Sinistra. La lunga marcia verso la sconfitta

I dati sono chiari: le elezioni non le ha vinte la destra, le hanno perse tutti gli altri. E la sconfitta ha radici risalenti. Comincia col sistematico smontaggio del progetto costituzionale iniziato dal centrosinistra 30 anni fa e arriva fino all’entusiastico sostegno al Governo Draghi. L’esito è un’Italia diseguale, abbandonata, antipolitica che ha perso ogni stimolo a votare a sinistra (e a votare tout court).

Non-voto e degenerazione oligarchica

Il non-voto è, nel nostro Paese, la prima forza politica. Le sue ragioni strutturali sono la fuga dei partiti dal territorio, la scomparsa di una visione di futuro per cui mobilitarsi, la trasformazione della politica in ordinaria amministrazione. E i suoi principali protagonisti sono i più poveri e i meno istruiti. Con una degenerazione oligarchica che segna la nostra democrazia.

Poteva andare anche peggio. No

L’esito elettorale non lascia spazio a interpretazioni. La destra ha vinto e dispone, oggi, di 112 seggi su 200 al Senato e di 235 su 400 alla Camera. Il prossimo Governo sarà guidato da Giorgia Meloni e vedrà, verosimilmente, Salvini al ministero dell’Interno. La sinistra non c’è più. Ed è difficile persino individuare i soggetti che potrebbero concorrere a ricostruirla. Ma occorre ripartire: senza ripetere i vecchi errori.

A chi è utile il voto utile?

È almeno dalla primavera del 2001 che riceviamo appelli al voto utile contro il pericolo della destra. Oggi quel pericolo è più acuto che mai. Ma, senza un salto di qualità sui contenuti, il cosiddetto voto utile sarà un ulteriore inganno: la destra vincerà comunque le elezioni, beneficiando per di più dell’ennesimo spostamento a destra del quadro politico.