Torino: il Canale Molassi e la ricollocazione dei poveri

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Il 28 gennaio 2019 in Consiglio comunale, con una notevole vis polemica, la sindaca Appendino difendeva a spada tratta l’iniziativa assunta dalle Giunta di Torino di spostare i poveri che al sabato si dispongono nel Canale Molassi (dietro l’Arsenale, in zona Balon, pieno centro per chi non conosce Torino) per vendere i loro beni: spostarli dal Canale Molassi in via Carcano, periferia nord di Torino. Le motivazioni: mancanza di sicurezza e mancanza di infrastrutture. Il video è riportato all’interno di un servizio girato per Il Fatto Quotidiano da Simone Bauducco. La sindaca, nel suo veemente discorso, invitava i consiglieri di andare a vedere le condizioni del Canale Molassi.

Il mercato del Balon da sempre è il mercato degli ultimi, e chiunque abbia un minimo di onestà intellettuale può confermare la storicità di un fenomeno che oggi, in troppi, fanno rientrare nel sempre più ampio perimetro del degrado. Il Balon è stato inquadrato nella povertà dei piccoli commercianti che espongono le loro mercanzie.

A Porta palazzo sono arrivate, fin da quando è sorto il quartiere, legioni di poveri: prima i forestieri della provincia di Torino, poi i meridionali, poi tutti gli altri dal mondo che si apriva. Un polmone che ha impedito per decenni e decenni ai miserables di ogni tempo di finire dentro un ghetto isolato, lontano dal cuore della città. Il mercato del Balon, quello che oggi si vuole spostare ai margini della città, dietro a un cimitero, nel nulla, è stato lo strumento di sopravvivenza per centinaia di migliaia di esseri umani, che lì potevano comprare, vendere, essere parte di una comunità. Senza una rete intorno le comunità collassano. Però prima si scannano tra di loro.

Oggi, quella funzione integrativa, pare non serva più: oggi i poveri devono essere spostati un po’ più in là e basta, magari dove esistono già enormi sacche di mala integrazione, siano essi italiani, africani, asiatici, bianchi, neri, gialli, rossi.

Esistono quartieri che sono enormi discariche umane, perché il processo di espulsione dal centro, o da quartieri che possono generare da sé lavoro e integrazione, pare non avere alcun ripensamento. Nonostante la pericolosità sociale di questo fenomeno ormai dilagante.

Noi parliamo a ragion veduta. In qualità di frequentatori al sabato del Balon e del Canale Molassi. E possiamo affermare in tutta tranquillità che il Canale Molassi (in realtà è via Vittorio Andreis 18) è un posto sicuro. È nient’altro che una strada lastricata con ciottoli di fiume, come buona parte del Balon. All’inizio, partendo da via Andreis, la via è larga e i poveri si dispongono sui due lati; poi si restringe e i poveri stanno solo sul lato destro, infine confluisce in uno slargo dove inizia via del Fortino, dove i poveri si dispongono in ogni dove. Sicuro, intendiamo, per i poveri che espongono su dei tappeti (raramente su dei banchetti) i loro beni in vendita. Magari non sicuro per chi frequenta. Ma tutto il Balon al sabato è frequentato da ladruncoli occasionali.

Le infrastrutture. Vorremmo capire di quali infrastrutture dovrebbe essere dotata quest’area. Sicuramente i servizi igienici, non ne vediamo altri. Ma essi ci sono. Non sono il massimo per la pulizia, ma quelli di piazza Benefica (il mercato chic di Torino) sono altrettanto sporchi, ve lo assicuriamo, ma ci si guarda bene dallo spostare gli ambulanti che sborsano migliaia di euro per l’occupazione dello spazio pubblico. I poveri del Canale Molassi invece pagano una piccola tassa a un’associazione torinese, Vivi Balon, che a sua volta pagherà qualcosa, immaginiamo, per l’utilizzo del suolo pubblico. Infatti, un cartello avverte: «Area di libero scambio. Tutti i sabati dalle ore 4 alle ore 16».

La famosa “roba rubata” di cui molto si parla quale sarebbe? Esiste un controllo, che segue un regolamento, che prevede che al Balon non possano essere venduti oggetti a rischio ricettazione. Ed è così, dato che prevalentemente si trovano oggetti recuperati dai rifiuti: un vero e proprio riciclo che in questi tempi di, falso, ambientalismo, dovrebbe essere premiato e non sabotato.

