Nel basket conta chi paga

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Lo sport globalizzato obbedisce al business e al marketing più che alla perduta purezza dell’ideale olimpico. Non è un caso se alcuni dei migliori maratoneti africani (kenyani o etiopi) hanno già programmato di rinunciare alla prestigiosa ma poco remunerativa gara che assegnerà il mondiale a Doha o la vittoria nei Giochi di Tokyo firmando ricchi contratti per classiche sparse per il mondo (prime fra tutte quella di Berlino). La squadra statunitense di basket dei mondiali 2019 ha perso uno dopo l’altro i principali designati protagonisti (Curty, Harden, Lebron), vistosamente disinteressati ad aggiungere un altro trofeo alla collezione già vasta.

Ma qui vogliamo rintanarci in un ambito più ristretto e molto italiano. Parlando sempre di pallacanestro. L’Italia torna a riaffacciarsi ai mondiali in Cina dopo aver perso il diritto di partecipazione a innumerevoli edizioni. Dunque l’evento è quasi epocale per il movimento anche considerando che non è bastato spendere 1,5 milioni di euro per garantirsi un posto al sole per i Giochi Olimpici 2016 (sconfitta in casa contro la Croazia). Tra l’altro un piazzamento adeguato in Cina vale l’inserimento nel cast dei Giochi 2020.

Scattano le convocazioni di 19 giocatori dopo una prima scrematura (esclusi in cinque, tra cui la sorpresa Tonut). Nell’elenco c’è anche il lungo più affidabile di una squadra senza centri di esperienza internazionale, l’apprezzato Melli (2.05 di statura), abile e arruolato in tutte le ultime grandi manifestazioni continentali. Il giorno dopo il comunicato ufficiale di convocazione si apprende che Melli (non a caso qualche settimana prima ingaggiato dalla squadra professionistica americana dei Pelicans) in tutta fretta e con grande sorpresa dell’ambiente è entrato in camera operatoria per un intervento di ripulitura del ginocchio. Badate bene, non si è operato per infortunio, per necessità, ma per libera scelta strategica. Probabilmente concordata con la sua nuova società. Contestualmente si sa che contrae matrimonio con la fidanzata e quindi presumibilmente si concederà qualche giorno di vacanza.

Ha informato l’allenatore Sacchetti, ha messo al corrente del piano il presidente Petrucci? Non è dato saperlo ma immaginiamo la botta. Il presidente Petrucci assorbe il più che probabile forfait dai mondiali (a cui Melli non ha mai partecipato, l’ultima esperienza italiana risale al 2006) e fornisce dichiarazioni concilianti: «Non abbiamo motivo di dubitare delle esigenze di Melli che ha sempre risposto positivamente alle chiamate della nazionale».

In questa nazionale ci sono altri due giocatori che militano nella Nba e a cui è stato concesso di aggregarsi alla comitiva più tardi. Fa tremare anche Gallinari che inopinatamente si opera di appendicite. Si tratta dello stesso Gallinari che in questo decennio ha risposto a singhiozzo alle chiamate della nazionale e che ha pensato bene di tirare un pugno in partita a un avversario olandese vedendosi squalificato (sportivamente ma anche moralmente) per un lungo periodo azzurro. Si tratta di giocatori che, ipocritamente, rilasciano dichiarazioni di grande affetto per la maglia azzurra, salvo sottrarsi alla chiamata nei momenti topici del calendario. In Germania c’è l’esempio esattamente contrario. Dirk Nowitzki in venti anni di frequentazione del basket professionistico Nba, non si è mai sottratto a una convocazione della sua nazionale contribuendo in maniera decisiva al suo discreto posizionamento in campo continentale.

Troverete mai un accenno sulla rinuncia di Melli sulla stampa sportiva quando le stesse istituzioni per pruderie e per evitare rotture future coprono la sua scelta? Silenzio assoluto, si fa di necessità virtù. L’allenatore della squadra di basket Sacchetti (uno che non le manda a dire) è un vaso di coccio in una delicata cristalleria di giocatori da appaganti contratti milionari. Dunque il segreto per i Gallinari del caso è sempre dire di sì a chi ti assicura un prospero futuro. La nazionale a volte è un’ipotesi compatibile con i propri programmi, a volte no. Con queste prospettive nasce sotto auspici tutt’altro che rosei l’avventura italiana dei mondiali di basket, viziata da questo limite di partenza.

Gli autori

Daniele Poto

Daniele Poto, giornalista sportivo e scrittore, ha collaborato con “Tuttosport” e con diverse altre testate nazionali. Attualmente collabora con l’associazione Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie. Ha pubblicato, tra l’altro, Le mafie nel pallone (2011) e Azzardopoli 2.0. (2012).

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One Comment on “Nel basket conta chi paga”

  1. La perdita di autorevolezza delle Federazioni è sotto gli occhi di tutti, così come il mancato senso di appartenenza di tanti atleti di tante discipline sportive. Una volta vestire la maglia azzurra dava un senso alla carriera di un atleta. Oggi la si veste spesso per convenienza (aumento degli ingaggi e/o degli stipendi.

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