Punire i poveri e criminalizzare il dissenso

Non viviamo in uno stato di polizia, ma siamo immersi in uno stato diseguale e repressivo che si dilata a dismisura. Ne sono espressione – in parallelo con la soppressione del reddito di cittadinanza, la stretta sui migranti e la mancata adozione di un salario minimo per legge – due proposte di legge in corso di approvazione sulle occupazioni abusive di alloggi altrui e sull’imbrattamento di beni culturali.

2 giugno: quale festa per quale Repubblica?

2 giugno: festa della Repubblica. L’impulso, nei tempi oscuri che attraversiamo, è scrivere di ciò che minaccia la Repubblica: la politica bellicista, l’autonoma differenziata, il presidenzialismo, la disumanizzazione dei migranti, la repressione del dissenso. Ma c’è un modo diverso per festeggiare il 2 giugno: ricordare le lotte di chi pratica la democrazia conflittuale e sociale, e parteciparvi.

La destra al potere: «Non facciamo prigionieri!»

Due mesi fa una (allora) oscura parlamentare di Fratelli d’Italia apostrofò Tomaso Montanari con le parole: «Stia pur sicuro che da noi non avrà mai diritto di parola!». Non era una battuta infelice ma un programma politico oggi in pieno svolgimento: la regola è diventata prendersi tutto, trasformare ogni occasione in propaganda di regime, dileggiando ogni regola di pluralismo democratico e ogni pudore.

Il dissenso non piace all’establishment

La repressione dell’opinione contraria e della protesta è, da sempre, una componente del governo delle società, ché il potere, qualunque esso sia, non ama essere criticato, contestato, sovvertito. Ma le iniziative legislative contro gli “ecovandali” e la contestazione del delitto di associazione per delinquere ad alcuni di loro da parte della Procura di Padova sono campanelli di allarme di una più generale svolta autoritaria.

La guerra svuota la democrazia

La guerra cancella il pluralismo e il dissenso, semplifica e omologa la realtà, verticalizza le decisioni, chiude le possibilità di cambiamento, travolge l’espressione del conflitto e le istanze di emancipazione. Mobilitarsi per la pace è quindi anche agire per una democrazia pluralista e conflittuale, per un progetto di trasformazione della società nell’orizzonte della giustizia sociale.

Primo Maggio. Perché in piazza ci sia spazio per tutti

Spezzare e militarizzare un corteo, come ha fatto la polizia il 1° maggio a Torino, non è accettabile. La piazza è di tutte e tutti. Rispettado la libertà altrui, tutte e tutti devono poter esprimere il proprio consenso o dissenso verso posizioni politiche e sindacali e verso le autorità presenti. Come diceva Sandro Pertini, «Libero fischio in libera piazza»: è l’ABC della democrazia.