Gaza e il giornalismo che non c’è

Gaza muore sotto i bombardamenti e per mancanza di acqua, cibo, medicinali. In un audio messaggio una operatrice denuncia: «Qui di giornalisti non ce ne sono. Nessuno chiede di entrare nella striscia di Gaza. C’è chi è sempre stato molto attento ai bombardamenti russi sugli ucraini, farebbe tanto piacere vederlo qui, dove, nel silenzio del mondo, si sta consumando una catastrofe». La guerra si fa in molti modi: anche con assenze, silenzi e omissioni.

Per Julian Assange

È in corso, in Inghilterra, il procedimento per l’estradizione negli Stati Uniti di Julian Assange. Un appello di giuristi segnala che tale estradizione, a cui ostano ragioni umanitarie connesse con le sue condizioni psico-fisiche e il timore circa il suo futuro regime carcerario, costituirebbe un terribile esempio di soffocamento della libera informazione orientata al disvelamento degli abusi di potere.

Informazione e pensiero unico alla prova della guerra

In un sistema dell’informazione teso alla costruzione unidirezionale dell’opinione pubblica le reti televisive di Stato hanno un ruolo di primo piano. Impressionante in questo senso è stata una recente trasmissione di Bruno Vespa che ha aggiunto alla consueta propaganda bellica il superamento dell’ultima frontiera, legittimando persino l’uso di armi nucleari, purché “tattiche”.

Assange, la libertà di espressione, la democrazia

Senza la «libera lotta d’opinione in ogni pubblica istituzione» ‒ scrive Rosa Luxemburg ‒ «la vita pubblica s’addormenta poco per volta». Ce lo ricorda il caso di Julian Assange, vittima da oltre 10 anni di una vera e propria persecuzione e trattato con estrema crudeltà per aver messo a nudo un potere che non risponde a nessuno, nascosto da un’apparenza di democrazia.

L’escalation delle parole

Ogni guerra, negli ultimi decenni, ha comportato la militarizzazione e la polarizzazione del dibattito pubblico: o con me o contro di me, o con la democrazia o con il dittatore di turno, o con l’Occidente o con i fondamentalisti. Ma mai come in questi mesi di guerra in Ucraina l’arruolamento delle opinioni conformi e la scomunica di quelle difformi ha travalicato il limite della decenza.

La lanterna magica dell’informazione

L’informazione funziona sempre più come una lanterna magica: proietta immagini evocative, che annullano la complessità e sollecitano ciò che già abbiamo in testa. È accaduto con il Covid, accade con la guerra. L’immagine base è, per lo più, fedele ma il trucco è proporla in modo da indurre scenari preconfezionati che escludono e criminalizzano dubbi e dissenso.

racconto

Il racconto pubblico ostaggio della guerra

In nome di un irragionevole affidamento al fascino della guerra, l’impensabile e l’indicibile è diventato “opzione possibile”. Nell’universo mediatico il ricorso alle armi è considerato l’unica dimensione concepibile mentre le ragioni della nonviolenza sono irrise come appannaggio di “anime belle”. E’ il momento di ricordare il motto gandhiano: “Occhio per occhio e il mondo diventa cieco”

Non sbattere il mostro in prima pagina

La presunzione d’innocenza, già prevista in Costituzione, è ora oggetto di un decreto legislativo che vieta alle pubbliche autorità di indicare come colpevole la persona sottoposta a indagini fino a condanna definitiva e regolamenta le modalità con cui il pubblico ministero può dare informazioni sulle indagini. Lodevole l’intento, ma la disciplina prevista dà adito a non pochi dubbi.