Nel Consiglio del Dipartimento di Politiche, Culture e Società dell’Università di Torino del 7 giugno, è stato presentato un accordo di ricerca con TELT, ente promotore del TAV Torino-Lione, per il monitoraggio dell’ambiente sociale intorno alle grandi opere. La bozza di accordo riguardava la seconda parte di un progetto portato avanti tra 2020 e 2021 insieme a TELT da diversi Dipartimenti, tra cui CPS (all’interno del quale si era palesata già al tempo una certa opposizione). Questa seconda convenzione prevedeva un finanziamento di 42.000 euro da parte di TELT al nostro Dipartimento per svolgere un’attività di controllo del lavoro del team di ricerca di TELT stessa. Questa serie di accordi non è la prima che TELT stringe con dipartimenti del nostro Ateneo, cercando di legittimare il proprio operato mentre promuove soprusi ambientali e repressione fisica, politica e mediatica. Ricordiamo, tra gli altri, il caso del green washing costruito sulla salvaguardia della farfalla Zerynthia Polyxena negli scorsi anni con la complicità del Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi: l’accordo era finalizzato alla realizzazione di un corridoio ecologico che permettesse il trasferimento di una specie animale protetta da normativa europea la cui presenza era d’intralcio all’allargamento del cantiere TAV a Giaglione. Gli interventi non hanno portato alcun beneficio ambientale, ma sono stati l’ennesimo tentativo di ripulire l’immagine di TELT, la quale ha presentato come operazione ambientalista un’opera di tutela minima (peraltro fallita) a cui era costretta da normative ambientali.
In quel caso, come in questo e come in molti altri, TELT (ma anche molti altri soggetti pubblici e privati dalla reputazione traballante) coinvolgono soggetti accademici rilevanti non perché siano davvero interessati al risultato del loro lavoro, ma per legittimare il proprio operato agli occhi dell’opinione pubblica e della comunità accademica.
Sappiamo tutti/e bene quel che si cela dietro l’academic washing (come l’ha efficacemente definito il Collettivo Metamorfosi in un’interessante analisi della collaborazione tra Frontex e il Dipartimento Interateneo di Scienze del Territorio) di TELT. Il TAV rappresenta una grande opera inutile e dannosa che sta causando e causerà gravi danni ambientali e alla salute dei cittadini e delle cittadine. Tali danni non sono né saranno compensati dall’impatto infrastrutturale, che si prevede essere molto inferiore alle stime iniziali. Rapporto inverso vale invece per le stime di spesa che, in continua crescita, ad oggi ammontano a 14 miliardi di euro. Denaro in gran parte sottratto a destinazioni d’uso che sarebbero state ben più necessarie, nei territori coinvolti e non solo: costruzione di scuole ed ospedali e messa in sicurezza del territorio. Il coinvolgimento dei team pubblici di ricerca si inserisce nella narrazione basata su dati falsi, parziali, non aggiornati e tendenziosi che ormai da decenni sostengono la realizzazione del TAV. Realizzazione che ha da sempre ricevuto larghissima opposizione da parte delle popolazioni e delle amministrazioni dei territori su cui l’opera andrebbe a insistere. Tale opposizione ha sempre subìto una gravissima, sproporzionata e ingiustificata repressione da parte delle forze dell’ordine e l’accanimento da parte di alcuni esponenti del sistema giudiziario poi finiti sotto inchiesta per corruzione in atti giudiziari. Si potrebbe infine citare il ruolo, ampiamente dimostrato, di associazioni di stampo mafioso all’interno del sistema di subappalti intorno ai cantieri TAV.
Per tornare all’accordo specifico, non abbiamo potuto fare a meno di notare la triste ironia della volontà di monitorare l’ambiente sociale in una valle che subisce un vero e proprio controllo sociale da parte delle istituzioni tramite la militarizzazione del territorio. Per questi motivi, martedì scorso ci siamo organizzati/e con studenti, dottorandi/e, afferenti temporanei/e, ricercatori e professori del Dipartimento per bloccare questa ennesima collaborazione con TELT. Tutti/e insieme abbiamo costruito una forte opposizione nella seduta, esprimendo le riflessioni che riportiamo anche in queste righe, e abbiamo trovato molte altre persone concordi sulle nostre preoccupazioni e la nostra rabbia. Solo alcuni membri del consiglio, tra quelli in posizione di potere, hanno provato a sostenere l’accordo, aggrappandosi alla libertà di ricerca e alla necessità di approfondire ogni tema e di interagire con ogni soggetto, cercando di negare la politicità della ricerca. Questi riferimenti ignorano il ruolo che ha quella che di fatto si configura come una committenza, ovvero il potere di limitare proprio la libertà di ricerca, l’indirizzo dei lavori, la formulazione e la divulgazione dei risultati. Senza considerare che, per la natura della convenzione, chi avrebbe dovuto svolgere il lavoro di controllo (il Dipartimento di CPS) sarebbe stato pagato direttamente dallo stesso soggetto del controllo (TELT). Libertà di ricerca non vuol dire mettersi al servizio di qualsiasi soggetto a qualsiasi costo, ma poter svolgere la propria attività sperimentale liberi dal ricatto della precarietà, dalle logiche di profitto, di concorrenza e di produttività forzata.
Il dibattito è stato importante e, alla chiusura delle votazioni telematiche, è risultato che la maggioranza dei presenti non ha approvato l’accordo, che non potrà quindi essere attuato. Ci siamo opposti/e a questa approvazione in Consiglio come ci opponiamo al TAV nelle piazze. Dentro e fuori il nostro ruolo di rappresentanza, ostacoliamo l’avanzata delle grandi opere inutili e dannose e denunciamo i tentativi di coinvolgere le Università per ripulirsi la faccia. Rifiutiamo una ricerca universitaria finanziata da soggetti responsabili della devastazione ambientale e della repressione della popolazione, come da chi sfrutta i lavoratori, investe in armamenti e combustibili fossili e viola i diritti umani.
Il ruolo della terza missione deve essere di ascolto del territorio per poter agire in suo supporto. Vogliamo costruire un’università dal basso che investa in una ricerca sostenibile e solidale, e abbiamo dimostrato di poterlo fare. In quest’ottica ci sentiamo di lanciare un appello a ogni componente della comunità accademica per riflettere insieme, dal basso, sul ruolo e il peso della ricerca applicata. Riconosciamo in maniera critica il potere e il valore politico che accompagnano ogni attività accademica per trasformare il reale, rendendolo più giusto, equo e accessibile.