Genova. Pochi minuti prima delle 22.00 del 4 luglio un solerte agente della Polizia Comunale cittadina sorprende un senza tetto che dorme in piazza Piccapietra e, con un rigore degno di miglior causa, gli contesta la violazione dell’art. 28, comma 1, del Regolamento di polizia urbana perché – si legge nel relativo verbale – «bivaccava su gradini, scalinate, scale d’accesso dei monumenti dei luoghi destinati al culto di importanza culturale, storica e architettonica, spettacolo, intrattenimento, nei sottopassi e sovrappassi, sulla soglia di altri edifici, uffici, negozi e sedi di attività commerciali, artigianali o industriali, antistanti alla pubblica via». Alla contestazione, a fronte della quale – sempre secondo il verbale – «nessuna dichiarazione è rilasciata» dal malcapitato clochard segue l’ingiunzione a pagare, entro 60 giorni, la sanzione di 200 euro.
La notizia viene resa pubblica dall’Associazione San Marcellino di Genova (opera sociale dei Gesuiti) con un post su Faceboock, poi riportato sul relativo sito, dal titolo “L’ingiustizia sociale è una bestemmia” con questo commento:
In seguito alla visione del film di Maurice Cloche Monsieur Vincent (Oscar miglior film straniero nel 1949), Don Lorenzo Milani iniziò a pensare alla sceneggiatura per un film che raccontasse la vita di Gesù. A tale scopo avviò un rapporto epistolare, poi interrotto, con il regista Cloche. In una sua lettera del 15 febbraio 1952, a un certo puntò, spiegò che il film avrebbe dovuto far sì che «il disoccupato e l’operaio d’oggi dovranno uscire dal cinema con la certezza che Gesù è vissuto in un mondo triste come il loro, che ha come loro sentito che l’ingiustizia sociale è una bestemmia, come loro ha lottato per un mondo migliore» (Don Lorenzo Milani, “Lettera al signor Cloche 15-2-1952” in Tra Parola e Conflitto. La comunicazione in Don Lorenzo Milani, di Bortone M., Edizioni Universali Romane, Roma, 2008, p. 96). Ed è proprio a queste righe che abbiamo pensato quando abbiamo saputo del verbale, con relativa sanzione di 200€, elevato ad una persona in condizione di senza dimora pochi minuti prima delle 22.00 del 4 luglio 2019 perché, dormendo in piazza Piccapietra, infrangeva l’art. 28 comma 1 del regolamento di Polizia Urbana.
La vicenda ha avuto, per un paio di giorni, una certa eco di stampa ma i più l’hanno considerata alla stregua di una manifestazione di eccesso di zelo di un vigile a cui fa difetto, a dir poco, la duttilità. Purtroppo non è così. Proprio a Genova essa fa seguito a una serie di iniziative che si muovono nella direzione di una guerra senza quartiere contro i poveri: l’eliminazione del servizio di residenza anagrafica per le persone senza fissa dimora, l’ordinanza che prevede ammende per chi rovista “disordinatamente” nei cassonetti della spazzatura, la proposta di “schedare” i mendicanti, l’installazione di dissuasori “anti-bivacco” nelle panchine di alcune zone della città e via elencando. Il tutto nel contesto delle misure previste a tutela del “decoro” delle città che si sono succeduti, senza soluzione di continuità, da Minniti a Salvini.
Inutile dire che nessuno può seriamente pensare che un clochard paghi la sanzione di 200 euro. E ciò svela il senso dell’operazione: allontanarlo – e con lui tutti quelli come lui – dalla città spingendolo in un altrove imprecisato purché lontano e invisibile.
La tipologia dei marginali del nuovo millennio è sterminata: poveri, migranti, tossicodipendenti, matti, alcolizzati, deformi, barboni, mendicanti, prostitute di strada, viados, lavavetri, posteggiatori abusivi, ambulanti senza licenza, inventori di mestieri, benzinai improvvisati della domenica, venditori di fiori o fazzoletti, ombrellai dei giorni di pioggia, zingari, giocolieri di strada, questuanti, oziosi, vagabondi, punkabbestia coi loro cani, vecchi che frugano nelle pattumiere e via elencando potenzialmente all’infinito. Sono i resti, gli scarti da cui ‒ in forza di un pensiero che ha ridisegnato i sistemi istituzionali, i rapporti sociali, il concetto stesso di cittadinanza e di democrazia ‒ la società deve difendersi con ogni mezzo. Il suo postulato è che la diversità di condizioni di vita delle persone è un dato inevitabile (o addirittura positivo) e che la garanzia dei diritti e della sicurezza degli inclusi passa necessariamente attraverso l’espulsione da quei diritti degli esclusi, cioè dei “non meritevoli”, degli sconfitti, dei marginali, appunto.
Alla fine del percorso c’è quello che in Ungheria (l’Ungheria di Orban, sodale e modello del nostro ministro degli interni) è ormai legge: la previsione di pesanti sanzioni per gli homeless che violano il divieto di dormire nelle stazioni, sulle panchine, negli androni dei palazzi e simili. Nel Paese di Orban, in particolare, se la polizia sorprende un senza tetto a dormire per strada gli ordina di andarsene. La mancata ottemperanza integra una infrazione punibile con una multa fino a 500 euro (che, ovviamente nessun senza tetto sarà in grado di pagare) o con l’obbligo di lavori di pubblica utilità (fino a 180 ore). Chi, poi, viene sorpreso per tre volte nell’arco di sei mesi a dormire per strada è punito con la pena del carcere, da uno a 60 giorni (vedi www.volerelaluna.it/in-primo-piano/2018/10/23/ungheria-guai-ai-senza-tetto).