È un posto che crea sicurezza all’intera comunità, anche a quelli che al Balon non andranno mai: perché permette a coloro che vivono sul bordo del crinale di avere un reddito, salvandoli dal sempre più vasto mondo dei sommersi.

Ma torniamo al discorso della sindaca che, dopo aver denunciato mancanza di sicurezza e infrastrutture, con una sorta di excusatio non petita afferma che la Giunta non vuole togliere i poveri da lì, ma anzi gli vuole fornire un’area in cui il loro mercato avrebbe la possibilità di svolgere la sua funzione.

Anche questa è, a tutta evidenza, una giustificazione che non sta in piedi. Noi al Canale Molassi ci andiamo quando al sabato andiamo a comprare la frutta e la verdura al Balon, oppure andiamo a fare due passi in centro. In via Carcano non ci vedranno neanche coi binocoli. E, come noi, sicuramente, la stragrande maggioranza di chi frequenta questo mercato. E i poveri, che non hanno soldi ma hanno cervello, infatti dal Canale Molassi non se ne sono ancora andati, e il provvedimento sindacale ad oggi è rimasto lettera morta. Questo perché il luogo dove vogliono spostarli – già oggi vanno la domenica mattina e fanno magrissimi affari – toglie la possibilità di avere un reddito degno.

Voi andreste a fare un mercato su una spianata di cemento dietro a un cimitero, in mezzo ai capannoni, senza un bar nelle vicinanze, tra le lapidi funerarie in pietra in procinto di essere messe sull’ultima dimora di chi passa a miglior vita? Come è possibile sostenere una posizione così e dire che questo sia una miglioria?

Non vogliamo fare della dietrologia (dietro al Canale Molassi c’è il top della cultura torinese con la scuola Holden di Baricco, in cui è entrato Farinetti, e adesso Feltrinelli), ma di certo vorremmo capire le vere ragioni che stanno a monte della decisione della Giunta, visto che quelle denunciate hanno i piedi di argilla. E le vere ragioni potrebbero essere semplicemente e banalmente il fastidio che i residenti e gli ambulanti “ricchi” hanno per questi quattrocento “straccioni” multietnici. Ma non solo: perché dal Balon è chiaro che si vuole estrarre valore rimodellando la sua composizione sociale. Il quartiere è architettonicamente bellissimo, e “fatto il repulisti” i valori immobiliari volerebbero. Nessuna novità nella storia dell’umanità.

Inoltre la pulizia può essere pagante in termini elettorali. Forse la ragione dell’ordinanza sta nel comunicato congiunto delle Associazioni e Comitati Riuniti di Porta Palazzo, Associazione Commercianti Balon e Associazione Cortile del Maglio: «È apprezzabile la linea tenuta delle istituzioni di non retrocedere rispetto alla delibera e la volontà di arrivare quanto prima ad una soluzione del problema […] Siamo assolutamente fiduciosi che entro pochissimo tempo si arriverà a uno spostamento condiviso, senza tensioni o scontri di piazza, che migliorerà la qualità della vita di tutti tenendo in considerazione le esigenze delle fasce più deboli della popolazione con numerosi miglioramenti sulla nuova area di collocazione. Le nostre realtà offrono il massimo supporto a Prefetto e Sindaca per portare a compimento le operazioni di ricollocazione nel modo più sereno possibile». Ecco, i poveri devono essere ricollocati.

Gli autori

Fabio Balocco

Fabio Balocco, nato a Savona, risiede in Val di Susa. Avvocato (in quiescenza), ma la sua passione è, da sempre, la difesa dell’ambiente, in particolare montano. Ha collaborato, tra l’altro, con “La Rivista della Montagna”, “Alp”, “Meridiani Montagne”, “Montagnard”. Ha scritto con altri autori: "Piste o peste"; "Disastro autostrada"; "Torino. Oltre le apparenze"; "Verde clandestino"; "Loro e noi. Storie di umani e altri animali"; "Il mare privato". Come unico autore: "Regole minime per sopravvivere"; “Poveri. Voci dell’indigenza. L’esempio di Torino”; "Lontano da Farinetti. Storie di Langhe e dintorni"; "Per gioco. Voci e numeri del gioco d'azzardo". Collabora dal 2011, in qualità di blogger in campo ambientale e sociale, con Il Fatto Quotidiano.

Maurizio Pagliassotti

Maurizio Pagliassotti, scrittore e giornalista, scrive per “Il Manifesto”. Ha pubblicato, presso l’editore Castelvecchi, «Chi comanda Torino» (2012) e «Sistema Torino, sistema Italia» (2014).

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