Una delle tante nefaste conseguenze del Covid (alla faccia di quelle anime candide che credevano che dopo sarebbe stato meglio) non sarà solo di avere della gente più grassa e dei ragazzi più ignoranti ma anche di aver perso una bella fetta di informazione.
Le poche volte che guardo i notiziari televisivi, sono infarciti di numeri su tamponi, ricoveri e morti. Quasi che non muoiano ogni anno più di 190.000 persone per tumore e 50.000 nella sola Pianura Padana per inquinamento. Deve passare solo una parte dei morti. Condita con stupidissime interviste per la strada del tipo «Lei si è vaccinato? Fa anche il tampone?». Dopo il bollettino di guerra sul Covid (non abbiamo forse un generale a combatterlo?), solo la politica governativa (senza un filo di critica), poi altri morti per le ragioni più svariate e un po’ di gossip e/o di sport.
Forse la gente non se ne rende conto, ma anche grazie alla pandemia, il livello dell’informazione è scaduto drasticamente. Passano solo certe notizie (condite da non-notizie) e manca totalmente la critica. I media sono totalmente asserviti al potere e i giornalisti, se vogliono conservare il posto di lavoro, sono solo più dei valletti accondiscendenti. E questo della perdita del lavoro è tanto più vero per la carta stampata visto che è arcinota la crisi in cui si dibatte l’editoria. Quindi non resta al giornalista che asservirsi alla logica padronale se tiene famiglia o una casa in affitto. Questo – oltre alle aggressioni fisiche e alle intimidazioni – dovrebbe emergere in una classifica sulla libertà di stampa come quella che viene annualmente redatta da Reporters sans Frontieres. Quanto è libero il giornalista di fare il suo mestiere?
Per fortuna residua ancora un mondo in cui le notizie filtrano ed è quello della rete. Il resto è omologazione. O dittatura?