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Abbiamo un Piano. Anzi, addirittura un Piano quinquennale: 2021-2026. È il Piano nazionale di ripresa e resilienza o, più semplicemente, PNRR. Ma cosa è e dove ci porta il piano? Un ciclo di incontri organizzato dalla Scuola per la Buona Politica di Torino e da Volere la luna dal 30 giugno al 21 luglio prova ad aiutarci a capirlo.
I fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza non finanzieranno la svolta ambientalista promessa dal Governo. Sotto la transizione ecologica, anzi, spuntano le lobby del fossile e delle armi. Eppure la sola strada per uscire dalla crisi è un diverso modello di sviluppo che promuova equità sociale e sostenibilità ecologica.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza varato dal Governo è stato approvato dalle Camere. Tutti soddisfatti dunque? Purtroppo no. I soldi ci sono ma l’idea di società da realizzare non è diversa da quella in cui siamo immersi. In questo modo non usciremo da questa crisi meglio di come ci siamo entrati.
L’emergenza climatica esige un cambiamento di paradigma immediato e radicale. A cominciare dalle città, che vanno rese vivibili e sane. Ma il Piano Ripresa e Resilienza, invece di puntare su questo obiettivo, investe circa il 70% dei fondi per i trasporti nelle grandi infrastrutture. Dalle associazioni ambientaliste un appello a cambiare rotta.
Il Piano di Ripresa e Resilienza sarà, per il nuovo Governo, un banco di prova. Sul piano dei contenuti, a cominciare da una drastica riduzione delle disuguaglianze, ma anche su quello del metodo, in cui occorre superare la tradizionale riluttanza al confronto con l’associazionismo e i diversi saperi diffusi nel territorio.
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