Venaus è un piccolo paese della Val Cenischia (posta lateralmente alla Val Susa) di 900 abitanti, sito a valle delle montagne a 600 metri sul livello del mare. Lì, nel 2005, era programmato lo scavo del tunnel geognostico propedeutico alla galleria di base della nuova linea ferroviaria Torino-Lione. E lì, tra il 6 e l’8 dicembre di quell’anno, vennero scritte pagine fondamentali e vincenti nella storia dell’opposizione al TAV (v. Venaus, resistere e cambiare). Da allora si sono susseguite decine di iniziative tra cui il Festival Alta Felicità e un Centro di documentazione teso a conservare la memoria di un collettività che nella lotta al TAV ha saputo leggere la sua storia che riporta alla Resistenza, alle battaglie pacifiste degli anni Settanta, a quelle per il lavoro e alle precedenti lotte per la difesa dell’ambiente (v. Tracce No TAV).
Oggi la storia di Venaus si è arricchita di un’altra pagina nel cammino verso un altro mondo possibile (v. Un altro mondo possibile oggi).
È stato scelto il giorno della festa patronale, San Biagio e Sant’Agata, per l’inaugurazione della nuova scuola, con il paese vestito a festa, anche la fontana di fronte alla chiesa tutta inghirlandata, il municipio, i balconi delle case. E poi la banda musicale e gli spadonari.
La tragedia della scuola crollata a San Giuliano di Puglia, ventisette bambini e una insegnante morti, aveva imposto controlli sugli edifici scolastici. Nel 2010 la verifica sismica era stata affidata a una società di Cuneo molto competente. Alle dieci di sera, racconta il sindaco Nilo Durbiano, l’ingegnere telefona e in modo perentorio intima: «Domani mattina lei deve fare evacuare tutta la scuola». Punto. La costruzione della vecchia scuola, realizzata grazie a una donazione giunta dal cielo, era chiacchierata. Provvidenza per provvidenza era stato normale, come si usava allora, andare dal vescovo, monsignor Garneri, il quale aveva benedetto e suggerito (con tanto di lettera inviata al Comune) il nome di un costruttore capace. L’asilo era stato costruito e inaugurato. In seguito, nel 1980, era stato aggiunto un secondo piano con la scuola elementare. L’ingiunzione a sgomberare era avvenuta improvvisamente ed era iniziato il percorso della vita della scuola nei containers.
Racconta il maestro elementare Paolo Bertini: «Per abbellire, all’entrata abbiamo disegnato dei cartelloni con il mare, il cielo azzurro. Parliamo molto di quello che succede nel mar Mediterraneo, degli sbarchi, delle guerre, ma non ci era mai capitato di confrontarci direttamente. Un giorno suonano alla porta e andiamo ad aprire. C’era una impiegata del Comune che teneva per mano una bambina curda, Leila. Ci ha detto che dovevamo inserirla a scuola, poi ha chiuso la porta. Ci siamo guardati. Lei non conosceva una parola di italiano e noi non una parola di turco. Non sapevo cosa fare. Ho preso tempo pensando: vediamo cosa succede. Qualche giorno dopo ho visto che lei giocava tranquillamente con gli altri bambini. Mi sono detto: «Se ce la fanno loro sarò pure capace anch’io», e così ho cominciato. Adesso lei qualche parola comincia a dirla. Io ho imparato a contare in turco fino a dieci».
Intanto il sindaco Nilo Durbiano non ci dorme la notte per capire dove trovare i soldi per la scuola.
Nel 2005 (Governo Prodi), nell’ultima finanziaria, era stata inserita una norma per la determinazione di una nuova rendita catastale degli immobili con l’inclusione degli “imbullonati”, vale a dire dei macchinari e degli impianti ancorati al suolo o incorporati nella costruzione ma che possono essere smontati e trasferiti. A rilevare la notizia è Anna la moglie di Nilo che lavora al Comune di Susa. Non è dato sapere quando ha raccontato questa novità. Forse mentre lavava l’insalata, oppure quando cenavano. Fatto sta che al sindaco di Venaus si accende la lampadina pensando a tutti gli “imbullonati” presenti sul suo Comune a partire dalle centrali elettriche: «Ci ho messo sei mesi per convincere il mio ragioniere e il segretario comunale. Mi pareva una cosa grossa. Poi finalmente si sono convinti. Abbiamo fatto una ricerca su internet e visto che il Comune di Porto Tolle per una mega centrale sul suo territorio portava a casa 5 milioni di euro l’anno. Il mio Comune fra ICI e IMU portava a casa 150 mila euro, e di questi l’Enel ne pagava 35 mila».
