Il blocco dei tornelli al casello di Avigliana del 3 marzo 2012 sull’autostrada Torino Bardonecchia, per cui è attualmente in carcere Dana Lauriola (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2020/09/18/dana-la-vendetta-del-tav/) ‒ più che un blocco, uno sblocco autostradale, perché l’azione velocizzò i passaggi delle autovetture ‒ fu un’azione di protesta del Movimento No Tav nei confronti della Sitaf spa, che gestisce l’autostrada A32, decisamente collaborativa con Telt per il cantiere Tav di Chiomonte.
La Sitaf mantiene, per i 73 km autostradali, tariffe più che elevate, in una forbice, a seconda delle classi degli autoveicoli, compresa tra 12.60 e 36,00 euro. Queste tariffe ‒ 25,20 euro per un’andata e ritorno tra Torino e Bardonecchia ‒ nei fine settimana causano l’intasamento delle due statali valsusine, perché molti torinesi, a suo tempo iperschierati sulla necessità di questa autostrada, non la utilizzano per l’elevato costo del pedaggio. In questo senso la manifestazione di cui si parla assume anche una valenza di disobbedienza civile contro tariffe speculative che di fatto limitano l’uso della A32, evitata, per una questione di costi, anche dalle decine di camioncini polacchi e rumeni che stanno rivoluzionando, nel silenzio generale dei media, il sistema trasporto merci.
Pochi mesi dopo la conferma della Cassazione della condanna a due anni di carcere di Dana per reati per i quali il codice penale prevede la possibilità di una pena minima di 15 giorni (https://volerelaluna.it/tav/2020/11/02/dana-i-giudici-e-lordine-costituito/), nel settembre 2020 l’autostrada Torino-Bardonecchia è diventata privata passando sotto il controllo del Gruppo Gavio che ha acquistato le quote azionarie Sitaf detenute dalla parte pubblica: Finanziaria Città di Torino holding (Fct holding) e Città metropolitana di Torino, che detenevano una quota complessiva del 19,35%. Questa autostrada, a suo tempo promessa come superstrada gratuita, costruita con i soldi pubblici ma che rispetto all’interesse pubblico ha sempre anteposto gli utili degli azionisti, è quindi stata completamente privatizzata a favore del Gruppo Gavio che adesso detiene il 67% della Sitaf, società che gestisce anche il tunnel autostradale del Frejus. Questa svendita dell’A32 e del Traforo del Frejus mostra la completa subalternità della parte pubblica italiana agli interessi privati (https://volerelaluna.it/politica/2020/07/21/autostrade-privatizzazioni-politica/): al di là dell’immediato incasso per la vendita delle azioni, infatti, il danno per la finanza pubblica ammonterà, nei prossimi anni, a cifre elevate per il successivo mancato incasso annuale dei pedaggi. Gli 800 euro di mancato incasso per la Sitaf a seguito dell’azione di protesta del 3 marzo 2012 ‒ che sono costati e costano il carcere, senza possibilità di misure di custodia alternative, a Dana e ad altri/e attivisti/e No Tav ‒ sono quindi ben poca cosa rispetto al danno per la collettività causata da questa privatizzazione che sicuramente non è una scelta “di buon governo”.
Il rapporto dei valsusini con la A32 non è mai stato dei migliori: l’autostrada prometteva sviluppo ma in realtà proprio nel periodo della sua costruzione ed entrata in funzione, si accelerò il processo di deindustrializzazione con la chiusura di molteplici aziende e conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro. Ci fu, a suo tempo, un’opposizione ma risultò indebolita dal miraggio di un futuro sviluppo legato all’infrastruttura e dalla promessa che sarebbe stata una superstrada non a pagamento. In ogni caso, con l’apertura del Traforo autostradale del Frejus nel luglio 1980 e il conseguente aumento esponenziale del passaggio dei TIR, non c’era alcuna possibilità di opporsi alla prima parte di quel progetto che vuole trasformare la Valle di Susa in un corridoio di transito.
Ora siamo di fronte al raddoppio del tunnel autostradale del Frejus. Solo chi è di parte e in malafede può affermare che il Movimento No Tav non sia stato contro il raddoppio del traforo ed è smentito dal fatto che i lavori, per bloccare la contestazione, sono stati effettuati dal versante francese. In realtà il Movimento No Tav ha sempre ben chiaro che il raddoppio del tunnel autostradale e la costruzione del nuovo tunnel ferroviario sono due aspetti di un unico progetto: trasformare la Valle di Susa in un corridoio su cui far convergere il traffico merci internazionale garantendo due opportunità tra loro parallele e complementari: trasporto su gomma o su ferrovia.
