Te lo do io il TAV!

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Nel drammatico quadro determinato da due anni di pandemia e dalla crisi energetica aggravata dalla guerra Russia-Ucraina è sempre più stridente l’assurdità di investire ingenti risorse nella Nuova Linea Ferroviaria Torino-Lione, la cui inutilità e antieconomicità è conclamata. Le lobby politico-imprenditoriali del partito trasversale degli affari non mollano ma, nonostante questo accanimento e la grancassa dei proponenti (almeno di quelli italiani), gli ostacoli alla realizzazione dell’opera non mancano.

Una premessa. In un’audizione al Senato francese nel febbraio 2021, l’allora presidente di TELT, Hubert du Mesnil, ha dichiarato testualmente: «Non mi sento in grado di decidere quale sia la curva di traffico che giustifica l’esistenza del tunnel. Dopo la crisi finanziaria del 2008 e il calo del traffico che ha causato, si è pensato che il progetto non fosse più giustificato. Ma due o tre anni dopo, il traffico aveva ricominciato ad aumentare. Questi sono di nuovo tempi difficili. Sono totalmente incapace di fare qualsiasi tipo di previsione. Gli studi devono essere fatti, certo, ma non spetta a loro dettare quella che è innanzitutto una decisione politica». Tradotto: ogni previsione di crescita del traffico è inaffidabile, e la politica decide a prescindere. Fino a quando?

In Italia intanto l’intraprendenza del nuovo commissario straordinario per l’asse ferroviario da Torino al confine francese Calogero Mauceri (nominato dal Governo nel febbraio 2022) e le manovre tese a dimostrare che la valle è pacificata puntano a rilanciare un progetto in realtà parcheggiato in un binario morto, pur se qualche appalto viene assegnato e alcuni lavori preliminari vanno avanti tra intoppi e ritardi (sia rispetto alle previsioni, sia rispetto agli impegni assunti con la Ue). I progetti delle varie tratte Tav, già fortemente ridimensionati nel 2016, devono fare i conti con gravi imprevisti, come il forte inquinamento del sito scelto per il cantiere italiano più grande, oltre che con un Movimento No Tav che non molla, nonostante una repressione militare e giudiziaria senza precedenti.

Conviene partire dallo stato dei lavori, cominciando da quelli per la tratta internazionale (cioè il tunnel di base a due canne). Sul lato francese a fine aprile 2022 risulta completato lo scavo della galleria geognostica tra le discenderie di La Praz e Saint Martin La Porte: essendo quest’opera in asse con il tunnel di base, potrà costituire i primi 10 Km di una delle due canne del tunnel. Sul lato italiano sono invece in corso esclusivamente le gare di appalto per le opere principali. Il 15 aprile 2022 vi è stata la prima assegnazione per i compiti di “direzione lavori ed alta sorveglianza” per il tunnel e per i cantieri nella piana di Susa. In concreto, però, si è ancora fermi a operazioni preliminari che incontrano non poche difficoltà e procedono a rilento. In particolare: nel cantiere di Chiomonte, da dove si dovrebbe effettuare lo scavo del tunnel di base, si sono realizzate poche opere a cielo aperto mentre nella galleria geognostica vengono scavate nicchie laterali allo scopo di consentire ai mezzi di cantiere in ingresso e uscita di potersi incrociare; a Salbertrand continua la rimozione di rifiuti pericolosi e la bonifica dei terreni sul sito destinato a ospitare il cantiere industriale per i conci del tunnel di base (ma l’operazione potrebbe richiedere dai 4 ai 7 anni e ciò ha spinto TELT a presentare una ulteriore variante di progetto che sposta a Susa parte delle funzioni previste a Salbertrand: ciò, peraltro, impone la liberazione di aree della piana realizzabile solo ricollocando l’autoporto della A32 a San Didero dove, nonostante l’apertura nell’aprile 2021 di un cantiere presidiato giorno e notte dalle forze dell’ordine, non è iniziato alcun lavoro ed è, anzi, stata revocata, nell’aprile 2022, la gara di appalto per l’opera).

Per le tratte nazionali francese e italiana, poi, siamo ben lontani da qualunque lavoro di realizzazione; c’è semmai da rimettere mano ai progetti, sempre che esista la volontà di farlo. Sul lato francese, per la tratta Saint Jean de Maurienne – Lyon i Francesi rimangono sulla posizione di sempre: non darebbe benefici economici e dunque un eventuale progetto è rinviato a data da destinarsi e comunque oltre il 2038, se mai i futuri volumi di traffico lo dovessero richiedere. Ad aprile 2019 l’allora Ministra dei trasporti d’oltralpe, Elisabeth Borne (oggi capo del Governo) ha sancito che per il traffico merci col tunnel di base la Francia avrebbe puntato sull’ammodernamento della ferrovia esistente tra Modane e Dijon (200 km a nord di Lyon). Questa deviazione compromette anche per l’Italia la possibilità di avere dalla Ue finanziamenti che erano stati fatti balenare per le tratte nazionali. Sul lato italiano, la volontà di rimettere mano ai progetti c’è “a prescindere”. Non potendosi fare affidamento su un progetto formale vero e proprio della tratta italiana (il preliminare del 2011 è morto in culla, mai approvato), il riferimento resta il disegno low-cost delineato nel 2016 dall’Osservatorio, che è però una semplice idea e non un progetto strutturato.