Il trio composto da sindaco, segretario e ragioniere, comincia a pensare come porsi di fronte al colosso Enel. È chiaro che loro sono piccola cosa. Venaus non può reggere al confronto. Ma anche qui nasce una idea ed è quella di accollare il tutto all’Ufficio del catasto preposto a queste verifiche. Racconta il sindaco: «Prendiamo appuntamento con il dirigente e andiamo a Torino. Ovviamente gli facciamo una testa così parlando di questo come un caso di vita o di morte. Sposano la causa e tre funzionari vengono a Venaus. Il conteggio porta a una tassazione di 240 mila euro all’anno. L’Enel paga per il primo anno. Per le rate successive la storia si intriga ma alla fine il Comune vince tutte le cause. E la scuola si fa anche con il contributo della Regione».
La prima pietra dell’edificio era stata messa il 1 ottobre del 2017.
Il discorso emozionato del sindaco era iniziato con un ringraziamento alle autorità presenti per poi entrare nel concreto del messaggio: «Venaus per lunghi anni è stato il paese delle Centrali elettriche. Lo siamo ancora, ma vogliamo essere qualche cosa di più, stiamo crescendo dal punto di vista dell’economia turistica, nel campo naturalistico e culturale ma non basta. Noi tutti abbiamo deciso che la scuola, la nostra scuola dovrà essere un fiore all’occhiello di Venaus. Ho detto “noi tutti” in quanto questo progetto è voluto realmente da tutti, maggioranza e minoranza. Ognuno sta dando il suo contributo, proprio a significare che questa sarà una scuola di comunità. Una comunità allargata, aperta, per questo stiamo lavorando sin dalle sue fondamenta per una scuola d’eccellenza, sia negli spazi che nei contenuti. Una scuola sicura, antisismica e antincendio, priva di barriere architettoniche. Una scuola ecologica, energeticamente autonoma, che raccoglierà le acqua piovane, che sfrutterà l’energia idroelettrica prodotta da una turbina sull’acquedotto. Una scuola con una cucina e una mensa sul posto per una corretta e giusta educazione alimentare. Una scuola con gli orti didattici, per non perdere le nostre radici. Una scuola con lavagne L.I.M collegate con fibra ottica in modo che non sia una scuola di montagna nella sua accezione bucolica e spesso negativa, ma sia una scuola nel mondo per il mondo. Infine una scuola aperta che vedrà i laboratori di informatica e la palestra aperte a tutti, compatibilmente con le esigenze scolastiche». Il sindaco aveva chiuso il suo discorso presentando il piano di spesa, 3.000.000 di euro e le relative coperture. Aveva assicurato che la data fine lavori sarebbe stata rispettata e stoppato eventuali critiche sui costi alti: «La scuola, l’istruzione e la cultura sono un investimento e un valore infinito per tutti noi».
È domenica 10 febbraio 2019, festa patronale, quando si dà il via alla festa per l’inaugurazione della scuola. Dopo il discorso emozionato del sindaco che coglie l’occasione per salutare la sua comunità dato che non potrà ripresentarsi nelle prossime amministrative prende la parola il maestro Paolo Bertini:
«Mentre viviamo tempi di derive nichiliste che sembrano negare ogni approdo a un diverso possibile, l’ostinarsi a voler costruire una scuola è un atto che ha dell’eroico. Questo edificio assume la forma concreta di un’opportunità di futuro, ma soprattutto diventa un’ipotesi di ribellione e di resistenza contro l’omologazione delle idee. Mentre intorno si erigono muri volti a difendere fragili identità culturali fondate sull’intolleranza, sulla paura e sull’incertezza del domani, costruire una scuola diventa invece un atto di sfrontata apertura, un’ipotesi di speranza senza riserve in un altrove che se desiderato e inseguito con volontà e determinazione può risultare ancora possibile. Per queste ragioni noi insegnanti cerchiamo di fare del nostro meglio affinché tra queste mura i bambini imparino, oltre al leggere, allo scrivere e al fare di conto soprattutto a sognare».