Roma: all’erta contro gli sgomberi!

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La casa è, nel nostro Paese, una delle più grandi emergenze. Un milione e 700mila famiglie sono in condizioni di disagio abitativo (perché pagano un canone di affitto superiore al 30% del reddito familiare) e 650mila sono in attesa di assegnazione di una casa popolare (a fronte di altrettante che ne sono attualmente assegnatarie). Lo scorso anno sono state emesse 56mila sentenze di sfratto (nella stragrande maggioranza per morosità). Nello stesso periodo gli sfratti eseguiti con l’ausilio della forza pubblica sono stati 30 mila mentre 120.000 sono state le richieste in tal senso. A fronte di ciò il 15% delle abitazioni di edilizia pubblica non è assegnato (principalmente perché gli enti non hanno risorse per la manutenzione) e le abitazioni di edilizia privata vuote o scarsamente utilizzate sono circa 7 milioni (i dati sono tratti dal volume di Giulia Novaro, Abitare i margini, in corso di pubblicazione per le Edizioni Gruppo Abele).

In mancanza di una politica che affronti di petto il problema aumentano le situazioni abitative precarie o abusive e le occupazioni di stabili (soprattutto edifici dismessi della pubblica amministrazione o complessi immobiliari speculativi abbandonati). Dopo anni di “tolleranza” la risposta istituzionale è sempre più quella della repressione e degli sgomberi: la prima incentivata da reiterati “decreti sicurezza” (vedi https://volerelaluna.it/politica/2018/12/05/il-decreto-sicurezza-guai-agli-ultimi-e-a-chi-dissente/), i secondi attuati con provvedimenti amministrativi e di polizia in cui fanno a gara le amministrazioni locali e quella centrale.

Accade dappertutto ma Roma è diventata in qualche modo la città-simbolo (vedi https://volerelaluna.it/societa/2019/09/04/occupazioni-sgomberi-sicurezza-il-caso-roma-e-non-solo/): per il numero degli stabili occupati, per la sproporzione tra le case popolari assegnate ogni anno (490) e la relativa graduatoria (comprensiva di 16.000 nuclei), per gli sgomberi eseguiti. Una stretta c’è stata, in particolare, prima dell’estate con lo sgombero dello stabile di via Cardinal Capranica a Primavalle (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2019/07/15/primavalle-cacciare-gli-ultimi/): uno sgombero che avrebbe dovuto essere il primo di un lungo elenco, comprensivo tra l’altro delle palazzine di via Caravaggio, a due passi dal Circo massimo, e della Casa delle donne Lucha y Siesta.

Uscito di scena il ministro delle ruspe, sembrava profilarsi almeno una tregua almeno sino alla individuazione di soluzioni abitative alternative accettabili. E invece molti rumors annunciano nuovi interventi, in particolare al “Caravaggio”, due palazzine di proprietà di Angiolina  Armellini (rampolla di una nota famiglia di palazzinari), già sede di uffici e assessorati del Comune, occupate dal 2013 e attualmente abitate da 140 famiglie, per un totale di 380 persone, tra cui 71 minori, quasi tutte inserite in modo accettabile sia in termini lavorativi che scolastici.

Per prevenire un nuovo sgombero è iniziata una mobilitazione del Caravaggio e delle associazioni impegnate sul tema della casa. Si comincia con un incontro pubblico il 3 ottobre nei locali occupati con nolte presenze significative e in parte inattese (il direttore dell’Espresso Marco Damilano e l’ex ministro Fabrizio Barca, a fianco della Rete di Numeri Pari di Luigi Ciotti e Giuseppe De Marzo) per proseguire oggi 8 ottobre con una manifestazione sotto la Regione Lazio indetta da un pluralità di movimenti (tra i quali Movimenti per il diritto all’abitare, Asia Usb, Action, Unione Inquilini). La richiesta rivolta al presidente della regione Nicola Zingaretti è non solo l’alt agli sgomberi e agli sfratti ma anche l’attivazione di politiche abitative in grado di recuperare «l’immenso patrimonio vuoto inutilizzato».

«In assenza di spazi di dialogo reali e di fronte alla vicina prospettiva di nuove catastrofi sociali nella città scrivono gli organizzatori – veniamo noi a farvi visita, pronti a sviluppare una mobilitazione permanente ed unitaria se non avremo certezza di un chiaro e deciso cambio di rotta rispetto al passato. Non intendiamo accettare che si vendano le case popolari. Non intendiamo accettare nuovi sfratti nei piani di zona e nelle case degli Enti previdenziali o sgomberi delle famiglie in difficoltà economica dalle case popolari. Non daremo tregua a chi vuole aumentare i canoni e cacciare gli inquilini delle case popolari anche attraverso provvedimenti che restringono le possibilità di accesso e permanenza negli alloggi pubblici. Non intendiamo accettare la trasformazione di fatto dell’ATER in una sorta di agenzia per gli affitti per i ceti solvibili. Pretendiamo un immediato cambio di rotta con la devastante logica della guerra ai poveri. Avete tutto, poteri, risorse, patrimonio per impedire nuovi sgomberi ed attuare politiche abitative virtuose in grado di recuperare un immenso patrimonio vuoto inutilizzato e portare la città e la Regione finalmente fuori dell’emergenza casa. Nei mesi scorsi abbiamo presentato alla Regione Lazio una piattaforma con le proposte per superare l’emergenza e avviare una politica pubblica per l’abitare. Su queste proposte vi sfidiamo».

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