A breve il raddoppio sarà operativo e anche in questo caso sarà evidente l’ennesimo inganno dei politicanti, in primis del Partito democratico, i quali assicuravano che il raddoppio sarebbe stato realizzato solo ed esclusivamente per utilizzare la seconda canna per la messa in sicurezza del traforo e non per una nuova via di transito. Adesso è Umberto Tosoni AD di ASTM, la controllata del gruppo Gavio che gestisce in Italia ben 1423 km autostradali, ad essere chiaro con questa dichiarazione rilasciata a Repubblica: «L’acquisizione della maggioranza in Sitaf rappresenta una svolta industriale che permette di dotare la società di un azionariato stabile, con un azionista di controllo, che potrà investire in innovazione, qualità del servizio per gli utenti, tecnologia e info-mobility, su un asset strategico per il Paese che collega Italia e Francia e che dal 2021 vedrà anche il raddoppio della capacità trasportistica con l’apertura della seconda canna del Frejus».
Era possibile opporsi con maggior determinazione al raddoppio del tunnel autostradale? Facile a dirsi ma ben più difficile a farsi per una comunità e un Movimento già impegnati da 30 anni in uno scontro titanico per impedire l’assurda costruzione della nuova tratta ferroviaria Susa-Saint Jean de Maurienne.
In ogni caso il progetto delle due “opportunità complementari” in realtà è zoppo dato che la Francia non ha alcuna intenzione di costruire la tratta ad alta velocità tra Saint Jean de Maurienne e Lyon e ha rinviato al 2038 la valutazione se farla o meno. Lo ripetiamo da anni, la famosa tratta ad alta velocità Torino-Lyon in realtà si limita solo al progetto del tunnel di base tra Susa e Saint Jean de Maurienne, e un tunnel senza collegamenti ‒ e in Francia non esiste in merito alcuna progettualità ‒ non serve a niente: è solo un enorme spreco di risorse pubbliche! A non capirlo restano solo i politicanti piddini sempre in prima fila sul Sì Tav, per non lasciarsi scavalcare a destra dai politicanti del centrodestra nella rappresentanza delle lobbies del Sistema Torino che vogliono il tunnel di base, non importa se inutile, solo per fare cassa a danno della finanza pubblica.
Bravo!
Molto bello il gioco di parole tra blocco e sblocco per la montatura che è costata il carcere a Dana. Mi son sempre chiesto perché non processo non si sia dato tutto il rilievo necessario al fatto che non vi fu ostacolo ne rallentamento, quindi l accusa è falsa. Per la 2 canna, è per la nostra opposizione che è stata scavata dalla Francia
Vorrei contestare una affermazione contenuta nell’articolo, cioè il fatto che la Francia avrebbe rinviato al 2028 ogni valutazione e attività riguardanti la tratta nazionale francese della Torino – Lione.
In Francia, il Ministère de l’Écologie ha dato inizio l’anno scorso alla progettazione della tratta nazionale francese e ha identificato 5 ipotesi progettuali per tale tratta, come spiegato ad esempio da questo articolo del Dauphiné:
https://www.ledauphine.com/transport/2021/01/22/lyon-turin-cinq-scenarios-pour-les-acces-francais
A scopo informativo, è stato creato il sito
https://www.projet-lyonturin.fr
dedicato a “Lyon – Turin, section francaise”, dove è possibile ottenere ulteriore documentazione sul progetto.
Vorrei inoltre segnalare la riunione del 26 marzo del Coreper (Comitato dei rappresentanti permanenti), l’organismo che svolge il lavoro preliminare per conto della Commissione Europea per i provvedimenti da approvare nel parlamento europeo. Tra le decisioni prese nel corso della riunione, tre sono rilevanti dal punto di vista della Torino – Lione:
– gli stanziamenti europei per le tratte ferroviarie che interessano due paesi attraversandone i confini (“Cross-border link”) possono arrivare al 50% dei costi
– l’intera Torino – Lione è stata classificata “Cross-border link”, per cui anche le tratte nazionali italiana e francese godranno del finanziamento europeo del 50%
– la tratta internazionale con il tunnel di base riceverà un 5% di contributo aggiuntivo in virtù della gestione mista italo-francese del progetto attraverso TELT.
