TgR Piemonte, venerdì 9 agosto 2019, ore 14:00: Il Presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, in visita al cantiere di Chiomonte, ha scandito due volte con determinata soddisfazione: «Ormai l’opera è irreversibile». Una volta lo ha anche ripetuto il cronista Vanni Caratto.
Ora, al di là di come la si pensi sulla Torino-Lione e su altre grandi opere, una riflessione si impone. Perché la categoria “irreversibile” deve essere una qualità positiva? A me sembra, soprattutto in questo momento storico, che si tratti invece di una caratteristica completamente negativa, che andrebbe evitata come la peste, soprattutto da una politica che volesse essere saggia e lungimirante.
Cominciamo ad orientarci con il Dizionario Treccani: «irreversibile, aggettivo detto in genere di qualsiasi cosa che non può essere invertita, rispetto al movimento, all’equivalenza, al rapporto logico ecc.: moto, direzione, processo, sviluppo, per leggi storiche irreversibili. Usato in chimica, fisica, economia, meccanica, medicina, filosofia». E poi tuffiamoci nella filosofia, cercando di capire qualcosa della “scienza postnormale”. Non l’avete mai sentita nominare? Male, molto male. È un pensiero importante e innovativo, introdotto da Silvio Funtowicz e Jerry Ravetz agli inizi degli anni ’90 del Novecento (curiosa coincidenza cronologica: gli stessi anni in cui nascevano la Torino-Lione e la sua opposizione). Vi consiglio caldamente di approfondire, cominciando anche solo da Wikipedia. Qui basta riassumere un paio di fondamenti. Quando siamo di fronte a «fatti incerti, valori in discussione, interessi elevati e decisioni urgenti» (cioè sempre, nel mondo attuale) la scienza normale non può più essere di aiuto, perché ottiene buoni risultati quando il livello di incertezza è basso e gli interessi coinvolti sono limitati. Tradizionalmente, infatti, cerca una verità ‒ per quanto provvisoria ‒ attraverso la semplificazione di fenomeni complessi, la replicabilità in laboratorio e la loro eventuale falsificabilità (sensu Popper).
Se invece l’incertezza è alta e gli interessi in gioco sono tanti ed elevati, questo tipo di scienza non basta più. Escludendo per principio le conoscenze dei non esperti e quelle esterne al metodo scientifico classico, essa utilizza semplificazioni e assunzioni culturali implicite (spesso condizionate da interessi nascosti) tali da rendere inaffidabili i risultati “scientifici” e spesso negativi i loro effetti. Quando l’elevata incertezza dei dati si aggiunge a conseguenze altamente indeterminate e/o potenzialmente irreversibili, dovrebbe intervenire, appunto, una “scienza post-normale”. È necessario cioè allargare i soggetti incaricati di raccogliere informazioni e di giudicare i documenti e le teorie proposte; non dovrebbero essere solo specialisti appartenenti alla scienza ufficiale di una data materia, ma anche gli studiosi di prospettive minoritarie, gli esperti di altri settori, i cittadini coinvolti (depositari di conoscenze tradizionali non riconosciute dalle dottrine normali o di opzioni socio-politiche originali), nonché tutti i titolari di interessi in gioco.
Scopo della scienza post-normale non è, infatti, raggiungere una qualche “verità” ma di radunare le maggiori informazioni possibili sulla base delle quali assumere decisioni sagge, che tengano conto di tutte le prospettive legittime, producano il più largo consenso praticabile e si ispirino al principio di precauzione. Quindi scelte collettive reversibili, sottoposte a verifiche periodiche che permettano, eventualmente, di fermarsi, di tornare indietro, di scegliere alternative inesplorate e inusuali.
Il Presidente Cirio è uomo di montagna come moltissimi piemontesi. Il primo fondamentale insegnamento che riceve ogni alpinista alle prime armi dai più esperti, è: se sei in difficoltà, se cambia il tempo, se il tuo compagno non sta bene, TORNA INDIETRO. Non importa se sei a pochi metri dalla meta, torna indietro. Cioè: sii reversibile! Perché ciò che è irreversibile non è mai buono.
Vediamo un elenco incompleto.
Dunque, irreversibile come la Salerno Reggio Calabria, che ingoia da cinquant’anni milioni di soldi pubblici, senza restituirli in un’opera utile e compiuta. Come le “decisioni irrevocabili” che Mussolini annunciò il 10 giugno 1940, spedendo il Paese in una guerra devastante e perduta. Come l’inchino del capitano Schettino o il dentifricio fuori dal tubetto. Come una bocciatura a scuola o la calvizie. Irreversibile come le verginità perdute o l’arrosto bruciato. Come il calzino rosso nella lavatrice di bianco o la formattazione del PC o la scoreggia nello spazio di bossiana memoria. Come il consumo dei combustibili fossili e i cambiamenti climatici. Irreversibile come il decadimento radioattivo dell’uranio nelle rocce d’Ambin morsicate dalla talpa ormai irrefrenabile. Come la reazione nucleare a catena che ha spianato Hiroshima e Nagasaki, o come lo strategico piano “R” del generale Ripper nel Dottor Stranamore di Kubrik. Come il doppio fallo nel tennis, due poker di sette a pinnacola, il rigore di Baggio nel 1994. Irreversibile come l’entropia, come l’estinzione dei dinosauri, della tigre dai denti a sciabola, del dodo. Come l’Alzheimer, come un cancro non curato, come il mesotelioma provocato dall’amianto, quello che la talpa inarrestabile sveglierà dalle rocce della Val Susa. Irreversibile come la diossina a Seveso, i fanghi dell’ACNA a Cengio, i metalli pesanti a Taranto, i rifiuti tombati in Campania. Come il consumo di suolo in Italia, con il deserto biologico che irreversibilmente asfalto e bitume producono. Come la sterilizzazione, come l’odioso numero tatuato dai nazisti sul braccio dei deportati. Come il coma, lo stupro, l’omicidio. Come la forca e la ghigliottina. Irreversibile come la morte.
L’elenco potrebbe continuare a lungo. Ognuno può aggiungere esempi divertenti o tragici, tutti inesorabilmente negativi. Per ora fermiamoci qui, con l’ultima analogia: irreversibile come il Titanic, Presidente?