Torino e Genova: si mangia e si beve. Ma poi?

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Mi sono recato di recente a Genova per la presentazione di un mio libro. Per riprendere il treno ho fatto una rilassante passeggiata fra il Palazzo Ducale e la stazione di Piazza Principe. Rilassante e istruttiva. Tutta quella zona centrale, anche così cara a De André, oggi è un pullulare di esercizi del settore terziario: in particolare… sì, avete indovinato. Locali dove si mangia e si beve. Io a Genova feci l’università in via Balbi, a due passi da qui, negli anni Settanta, e lo scenario era affatto diverso. Tanti esercizi, ma non solo di commercio, anche di artigianato. Pochissime trattorie. Pochissimi bar.

Poi, da Piazza Principe ho preso il treno e sono sceso a Porta Nuova, a Torino. Qui, a fianco della stazione, il grande quartiere di San Salvario. La storia si ripete uguale identica. Un pullulare di pizzerie, kebabbari, paninotoche, bar, lounge bar. Ah sì, c’è una differenza, però, la focaccia a Torino è penosa, a Genova si salva ancora.

Genova e Torino sono due città in crisi profonda, probabilmente senza via d’uscita, con una popolazione in costante declino. Genova si aggrappa ancora all’attività portuale. Torino non sa a cosa aggrapparsi, essendo cresciuta su una industria, quella automobilistica, che non esiste pressoché più. Ecco allora pullulare il terziario.

Anche favorito da quel fenomeno della gentrificazione di cui sapientemente parla Giovanni Semi nel suo Gentrification. Tutte le città come Disneyand?. Terziario legato al mantra della cultura ovvero del turismo. Quasi che le città fossero tutte Venezia o Firenze.

E così tu percorri il fronte porto a Genova. Oppure San Salvario o il Quadrilatero a Torino e, a parte notare le dette profonde similitudini, ti domandi: ma quanto potrà durare tutto questo? Quanto potrà durare questa economia del terziario facile, e banale, in un’epoca in cui sui beni che acquistiamo è sempre più presente la parola “importato” anziché “fabbricato”?

E allora la mia mente va anche a quelle demenziali trasmissioni televisive che vedono competere cuochi, ristoranti, trattorie, osterie. Va ai cuochi diventati maitre à penser, ai libri di cucina divenuti bestseller. E mi viene da pensare alle mollezze in cui si adagiavano i ricchi nel tardo impero romano, poi travolto dai barbari.

Solo che quella era la fine di una civiltà, sicuramente criticabile, ma una civiltà. Questa che viviamo, ditemelo voi: cos’è?

Gli autori

Fabio Balocco

Fabio Balocco, nato a Savona, risiede in Val di Susa. Avvocato (in quiescenza), ma la sua passione è, da sempre, la difesa dell’ambiente, in particolare montano. Ha collaborato, tra l’altro, con “La Rivista della Montagna”, “Alp”, “Meridiani Montagne”, “Montagnard”. Ha scritto con altri autori: "Piste o peste"; "Disastro autostrada"; "Torino. Oltre le apparenze"; "Verde clandestino"; "Loro e noi. Storie di umani e altri animali"; "Il mare privato". Come unico autore: "Regole minime per sopravvivere"; “Poveri. Voci dell’indigenza. L’esempio di Torino”; "Lontano da Farinetti. Storie di Langhe e dintorni"; "Per gioco. Voci e numeri del gioco d'azzardo". Collabora dal 2011, in qualità di blogger in campo ambientale e sociale, con Il Fatto Quotidiano.

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2 Comments on “Torino e Genova: si mangia e si beve. Ma poi?”

  1. Non è un fenomeno solo genovese o torinese. A Milano, a esempio, tutta l’area centrale, da corso Venezia al Castello Sforzesco, da piazza Duomo a Porta Ticinese, da Buenos Aires a viale Monza, da via Moscova a Largo La Foppa e Porta Nuova, per non parlare del tanto decantato CityLife District, là dove ogni puttanata si chiama “evento”, è un pullulare di tavole calde, gelaterie, panetterie in cui pane e pasta sono relegati in un angolino e tutto lo spazio è per “apericene” e servizio di ristoro più o meno sfizioso ma sostanzialmente malsano e monosapore. E quasi sempre con spazi di co-working. Non si tratta solo di una conseguenza dei crescenti flussi turistici, ma anche di una necessità causata dall’estinzione degli uffici e delle ditte con mensa, dall’ aumento del lavoro precario (pardon: free lance), dalla necessità per molti giovani che tentano piccole imprese ma non possono permettersi una sede in città né possono sempre comunicare soltanto per via elettronica, di incontrarsi con due o tre soci, guardandosi in faccia per concordare e pianificare il compito che poi ognuno svolgerà in monolocali periferici.

  2. Caro Balocco
    scusami ma il tuo racconto rivela una tua grande ingenuità … questa realtà la conosciamo da almeno un ventennio …
    ma se si vuole capire cosa è successo non credi che bisogna cercare di scavare nei cambiamenti economici, sociali, culturali e politici imposti dai dominanti liberisti ???
    qua a Genova governa una troika maledetta da almeno 50 anni, ossia Opus dei, massoneria di destra e massoneria di sinistra con anche la complicità di buona parte dei sindacati infatti tutti unanimi appassionatamente per le grandi opere cioè il ponte inutile con la complicità anche del falso arichistar di sinsitra Renzo Piano, la gronda e il terzo valico altre due opere inutili, dannose e iper costose esattamente come la TAV !!!
    se hai tempo leggi qui https://www.academia.edu/38192398/Genova_una_storia_di_glorie_e_di_crimini_politici_a_danno_degli_abitanti_e_del_territorio.pdf
    e quanto a Torino chiediti chi ha gestito lo smantellamento della grande e media industria e come il PD e buona parte dei sindacati torinesi sono stati complici dei ladri Agnelli & C. al pari del signor Chiamparino, Fassino e altri ancora … ma dove sono gli intellettuali a ricercatori che hanno scavato su come i dominanti di Torino e Gneova e altre città hanno fatto dell’Italia quella che ora … è governata dai Salvini e dai grillini

    saluto
    turi palidda
    https://independent.academia.edu/eunoturi/CurriculumVitae

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