I documenti prodotti da Coreper sono disponibili in formato pdf al fondo di questa pagina:
https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2021/03/11/connecting-europe-facility-informal-agreement-with-european-parliament-on-the-post-2020-programme/
Quindi al livello italiano, francese e europeo la Torino – Lione continua a essere sostenuta e finanziata nella sua interezza.
Cortese Mauro
anche in Francia c’è uno scontro sull’opportunità o meno di costruire una nuova linea ferroviaria ad altà velocità per il proseguimento del tunnel di base, ma la data del 2038 non è solo uno scenario è un’indicazione precisa del CONSEIL D’ORIENTATION DES INFRASTRUCTURES.
Le allego uno stralcio di un articolo di Gianni Barbacetto (che può ritrovare per intero sul blog del giornalista oppure sul fatto Quotidiano); la traduzione della pagina 77 del rapporto del COI, e infine uno stralcio del rapporto Duron tratto dal quaderno 10 dell’ Osservatorio asse ferroviario Torino-Lione che vede il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
E tralascio di affrontare un altra importante questione: le ferrovie francesi Sncf hanno un debito enorme di 50 miliardi dovuto in gran parte proprio alle gestione delle linee ad alta velocità; anche questo problema è presente nel rapporto Duron.
Cordialità
Giovanni Vighetti
——–
Ma nel gennaio 2018 è stata presa in Francia una decisione che ribalta gli accordi: il Coi (Conseil d’orientation des infrastructures) presieduto dal deputato socialista Philippe Duron, decide di rimandare le opere del tratto francese a dopo il 2038. Lo scrive il Coi a pagina 77 del suo rapporto sulla mobilità francese: “Ritiene che non sia stata dimostrata l’urgenza di intraprendere questi interventi, le cui caratteristiche socioeconomiche appaiono chiaramente sfavorevoli in questa fase. Sembra improbabile che prima di dieci anni non vi sia alcun motivo per continuare gli studi relativi a questi lavori che, nel migliore dei casi, saranno intrapresi dopo il 2038”.
Un rinvio alle idi di marzo, o alle calende francesi. Intanto l’Italia paga di più il tunnel di base, finanziando di fatto la Francia in cambio di lavori che la Francia forse farà, “nel migliore dei casi”, dopo il 2038. Ci vuole davvero molto “amour” per fare da banca a Macron.
dal sito Gianni Barbacetto
RAPPORT DU CONSEIL D’ORIENTATION DES INFRASTRUCTURES PAG 77
Inoltre, il Consiglio osserva che per quanto riguarda le vie di accesso al tunnel Lione-Torino, le nuove infrastrutture previste in questo contesto tra Grenay e Saint-Jean-de-Maurienne mirano a migliorare la qualità del trasporto passeggeri per ferrovia. servizi per Chambéry, Grenoble, Annecy o anche Aix-les-Bains e, in termini di merci, per aumentare la capacità di carico dei binari, la cui necessità è qui in funzione dello sviluppo del traffico merci, in particolare tra Francia e Francia. Italia. Ritiene che non sia stata dimostrata l’urgenza di avviare questi sviluppi, le cui caratteristiche socioeconomiche appaiono in questa fase chiaramente sfavorevoli. La realizzazione di questo lavoro oggi può essere considerata solo nel quadro di una tempistica adeguata all’incremento reale del traffico merci sul collegamento Lione-Torino. Quando sarà il momento, bisognerà analizzare con precisione gli aumenti di traffico e affinare i modelli per innescare questi investimenti non appena le aspettative ci consentiranno di considerare che effettivamente si giustificano. Sembra improbabile che entro dieci anni ci saranno motivi per continuare gli studi relativi a questo lavoro, che nella migliore delle ipotesi dovrà essere avviato dopo il 2038.
Osservatorio asse ferroviario Torino-Lione Quaderno 10 pag 323
H. Vie di accesso francesi a seguito del rapporto Duron
Dall’Intervento di François Lépine Vice Presidente Delegato del Comité pour la Transalpine
Non è stata invece giudicata prioritaria la realizzazione delle nuove vie d’accesso tra Lione e l’ingresso del tunnel di base ed il Consiglio ha proposto di rinviarne la costruzione a dopo il 2038. Questa proposta è guidata da una logica meramente finanziaria che tiene conto soltanto della scarsità dei flussi di trasporto ferroviario esistenti.
