Le manifestazioni gioiose del primo maggio ci hanno dato un momento di sollievo, ma non hanno spento l’eco delle ultime vicende della settimana appena trascorsa, caratterizzata da un pullulare di mostri e mostriciattoli che rappresentano incubi ricorrenti nella nostra coscienza civile. Come quei ragazzi giovanissimi ancora minorenni di Manduria che, nell’indifferenza generale, hanno sottoposto a violenze, torture e tormenti di ogni genere un anziano disabile, riprendendosi con i telefonini per esaltare le loro gesta e condividerle con altri; come quei due militanti di Casa Pound che a Viterbo si sono immortalati mentre compivano uno stupro di gruppo, azione coerente con la loro ideologia come ha osservato Ida Dominijanni su Internazionale; come quei giovani e meno giovani con le teste rasate che, il 29 aprile a Milano, inquadrati militarmente, hanno inscenato la cerimonia del “presente” con un migliaio di braccia alzate e di mano tese nel saluto romano, rivendicazione orgogliosa di un passato di barbarie che si vuole ripristinare.
E allora sorge la domanda: cosa ci succede quando ci sembra di non riconoscere più il mondo in cui abbiamo vissuto, cosa ci succede quando ci ritroviamo in un Paese sempre più rancoroso, in cui i legami di solidarietà fra le persone si sono sciolti come neve al sole, in cui i naufraghi vengono fatti annegare in mare perché il salvataggio è vietato, quando la bontà viene definita “buonismo” e punita come reato?
Ha osservato il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio: «In Italia la guerra contro le reti di solidarietà, grandi o piccole che siano, è sempre più aspra e aggressiva. Lo stiamo documentando da giorni: le parole di (falso) ordine e i marchi di scherno confezionati dal cattivismo “social” e di governo si traducono in concreti atti di ostilità e in scelte (o deliberate non-scelte) politiche e amministrative. Nel mirino ci sono tutti coloro che si occupano di poveri, bambini soli, disabili, carcerati, stranieri. Le mense e gli ostelli della Caritas e degli altri accoglienti diventano la “mangiatoia”, le case famiglia sono liquidate come “business”, sul rilancio delle misure alternative al carcere e di recupero dei detenuti viene messa una pietra sopra, chi fa cooperazione sociale è denigrato come affarista e persino malavitoso, le organizzazioni umanitarie sono trattate da nemici del genere umano e dell’ordine pubblico… Se il grido di battaglia del salvinismo è – copyright del sito Il populista – “libera la bestia che è in te”, non ci sono molti dubbi sulla “preda” designata. Purtroppo, una volta liberata da questa politica la bestia che è in tutti noi, gli apprendisti stregoni che l’hanno evocata non riescono più a tenerla a freno. Non c’è da stupirsi quindi se vengono fuori mostri e mostriciattoli, incoraggiati dall’ostilità pubblica verso i più deboli e i diversi. Ma in realtà i mostri non esistono. Ci insegna Primo Levi che “i diligenti esecutori di ordini disumani non erano aguzzini nati, non erano (salvo poche eccezioni) dei mostri […]. Gli uomini delle SS erano fatti della nostra stessa stoffa […] avevano il nostro viso ma erano stati educati male».
Il problema è: che educazione stiamo realizzando attraverso la comunicazione politica, i mass media, le leggi, le condotte e gli atti amministrativi, orientati alla discriminazione e al disprezzo dei diritti fondamentali?
In questo momento di incertezza, grande è la responsabilità della politica che deve sbarazzarsi del paradigma diseducativo così tenacemente coltivato e liberarsi della menzogna, radice di ogni violenza.
La politica è secondo verità se parte dagli altri, se assume la sofferenza umana a partire da quelli che nelle Beatitudini sono chiamati beati: i poveri, gli oppressi, i piangenti, gli stranieri, i perseguitati. La politica è offrirsi in sacrificio per gli altri. Così è stato per Moro, per Allende, per Mons. Romero, per gli uccisi di tutte le Resistenze. Come ha osservato Raniero La Valle: «nella rilettura messianica, nella speranza aperta sul domani, la politica è quella per cui milioni di uomini e di donne, dal più piccolo al più grande, prenderanno su di sé la sofferenza di tutti e, ognuno con le sue bandiere, con i suoi compagni di lotta, i suoi ciclostili, ne appronteranno i rimedi, ne elaboreranno il pensiero e costruiranno pietra su pietra la nuova agognata casa comune in cui abiti la giustizia e di cui sia custode la pace».