Delega fiscale: la Banca d’Italia bacchetta il Governo

La riforma fiscale è uno dei punti qualificanti del Governo in carica. Ma una prima doccia fredda sulla sua correttezza e praticabilità è venuta dalla Banca d’Italia, per bocca di un suo dirigente che ha abbandonato il tradizionale linguaggio felpato: il modello prefigurato dalla delega è «poco realistico per un paese con un ampio sistema di welfare» e può «ridurre l’equità del sistema».

Legge di bilancio: come favorire ricchi ed evasori

Innalzamento del tetto del contante a 5.000 euro, aumento (da 30 a 60 euro) per i negozianti della soglia per l’obbligo di consentire il pagamento con bancomat, condono per le cartelle esattoriali fino a 1.000 euro emesse dal 2000 al 2015, incremento del tetto di reddito per l’applicazione della flat tax al 15% per i soli lavoratori autonomi e molto altro ancora: ricchi ed evasori ringraziano.

La finanziaria della destra

E fu così che la misteriosa “agenda Draghi”, su cui tanto si era favoleggiato nel corso della campagna eletto­rale, finì per materializzarsi con la manovra del Governo guidato da Giorgia Meloni, colei che col suo par­tito aveva preso tanti voti fingendosi all’opposizione dell’esecutivo del banchiere. Ma la destra è fatta così. Incendiaria quando è fuori dal palazzo, padronale e compatibilista quando ne varca la soglia.

La vera opposizione al Governo della destra sta nelle lotte sociali

La connotazione reazionaria del nuovo Governo è di tutta evidenza. Ma un’opposizione efficace non può fermarsi alla contrapposizione ideologica. L’analisi delle radici sociali del successo elettorale della destra fa ben comprendere che solo il protagonismo dei lavoratori e dei ceti più deboli attraverso le lotte sociali potrà erodere le basi di quel consenso e permettere la costruzione di una rappresentanza politica adeguata.

Si fa presto a dire flat tax

La flat tax, lungi dall’essere strumento di uguaglianza come sostiene la destra, avrebbe l’effetto opposto come già avviene con la sua applicazione ai redditi d’impresa, produttiva di grande disparità di trattamento tra lavoratori autonomi e dipendenti. Di più, una sua estensione generalizzata provocherebbe, secondo stime autorevoli, un’insostenibile diminuzione di 58 miliardi di euro delle entrate fiscali dovute.

Un voto contro Meloni e contro le oligarchie

Lo scontato imminente trionfo della destra non è un unicum, uno sconvolgimento delle nostre fondamenta costituzionali. Esso si colloca piuttosto in un quadro di sostanziale continuità con un passato in cui l’élite dominante nostrana ha puntato su diversi cavalli pur di controllare le leve del potere reale. Per incrinare questa linea è importante sostenere le forze, dal M5S in giù, più invise al mainstream.

Fisco: cosa c’è dietro la riforma che ancora non c’è?

Era previsto nel Piano nazionale di ripresa e resilienza; era atteso in Parlamento entro il 31 luglio; per di più «ce lo chiede l’Europa». Eppure della legge delega di riforma fiscale si sono perse le tracce. Poi, in questi giorni, si è ripreso a parlarne. Ma è bastato evocare la revisione del catasto per far entrare in fibrillazione il sistema politico.

La flat tax incrementale è incostituzionale

Dopo l’introduzione di una sorta di flat tax (con aliquota del 15%) per le partite IVA con ricavi non superiori a 65.000 euro il Governo ne sta ipotizzando una nuova per i redditi incrementali, cioè per gli incrementi di reddito denunciati. Una versione di evidente incostituzionalità e più irrazionale e iniqua della precedente.