Gli articoli – soprattutto occhielli, titoli e catenacci – erano stati scritti da mesi, come i coccodrilli dei vip in odore di morte imminente. Il morto annunciato questa volta non era tanto (o solo) Gigginodimaio, ma il movimento di cui era (è?) capo politico. Cosicché ANSA, Adnkronos e tutte le agenzie foraggiate dai poteri forti non hanno aspettato gli scrutini del giorno dopo – quelli delle amministrative – per sparare la raffica (precotta) fin dagli exit poll: «Lega sbanca in Valsusa, M5s spopola solo a Venaus (ANSA) – La Lega sbanca anche in Valle di Susa, dove sotto la spinta del movimento No TAV contrario alla Torino-Lione i M5s avevano ottenuto in un recente passato ottime performance elettorali. Nel voto alle Europee il partito guidato da Salvini ha ottenuto il miglior risultato nella stragrande maggioranza dei paesi, compresi Chiomonte, il Comune dell’unico (finora) cantiere italiano della nuova linea ferroviaria, dove ha raggiunto il 36,32% (M5S al 23,14%) e Susa, il maggior centro della valle, dove ha fatto segnare il 33,4 M5S al 26,5%)».
Di lì a poco le edizioni on-line dei giornaloni e poi quelle cartacee che ancora decorano le edicole residue, sembreranno il “copia e incolla” dei lanci sopra riportati. Il tutto mentre ancora si conteggiavano le preferenze dei prossimi deportati a Strasburgo, ed erano ancora sigillate sia le urne delle regionali (in Piemonte si votava anche per il “governatore del nordovest”) che quelle per i sindaci. Bisognerà aspettare il martedì per commenti quantomeno non predigeriti; e bisognerà leggere le prime analisi delle (poche) firme non arruolate per cominciare a distinguere i veri contorni di un panorama oscurato da un polverone non meno nocivo di quello generato dallo smarino del pur misero cunicolo geognostico della Maddalena.
Ettore Boffano è stato per anni caporedattore di Repubblica-Torino. Non solo favorevole al TAV Torino-Lione, ma ferocemente polemico con gli eretici No TAV iscritti al partito a cui vanno le sue simpatie e in particolare con Sandro Plano, sindaco di Susa. Oggi Boffano, dopo aver ricoperto la carica di vicedirettore, scrive sul Fatto Quotidiano ma, nonostante la linea editoriale del giornale sia di netta critica alla Grande Opera Subalpina), continua a rivendicare d’essere sempre stato favorevole alla Torino-Lione. Per questo è particolarmente significativo il suo epitaffio a commento del tramonto di Chiamparino e la sua analisi del voto del 26 maggio nel “profondo nordovest”: «Assieme ai sogni di vittoria, sparisce anche l’illusione che la battaglia a favore dell’Alta velocità in Valle di Susa potesse trasformarsi in una piattaforma politica e in un totem ideale, alimentati dalle piazze mediatiche e un po’ illusorie delle “madamine” e degli esponenti della buona borghesia torinese (che, in dialetto, il Chiampa chiamava i “fafiuché”: quelli che sono talmente rompiscatole da far persino nevicare e pronti, tre anni fa, a passare dalla parte dell’Appendino e a rientrare adesso all’ovile, in nome del sì al TAV). I dati elettorali della Valle di Susa, compresi quelli del piccolo comune di Venaus (teatro anni fa di un durissimo scontro tra i No-TAV e le forze dell’ordine), dicono che in quei luoghi hanno preso più voti i due partiti favorevoli al treno veloce: la Lega e il PD. Ma secondo chi conosce bene quei posti e quella gente, lo scontro sull’Alta velocità c’entra poco: si tratta invece di voler stare con Matteo Salvini o contro di lui o, al massimo, di scegliere i leghisti come gli interlocutori più affidabili per chi vuole la nuova linea ferroviaria internazionale. E a riprova di quanto fosse spuntata (o perlomeno divisa equamente tra i due schieramenti) l’arma del TAV, ecco la percentuale raccattata, questa volta nel campo di Alberto Cirio, dalla lista di Mino Giachino, il vero inventore delle piazze delle madamine: un misero 1,4 per cento».
