La notizia non ha guadagnato la prima pagina dei grandi giornali di informazione ma merita di essere segnalata, soprattutto nella stagione politica che attraversano l’Italia e l’Europa. Venerdì 5 ottobre nel Parco delle Memorie a Lanciano, in Abruzzo, è stato inaugurato un monumento, unico in Italia, per ricordare la persecuzione razziale di cui furono vittime Rom e Sinti in Germania e in Italia tra il 1940 e il 1945 e per contribuire ad evitare il ripetersi di quell’orrore.
Il monumento, in pietra della Majella, rappresenta una donna con un bambino in braccio, con la gonna impigliata nel filo di ferro, che riesce a liberarsi e a continuare il viaggio. Accanto una ruota, simbolo del viaggio, della libertà di essere e di sognare. L’opera è stata realizzata dallo scultore abruzzese Tonino Santeusanio grazie a una raccolta fondi promossa, tramite un comitato internazionale, da Santino Spinelli, artista e docente universitario, ambasciatore della cultura rom nel mondo anche con la musica del suo Alexian Group, con la collaborazione, tra gli altri, del Comune di Lanciano, dell’Anpi e – significativamente – dell’Unione delle comunità ebraiche.
Dice Spinelli: «Solo nel 1980 il Governo tedesco ha riconosciuto ufficialmente il tentativo di genocidio subìto dalle persone appartenenti alla minoranza durante il nazismo. In Italia non è stato dato ancora nessun riconoscimento ufficiale per le persecuzioni su base razziale subite durante la dittatura fascista. La legge 211 del 2000 che istituisce il Giorno della memoria non ricorda il tentativo di sterminio subìto da Sinti e Rom. Ma oggi esiste una documentazione inequivocabile per affermare che le persone appartenenti alla minoranza furono, insieme al popolo ebraico, vittime di un tentativo di genocidio di matrice razziale».
Lo sterminio di Rom e Sinti, definito in lingua romanì Porrajmos (devastazione) e Samudaripen (tutti morti), è sconosciuto ai più o misconosciuto. Eppure è stato una realtà, tra il 1940 e il 1945, in Germania e anche in Italia.
Si calcola che, durante il regime nazista, siano stati uccisi, tra fucilazioni di massa ed eliminazione nei campi di sterminio oltre 500.000 zingari. Scrive, al riguardo, Liliana Segre, sopravvissuta alla Shoah, in una lettera inviata, per l’occasione, al presidente dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali Luigi Manconi: «Io ricordo, perché io c’ero. C’ero in quei campi di sterminio in cui, insieme agli ebrei anche altre minoranze vennero annientate. E dire che ad Auschwitz inizialmente la condizione dei prigionieri nel “lager degli zingari” aveva suscitato la nostra invidia. Lì non erano stati separati gli uomini dalle donne, gli abili al lavoro dagli inabili, e le famiglie erano unite e avevano conservato anche i loro vestiti. Sentivamo le loro voci, le voci dei bambini, li consideravamo privilegiati. Ma una mattina non li sentimmo più e nelle loro baracche vuote regnava un silenzio spettrale. Durante la notte erano stati condotti nelle camere a gas».
Quanto all’Italia, l’11 settembre 1940 il Ministero degli Interni diffuse un telegramma che disponeva l’internamento di Rom e Sinti, dando l’avvio a una sistematica persecuzione. Aggiungeva il telegramma: «Disponesi che gli zingari di nazionalità italiana certa o presunta ancora in circolazione vengano rastrellati nel più breve tempo possibile e concentrati sotto rigorosa sorveglianza». A seguito di quelle disposizioni ricorda Spinelli «vennero istituiti campi ovunque dove gli internati furono costretti in condizioni difficili, spesso disumane».
La costruzione del monumento a Lanciano è particolarmente importante oggi, quando c’è, anche nel Governo, chi evoca, per gli zingari, schedature e allontanamenti. Come è stato detto nell’occasione. È un impegno, «un avvertimento severo contro i rigurgiti xenofobi e razzisti di questi tempi, contro gli errori e orrori umani». Con la consapevolezza che, nonostante tutto, come ha scritto Karl Stojka, rom austriaco sopravvissuto all’internamento a Birkenau:
«Noi Rom e Sinti siamo come i fiori di questa terra.
Ci possono calpestare,
ci possono eradicare, gassare,
ci possono bruciare,
ci possono ammazzare –
ma come i fiori noi torniamo comunque sempre»