un funzionario della Prefettura (ancora la Prefettura). Ci tengono a precisare che non vogliono mandarci via, anzi. Ci assegneranno altri locali.
Non dubitiamo della buona fede degli amministratori. Preferiamo, però, non correre il rischio di restare senza locali e stiamo realizzando un nuovo ambulatorio in locali che mette a disposizione la Coop “Città Futura” per essere certi di riuscire a dare continuità assistenziale a tutti quei numerosi pazienti, delle Comunità di Riace, Stignano, Camini, Caulonia, Monasterace, che hanno imparato a considerare l’ambulatorio Jimuel il loro ambulatorio. Nello spirito dei santi Cosma e Damiano.