• In attesa del 2038, il Consiglio propone di investire 700 M€ nell’adegua-mento della sezione di linea storica Dijon-Modane per intensificare i flussi di trasporto in vista dell’apertura del tunnel di base
Giovanni,
quello che lei scrive sulla tratta nazionale francese è corretto, ma risale al 2018 ed è stato superato dagli ultimi sviluppi, dal 2019 in poi, con l’insediamento di Elisabeth Borne al Ministero della Transizione Ecologica e dei Trasporti., che ha dato il via alla progettazione di tale tratta, così come riportato nei link da me citati.
Mauro
diciamo che è in corso uno scontro ad “alto livello” ed in continua evoluzione
cordialità
Giovanni
da NOTAVINFO
documenti, post — 6 Gennaio 2020 at 08:22
Scandalo TAV in Francia: i conflitti d’interessi della ministra Borne sulla seconda Torino-Lione
Un’ennesima bufera si sta abbattendo sul governo Macron… e riguarda da vicino il progetto TAV.
Oltralpe, gli alti funzionari e i ministri sono obbligati, prima di prendere funzione, a dichiarare le proprie occupazioni pregresse a un organismo per la trasparenza della vita pubblica, la Haute autorité pour la transparence de la vie publique (Hatvp). Il settimanale Marianne ha rivelato pochi giorni fa che la ministra della transizione ecologica, responsabile anche del dicastero dei trasporti, Elisabeth Borne, ha “omesso” di dichiarare la sua attività nel consiglio di amministrazione dell’Institut pour la gestion déléguée (IGD) tra il 2015 e 2016. La cosa è di grande interesse perché l’IGD è niente di meno che la principale lobby francese di costruttori. La ministra ha parlato di “insinuazioni scandalose” e ha subito smentito di avere l’obbligo legale di dichiarare la sua posizione. Al di là dell’aspetto strettamente giuridico, però, l’opportunità di questa partecipazione è stata comunque messa in dubbio da più parti vista la contiguità tra i dossier trattati dalla ministra e gli interesse difesi dall’IGD.
La vicenda, come dicevamo, ci riguarda da vicino perché c’è uno scandalo nello scandalo. Sfogliando la lista dei membri del consiglio di amministrazione dell’IGD si può facilmente notare che le sedute sono presiedute da Hubert du Mesnil. Monsieur du Mensil dal 2013 ricopre anche un’altra importante funzione: è il presidente del consiglio di amministrazione di TELT, la società incaricata di costruire il TAV!
La partecipazione di du Mesnil alla testa di una lobby di costruttori mentre al contempo è responsabile di un’impresa a capitale pubblico (metà italiano e metà francese) che dovrebbe portare a compimento il TAV era già finita sotto i riflettori tre anni fa, quando l’associazione anti-corruzione ANTICOR aveva presentato un esposto al Procuratore nazionale finanziario. TELT ha infatti attribuito a due membri dell’IGD – la SPIE Batignolles e la società di consulenza Tractebel – due importanti contratti per i lavori preparatori del tunnel transalpino. Più importante ancora, in futuro, tra i beneficiari dei contratti miliardari dell’opera ci saranno senz’altro molti altri finanziatori della lobby, come il costruttore Vinci [aggiornamento: TELT ha assegnato poche settimane fa il primo appalto a VINCI]. Una vicenda che ricorda, mutatis mutandis, quella del nostro Mario Virano: prima direttore dell’imparzialissimo osservatorio ministeriale sulla seconda Torino-Lione poi direttore generale di TELT, proprio accanto a du Mesnil.
La rivelazione della partecipazione all’IGD della ministra Borne è un altro mattone che crolla nel muro dell’ipocrisia che protegge il progetto TAV. La ministra che ha difeso in sede istituzionale la necessità di realizzare l’opera e il presidente della società pubblica che la costruisce fanno parte dello stesso organismo di pressione che formula raccomandazioni su come gestire il rapporto tra pubblico e privato nei grandi progetti infrastrutturali. Una promiscuità tra manager, ministri e analisti che dovrebbe far sorgere qualche dubbio anche agli osservatori più distratti sugli obiettivi che vengono perseguiti col progetto TAV. In fondo al tunnel c’è l’interesse generale dei territori, degli utenti nonché di chi finanzia l’opera – ossia i cittadini francesi e italiani (ma va detto, gli italiani di più) – oppure l’interesse particolare delle varie cricche che un giorno siedono sulla poltrona da ministro e quello dopo da amministratore delegato quando non fanno le due cose contemporaneamente?
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