Una forbice sempre più evidente separa lo sport dilettantistico da quello professionistico. L’Olimpiade non sottilizza più su quello status che, nel 1913, costò all’indiano Thorpe qualche preziosa medaglia d’oro per aver violato i principi di De Coubertin. Ma il dilettante è libero di ritirarsi quando vuole, il professionista un po’ meno. Esempi? Berruti dopo il successo ai Giochi di Roma del 1960, a 21 anni, continuò a gareggiare per divertimento; sul finire degli anni Ottanta, Mennea, a 36 anni, era ancora in lizza per una partecipazione olimpica per onore di firma e di retribuzioni.
L’età anagrafica per l’addio allo sport si allunga sensibilmente in una lunga eclissi che consente ancora guadagni e popolarità. Ma la parabola dei campioni sensibili al messaggio degli sponsor e del marketing assai più che a quello del corpo rende a volte patetico il tentativo di rimanere sulla cresta dell’onda.
Il caso più classico d’attualità è quello di Valentino Rossi, che non è oggi il motociclista di cui si parla di più, forse per il secondo anno consecutivo. Vale ha concluso al 15esimo posto il suo mondiale, non gareggiando mai per un successo, collezionando tre ritiri consecutivi, patendo anche la pandemia che lo ha appiedato per quasi un mesetto. È da ammirare la sua capacità di rimanere personaggio nonostante che l’ultimo mondiale vinto sia del 2009 ma, in pratica, sono undici anni che Rossi non vince un titolo, scivolando sempre più in basso nel ranking, fino a venire espulso dalla casa ufficiale, approdando a un team privato. Chi glielo fa fare? Perché rovinare uno splendido passato? Qui non è più in ballo la passione ma il business. Un altro pluri-mondialista, Giacomo Agostini, seppe a suo tempo cogliere le insidie del tempo, ritirandosi nel pieno del rendimento, a 34 anni. Che, guarda un po, è esattamente l’età di un altro illustre campione, ripudiato dalla casa madre. Dovizioso è messo peggio di Rossi perché non correrà il mondiale del 2021 e sembra difficile che il prossimo si possa configurare come un anno sabbatico che gli lasci reali chances di rientrare nel giro del 2022, se non contando sulle défaillances dei colleghi che ora dovrebbe chiamare ex (colleghi).
Sempre sulle due ruote a motore insegue vanamente una speranza di titolo nel motocross Cairoli. Ma i rivali sono sempre più giovani e le speranze di aggiungere l’ennesimo trofeo a una lunga carriera sembra velleitario considerando la vicinanza più ai quaranta che ai trent’anni.
Se togliamo il motore, l’età è quella di Vincenzo Nibali, fino a quest’anno considerato un abbonato ai podi nelle grandi manifestazioni a tappe. Ma la stagione ha segnato il crinale tra l’avvento della nuova generazione e i vecchi divi della bicicletta: in azzeramento competitivo Nibali, Froome, Valverde, via alla generazione di mezzo dei Roglic e, di più, agli scalpitanti leoni con poco più di vent’anni, quelli che hanno vinto Tour e Vuelta, tanto per ricordare il loro fresco avvento.
Peraltro il fenomeno non è a senso unico. Nel basket i più prolifici cannonieri sono il quarantenne Scola, il trentottenne Logan mentre si difende benissimo l’altro trentottenne Delfino. I due argentini hanno vinto la medaglia d’oro ai Giochi addirittura sedici anni fa ma cavalcano il miraggio di un’ennesima partecipazione ai Giochi di Tokyo spostati nel 2021. Lo stesso traguardo per cui si batte Federica Pellegrini che ha 32 anni suonati ma non demorde. Del resto coltiva un sogno persino il suo ex fidanzato Magnini che ne colleziona 38, un’età che nel nuoto è assai avanzata.
A volte anche il semplice sogno fa marketing e pubblicità.