Sono un docente e con questa lettera provo a immedesimarmi in un neomaggiorenne, interpretandone dubbi e paure.
«Ecco, di fronte a me, in questa caldissima estate, ci sono due date: 15 e 25 settembre. La ripresa della scuola e la prima volta al voto per me. Dovrebbero essere due certezze e invece non lo sono. Anzi, le vivo esattamente al contrario, quasi come due incubi.
Partiamo dalla scuola. Come riprenderanno le lezioni? Secondo me, non è stato fatto alcun lavoro nelle scuole, né di locali né di aerazione. Ne sono sicuro. Noi studenti torneremo in brevissimo tempo a indossare tutti le mascherine, e saremo poi obbligati a tenerle per l’intero anno e a stare con le finestre aperte a gennaio. Poi non ci saranno subito gli insegnanti di tutte le discipline almeno fino a novembre, per quanto anche a questo siamo abituati. Tutto uguale, come due anni fa, alla prima estate post-pandemia: al rientro, l’unica novità erano quegli strani banchi con le rotelle (non per tutti), stretti e scomodissimi… Vi ci siete mai seduti per cinque ore di fila? Praticamente dopo dieci giorni siamo tornati ai banchi tradizionali! Per il resto, anche quest’anno a settembre sarà tutto identico a prima, ne sono certo.
Seconda cosa, le elezioni. Io ci ho sempre capito poco, di politica, ma come facciamo noi giovani a comprendere qualcosa? Vedo e leggo di persone che in tv non presentano idee concrete e serie, ma si occupano solo di fare o sciogliere alleanze o di scegliere già i ministri oppure pubblicano continuamente tweet che non dicono nulla… Per fortuna ci sono stati, durante l’anno, i prof (almeno quelli che non se ne fregano oppure quelli che non ci rompono con i telefoni mentre loro in classe li usano liberamente), con cui abbiamo parlato di diritti umani, di differenze sociali, di diversità di genere, di ambiente, ma dai politici queste cose ad agosto non le ho sentite per niente. Per chi dovremmo votare, dunque? Per il politico che non accenna mai al surriscaldamento climatico mentre noi questi giorni stiamo a squagliarci? Per quelli che ci dicono che questo non si può fare, quest’altro è vietato mentre a noi ragazzi non offrono alcuno spazio di aggregazione e se andiamo a un concerto ci trattano come incoscienti? Perché non c’è qualcuno che ci spieghi per quale assurdo motivo un nostro compagno, nato in Italia da genitori stranieri, non è potuto venire con noi in gita a Londra? Anche se frequenta con noi dal primo anno? A scuola non dovremmo essere tutti uguali? E cosa cambia se io voglio farmi chiamare per nome o per cognome da un insegnante? Gli faccio forse un torto? O se indosso un paio di jeans strappati? Tanto ci sarà sempre quel prof che ti guarda male se ti sei fatto un nuovo piercing… Lo so già, a noi giovani non presta ascolto nessuno… non gliene frega niente di noi e alla fine, pur potendo, io e i miei compagni non andremo a votare. Per chi, poi? Ci andrà al mio posto mio nonno, lui sì che sa chi votare… e poi è l’unico che mi ascolta in famiglia. Qualche volta, quando non gli gira. Speriamo che le vacanze non finiscano mai. Odio, invece, tutto il resto».