Non si sa da dove cominciare per raccontare. Festival ad Alta Felicità. Se fosse un video si farebbe una lunga carrellata delle centinaia e centinaia di tende montate nei prati. Se fosse uno Chef potrebbe descrivere i tanti punti di ristoro dove si sfornavano panini, paste, sangria, macedonia, prelibatezze da fornelli in lotta (cibo preparato da un esercito di persone che hanno dato la loro disponibilità a lavorare – gratis – con turni massacranti). Se fosse un elettricista potrebbe vantarsi dei punti luce, tutti perfettamente a norma. Così come il lavoro di falegnami, carpentieri montatori. Se fosse un addetto alla sicurezza saprebbe quanti stuart con il patentino regolari erano presenti (fra questi molti vigili del fuoco in pensione che conoscono bene il mestiere). Un antropologo potrebbe analizzare la contaminazione fra persone diversamente giovani e giovanissimi, insieme a lavorare, spostare, tagliare e chiacchierare.
Se fosse un geografo potrebbe divertirsi a contare quante città d’Itala sono presenti con ragazzi, famiglie, persone provenienti da Catania, Parma, Milano, Pisa, Brescia, Roma, Napoli, Firenze, dalla Francia dalla Spagna eccetera. Venute non solo per seguire il festival, ma per “lavorare”. Un sociologo avrebbe annottato i diversi momenti di confronto, dal clima al lavoro, dai migranti alle disabilità alle questioni di genere… Uno spazio libero, ma allo stesso tempo protetto, dove potevano transitare giochi in libertà di bambini, carrozzine per disabili, rugbisti, giocolieri e senza paura di giudizi, teneri amori fra ragazze e innamoramento fra ragazzi mano nella mano.
Se fosse un discografico sarebbe sorpreso dalla diversità di proposte musicali da Miss Keta al Coro degli Alpini di Rivoli. Fino a Diodato con il suo “Fai rumore”. E, in effetti, domenica un po’ di rumore è stato fatto, al cantiere di Chiomonte e al nonluogo di San Didero, tanto per ricordare la contrarietà a questo progetto. Come sempre i no Tav sono stati accolti con pioggia di lacrimogeni tanto che Amnesty ha voluto ricordare gli standard di diritto internazionale: «una protesta pacifica, seppur attraversata da circoscritti atti di violenza, resta pacifica e le forze di polizia devono garantire che possa proseguire tutelando anche le persone che vi partecipano».
Se fosse un filosofo darebbe per raggiunto l’obiettivo presentato da Andrea in conferenza stampa: «il raggiungimento del sogno visionario». Per essere liberi c’è bisogno di verità – è stato detto – e anche per questo non c’era posto migliore dove ricordare Andrea Purgatori, esprimendo l’immenso senso di gratitudine «per l’ostinazione, per la ricerca instancabile di verità nascoste. Purgatori ha scelto da che parte stare senza mai abbandonare arte talento e ironia». Non cambierà il mondo, quel testo di saluto scritto da Tiziana e letto da Antonietta dal palco di un piccolo paese come Venaus, dove si svolgevano gli incontri “culturali”. Ma l’applauso dirompente ha fatto bene al cuore di tutti.
Non cambierà il mondo questo festival fatto da tante persone provenienti da mondi diversi. O forse lo sta già cambiando. Un fiume carsico di energie che esiste tutto l’anno. Persone che si occupano e organizzano in valle altri eventi, piccoli e grandi: pro loco, sagre, biblioteche, feste di paese e che poi confluiscono nell’evento di luglio ognuno portando la sua specificità.
Hanno tentato in ogni modo di bloccare l’ottava edizione del Festival ma ad ogni articolo di giornale saliva la consapevolezza che quello spazio andava difeso. Nella notte fra il 5 e 6 dicembre 2005 era stato il parroco di Venaus a suonare le campane per chiamare a raccolta la popolazione e difendere il presidio. Questa volta le campane le hanno suonate i giornali. Una pubblicità enorme ha permesso di trasformare la Borgata 8 dicembre (il nome per ricordare la memorabile giornata della liberazione di Venaus), ancora una volta in un grande palco a cielo aperto di persone che hanno intenzione di prendere in mano il loro futuro e lottare per il bene comune.
La felicità e la lotta della Valle fanno sempre più rumore. Ora riecheggiano al di qua e al di là di quelle Alpi che qualcuno si ostina a voler traforare da parte a parte. In Italia come in Francia sono in tantissimi ad aver capito che questo mega tunnel inutile e dannoso deve essere fermato. La pensa così Éric Piolle, sindaco di Grenoble che ci ha fatto una grandissima sorpresa venendo al Festival e salendo sul palco per ribadire la contrarietà a questo progetto anacronistico. È una ventata di aria fresca quella che arriva dalla Francia, che coinvolge città, associazioni e cittadini in movimento che hanno animato i dibattiti del Festival. Speriamo possa soffiare fino a Torino e a Roma, per spazzare via le idee stantie con cui ci ammorba da anni la politica inconcludente delle grandi opere. Nella Valle che resiste clima, diritti, acqua, comunità sono al centro del dibattito. Perché se fosse una tromba, l’Alta Felicità ci suonerebbe la sveglia. E suonerà ancora e ancora.
(Le foto sono di Luca Perino)
Questa magnifica “narrazione” ha raccolto/narrato la magia di quei giorni incredibili e bellissimi con tantissimi giovani e non arrivati da tutti Italia e addirittura una famiglia da Desdra – Germania – che, per la seconda volta ha voluto venire al Festival. Un grazie a tutti per la perfetta sincronia nell’organizzazione! Al prossimo Festival Felici e Contenti!!!!!!