Ci si potrebbe fermare qui, ma siccome la narrazione dei media mainstream prosegue nel solco del “voto Sì TAV nella Valle No TAV” è utile offrire alcuni spunti di riflessione solo apparentemente a macchia di leopardo, come del resto potrebbe apparire a prima vista l’esito del voto amministrativo nell’area non solo della bassa Val di Susa, ma anche della sua “costola alta” (un tempo assai dolente di infiltrazioni ’ndranghetiste) e della spesso trascurata Val Sangone.
A conforto di quanto appena affermato va annotato (non fosse altro come fenomeno di colore) che molti di noi “no Tav di lunga data” siamo stati invitati un po’ ovunque in questi giorni dopo il “plebiscito sovranista”: serviva un “giapponese rimasto a combattere il TAV nella giungla” nella gabbia dei leoni di Rete4-Mediaset ma anche nel tempio Dem di Lucia Annunziata, nell’oasi protetta di Rai3. Neppure l’ex presidente della radiotelevisione di Stato (di cui pure si ricordano le corrispondenze dalla Grande Mela teletrasmesse al Manifesto), peraltro, legge più attentamente il New York Times: vi avrebbe trovato un breve ma sorprendente passo che prevedeva con diversi giorni di anticipo l’esito del voto anche in Val di Susa (si fa per dire) e in particolare a Susa! Non c’è bisogno di conoscere l’inglese per saltare sulla sedia nel leggere poche ma sorprendenti righe che riprendono – sotto il titolo a sensazione “Steve Bannon Is a Fan of Italy’s Donald Trump” – un’affermazione di Fabrizio Barca (uno che non a caso ha abbandonato la Corazzata Renziomkin prima che affondasse nella tempesta che avrebbe dovuto devastare la Carta costituzionale) che, tradotta, suona più o meno così: «l’abbandono delle aree rurali – la chiusura di piccoli ospedali, linee ferroviarie marginali, scuole superiori – si trova dietro l’ascesa di Salvini: quasi il 65% della terra italiana e forse il 25% della sua popolazione sono stati colpiti da questi tagli. Le aree e le periferie, i luoghi in cui le persone non sentono nessuno, sono la patria della Lega e del Five Star» (https://www.nytimes.com/2019/05/18/opinion/steve-bannon-matteo-salvini.html). Poche settimane prima del voto una giovane mamma (proprio di Venaus!) ha partorito in autostrada (e a un’altra donna era capitata la stessa sorte pochi mesi prima): due anni fa il punto nascite di Susa è finito sotto attacco, con tanti altri piccoli “nidi” di aree montane o periferiche come Domodossola, Carmagnola… A chiuderli – facendosi garante dei desiderata delle grandi agenzie di rating e della divinità detta “i mercati” – è stato il postcomunista Chiamparino col suo assessore alla sanità, il postdemocristiano Antonino Saitta, entrambi fanatici sostenitori “della TAV” (al femminile, come la declinano loro).
E sono loro (o quantomeno i loro dioscuri di partito) che hanno lavorato contro un sindaco eretico come Plano, No TAV da sempre, mettendolo in difficoltà durante il suo mandato (sull’ospedale ma non solo) e favorendo la nascita di una lista-civetta dove molti dei consiglieri eletti, a cominciare dal candidato-sindaco, sono dei post-PD, con contaminazioni fino all’ultradestra… Un rassemblement che ha basato la sua propaganda sul “voto utile” a sconfiggere il sindaco uscente sacrificando addirittura il candidato-sindaco doc della Lega. La prova? Poco più di 300 voti a lui che si presentava nei manifesti 70×100 con in grande evidenza il logo di Alberto da Giussano e la scritta “Lega per Salvini” a fronte degli oltre 1800 voti per “il capitano” alle europee!
