Dopo i referendum

Ha votato, per i referendum sulla giustizia, un elettore ogni cinque, il minimo storico. Il quorum non è stato raggiunto e la competizione referendaria si è chiusa, per i proponenti, in modo inglorioso. Dato il tenore dei quesiti è meglio così, ma la fretta di voltar pagina senza coglierne la lezione non può che produrre danni ancora maggiori: per la politica, per la giurisdizione, per tutti noi.

I referendum sulla giustizia: l’ennesima occasione mancata

I referendum del 12 giugno incidono, insieme, su questioni marginali e su drammatici problemi reali (come l’abuso della custodia cautelare) ma, in ogni caso, non avvicinano la soluzione della crisi della giustizia. Perché lo strumento referendario è, in sé, inadatto e perché il dibattito di questi giorni propone soprattutto slogan (seppur di segno opposto). Di nuovo sarà un’occasione mancata.

Referendum e falsi slogan della “giustizia giusta”

La Corte costituzionale ha dato il via a cinque dei sei referendum proposti sulla giustizia. I promotori esultano e parlano dell’apertura della strada per una “giustizia giusta”. In realtà le cose non stanno così e i referendum sulla legge Severino e sulla limitazione delle misure cautelari prefigurano una riforma contro l’amministrazione della giustizia di cui i cittadini devono preoccuparsi.

Il Papa e la giustizia penale

Ricevendo i partecipanti al congresso dell’Associazione internazionale di diritto penale il Papa scende nel merito di molti istituti penalistici (dalla legittima difesa alla custodia cautelare e all’ergastolo) evocando un modello di giustizia fondato non sulla vendetta ma sul dialogo, sull’incontro, sul ripristino dei legami intaccati dal delitto.