E c’è, poi, la questione dell’impatto climatico. La narrazione di comodo, tesa a creare consenso, secondo cui il TAV porterebbe via i TIR dalle strade con conseguente riduzione delle emissioni di CO2 nell’atmosfera ha sempre sorvolato sui dati reali, relativi sia alla fase di cantierizzazione che alle previsioni di traffico nella nuova linea. Eppure gli stessi dati e documenti prodotti dai proponenti (consultabili nel quaderno n. 15 dell’Osservatorio, pubblicato nel 2019) evidenziano l’insostenibilità, anche sotto questo aspetto, dell’opera.

In particolare, la fase di cantiere per la realizzazione del tunnel internazionale a due canne emetterebbe complessivamente 8 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti (fonte TELT). Il valore è indicato nella figura 51 a p. 105 del quaderno citato. In precedenza, tenendo conto anche delle vie di accesso, era stato indicato un valore di quasi 10 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti. La durata prevista del cantiere è di 12 anni (che, in precedenza erano 14: quaderno n. 8 pubblicato nel 2011). Ciò implica che, secondo gli stessi proponenti e ammettendo che lo scavo del tunnel inizi nel 2023, la conclusione della fase di emissioni nette aggiuntive si estenderebbe almeno fino al 2035 (senza contare che, secondo le statistiche, per opere complesse come lo scavo del tunnel di base, la durata è sempre superiore a quella preventivata). I proponenti, poi, ipotizzano che l’attivazione del tunnel di base comporterà un trasferimento del trasporto merci dalla strada alla ferrovia in misura tale da recuperare, con le minori emissioni di quest’ultima, i gas climalteranti (principalmente CO2) immessi in fase di cantiere in circa 15 anni dall’entrata in esercizio dell’opera e quindi non prima del 2050. Dopo tale data si avrebbe – sempre secondo i proponenti – un risparmio netto sulle emissioni dovute al trasporto lungo la direttrice. In realtà però i proponenti ipotizzano, per sostenere l’utilità economica dell’opera, un traffico merci in aumento lungo l’asse di collegamento Val Susa/Maurienne e, se così dovesse essere, dopo la fase iniziale, le emissioni nette tornerebbero a crescere al di sopra dei valori iniziali con lo stesso tasso di crescita del trasporto nel suo insieme. Ciò – merita aggiungere – senza considerare che il PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima) approvato in via definitiva il 17 gennaio 2020 fissa come obiettivo (p. 9 del documento) non l’aumento ma il contenimento della mobilità sia di passeggeri che di merci…

Riassumendo. Le emissioni di CO2 per lo scavo del tunnel di base (escluso tutto il resto) aumenterebbero di almeno 8 milioni di tonnellate fino al 2035. Tale crescita verrebbe compensata, considerando realistico il trasferimento del traffico da gomma a rotaia previsto dai proponenti, soltanto nel 2050. Raggiunto l’equilibrio le emissioni riprenderebbero poi ad essere maggiori di quelle attuali a causa dell’aumento del traffico. Ma l’Unione Europea, con il Regolamento 2021/1119, ha fissato per tutti gli Stati membri l’obiettivo vincolante di riduzione delle emissioni climalteranti (GHG) del 55% rispetto ai livelli del 1995, entro il 2030, e poi il raggiungimento della parità carbonica (zero emissioni nette) entro il 2050. Domanda: come si concilia tutto ciò con i vincoli imposti dalle stesse norme nazionali ed europee? Né vale l’obiezione che per una grande opera che fa crescere le emissioni ce ne sono altre che le riducono in modo che il bilancio sia negativo: per la decisiva ragione che di queste ultime grandi opere non v’è traccia alcuna. In conclusione: anche dal punta di vista delle emissioni di CO2 il TAV Torino-Lione è insostenibile.

V’è quanto basta per credere che, nonostante la grancassa mediatica delle lobby politico-imprenditoriali, il futuro della Nuova Linea Ferroviaria Torino-Lione resti assai incerto. In ogni caso le ragioni che dovrebbero indurre a soprassedere definitivamente sono più forti oggi rispetto a quelle di trent’anni fa.

Per una più ampia nota sul punto si veda, nel sito del Controsservatorio Valsusa, A che punto è il Tav Torino-Lione (https://www.controsservatoriovalsusa.org/tav-ilpunto-maggio-2022)

Gli autori

Controsservatorio Valsusa

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One Comment on “Te lo do io il TAV!”

  1. Come si diceva una volta…sempre sul pezzo! Grazie per le precise e attente analisi.
    Grazie. Valerio dalla Valsusa

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