Un boicottaggio organizzato anche in altri comuni, grandi (Almese, Bussoleno) e piccoli (Caprie, Mattie) in molti dei quali però i risultati sono stati opposti alle aspettative dei poteri forti di riferimento mantenendo o conquistando sindaci di sicuro orientamento contrario alla ennesima e definitiva grande opera. Un eco-mostro da collocare tra Valle di Susa e Val Sangone, prosciugando e contaminando due dei più importanti bacini imbriferi: il Massiccio d’Ambin e la Collina morenica di Rivoli-Rivalta (ma inneggiando ovviamente a Greta e reiterando slogan falsi, bugiardi e usurati come quello della “sostenibilità ambientale”).
Se a Susa sono riuscite a prevalere, queste forze metropolitane hanno, peraltro, trascurato “i paesi di mezzo” geograficamente collocati in alta valle (Giaglione, Salbertrand e lo stesso Chiomonte), sulla carta (progettuale) destinati ai pesanti effetti di allargamento del cantiere strategico-militare della Maddalena, alla collocazione in area sondabile della “fabbrica dei conci di galleria”, al deposito dello smarino contaminato da fibre di amianto (della cui vena ormai gli stessi proponenti ammettono l’esistenza proprio tra Chiomonte e Susa)! Perché a Chiomonte ha se non altro vinto un “indigeno” autorevole ed esplicitamente critico quantomeno verso il modo in cui i proponenti il TAV hanno agito fino ad ora anche in paesi come il suo (dove tutti gli ultimi primi cittadini avevano consegnato le chiavi del municipio alle società di progettazione e realizzazione della galleria di base: LTF prima e TELT poi): l’ingegner Garbati che con passo da montanaro ha salito tutta la piramide dell’IREN (la grande finanziaria di gestione di centrali elettriche) fino a diventarne amministratore delegato! Ma soprattutto perché le amministrazioni uscenti di Salbetrand e Giaglione – dichiaratamente disponibili a concedere ogni genere di servitù a TELT – sono state sconfitte da liste composte da numerosi attivisti No TAV e guidate da primi cittadini che come minimo vorranno rendersi conto del cosa e del come prima di accettare una pesante eredità “senza il beneficio di inventario” come si dice nel diritto civile…
Se a pensar male ci si coglie il cantiere-groviera di Val Clarea potrebbe traslocare nella sua collocazione primitiva, proprio a Susa. In tal caso sarà interessante assistere all’esplosione delle contraddizioni tra freschi eletti e ustionabili elettori, qualora ciò fosse nelle intenzioni prossime di chi ha investito su Susa e trascurato i paesi destinati a “cantiere alternativo” motivato da scelte non tecniche ma di “ordine pubblico”…
È chiaro a questo punto, anche alla luce del voto amministrativo disgiunto, che dietro alla pretesa di identificare il voto europeo (anzi, anti-europeo!) dato alla Lega con una scelta Sì TAV c’è un imbroglio vecchio di 30 anni. All’inizio dei quali – esattamente come adesso – tutti i partiti (DC, PCI, PSI, PRI, PLI, PSDI) erano favorevoli al TAV e il movimento di opposizione era solo contro tutti, salvo Verdi e Rifondazione Comunista, poi ricattati da dodecaloghi e false promesse che ci lasciarono completamente soli (come capiterà probabilmente oggi con quel che resta dei 5stelle). Ragion per cui nessuna persona di buon senso avrebbe scommesso un bottone che 30anni dopo saremmo ancora stati qui, senza “governi amici”!
Allora, dunque, come adesso, con una non trascurabile differenza: il ribadire le ragioni del no non più a una nuova ferrovia ad Alta velocità di 280 km da Torino a Lione (dieci gallerie una dietro l’altra!), ma a quel poco (se possibile ancor più inutile) che ne rimane: il suo tratto più duro a morire (per le cambiali da onorare da parte di chi lo ha promesso a chi lo vuol realizzare), cioè il tunnel di valico di 57 chilometri.