Plusvalenze, il doping del calcio

image_pdfimage_print

Un dato di fatto essenziale. Il calcio professionistico nazionale versa in uno stato prefallimentare. Le società di A, B e C, hanno accumulato un debito complessivo di 4 miliardi di euro. Un debito praticamente inesigibile come quello accumulato dal Comune di Roma (12 miliardi, tre volte di più).

È un calcio corroso dagli scandali e malato dentro perché la medicina dopante che prova a nascondere questo pesante passivo è il meccanismo delle plusvalenze ovvero la valutazione sovradimensionata dei giocatori. Un espediente su cui il sistema chiude un occhio. Il potere della Lega calcio ha obnubilato la possibilità di CONI (oltre che del Governo) e della Federazione di andare a fondo di questo trucco contabile che ristabilisce fittizie parità di bilancio e impedisce alla bolla economica (tale è il sistema calcio) di sgonfiarsi definitivamente.

Un esempio: è realistico che un giocatore modesto e mai nel giro della nazionale sia stata valutato nel passaggio dalla Juventus al Genoa 18,5 milioni? Sturaro era riserva nella Juve e forse lo sarà nel Genoa, nonostante qualche brillante inaspettato acuto recente. Ha 26 anni ed è un’utile pedina per riassestare il forte introito che il Genoa ha ricavato dalla cessione di Piatek al Milan (35 milioni).

Tutte le società vivono al disopra delle proprie possibilità ed è rarissimo che una di loro venga sanzionata per queste valutazioni esagerate e strumentali. Chievo e Cesena hanno esagerato con questo escamotage pervenendo a quotazioni milionarie di giocatori giovani e sconosciuti. I rispettivi interessi si sono uniti in una partita di giro che favoriva i due club e permetteva loro di riequilibrare i bilanci. È stato deferito il Chievo a cui si pronosticava, giurisprudenza alla mano, la possibile automatica retrocessione in serie B. Come è stata sanzionata la società di Campedelli, presidente che pure ha la nomea di essere uno dei più virtuosi del gruppo? Tre punti di penalizzazione. Come dire, una vittoria in più e la pena è scontata.

Questo tipo di sentenze è un invito alla trasgressione delle società e ai trucchetti contabili, alimentando una gestione che è un eufemismo definire allegra. Il presidente federale Gravina, già al Castel di Sangro, già vigile osservatore dell’inferno della serie C, ha tuonato contro gli scandali di sistema. Ma avrà il potere di cambiare il trend?

Le società, superficialmente ammesse ai campionati, ora hanno un motore che batte in testa oltre che un incerto futuro. In serie C la Pro Piacenza è stata esclusa. In serie B barcollano il Foggia, l’Entella, il Palermo e lo Spezia. Con problematiche diverse ma con in comune una presidenza barcollante ed economie disastrate e censurabili. Una severità a monte avrebbe evitato le rituali crisi di fine stagione, proprio nel momento più delicato, quando si decidono promozioni e retrocessioni.

La quotazione in Borsa di alcune società, la leadership straniera di alcune di esse, i frequenti passaggi di consegne tra azionista e azionista, i maxi-acquisti (topico quello di Ronaldo alla Juve, un affare da 200 milioni complessivi) contribuiscono sensibilmente all’instabilità di sistema. Chi non si adegua è perduto. Un bilancio trasparente e giustificabile in una società di serie A porta dritti dritti alla B.

Dunque è il mercato (aperto, quasi sempre, come una valvola di sfogo sistema-bilanci) l’atipico regolatore di un sistema che continua a dipendere da questi “aggiustamenti” come dalla vendita dei diritti televisivi. Al contrario un sistema sano dovrebbe contare sugli stadi di proprietà (solo tre casi in serie A), sugli incassi al botteghino, sul marketing, sul merchandising, cioè sull’apporto corretto di quei tifosi non necessariamente ultras che sostengono le società.

Un’anomalia italiana, conosciuta ma tollerata. Perché la sopravvivenza del calcio è un problema anche di ordine pubblico. Provate a togliere il giocattolo campionato agli italiani e potremo assistere alla più importante manifestazione di piazza degli ultimi anni.

Gli autori

Daniele Poto

Daniele Poto, giornalista sportivo e scrittore, ha collaborato con “Tuttosport” e con diverse altre testate nazionali. Attualmente collabora con l’associazione Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie. Ha pubblicato, tra l’altro, Le mafie nel pallone (2011) e Azzardopoli 2.0. (2012).

Guarda gli altri post di:

3 Comments on “Plusvalenze, il doping del calcio”

  1. Nell’articolo è citata l’Entella, che si trova in Serie C e non in B, e non mi risulta una presidenza traballante, ma una delle più solide del campionato.

    1. Il lapsus nasce dal lungo contenzioso per l’ammissione al campionato cadetto 2018-2019, poi concluso sfavorevolmente per la società. Peraltro l’Entella sta legittimando il pronto ritorno in B con il chiaro primato nell’attuale campionato di C. Quanto alla società mi riferivo ai precedenti del presidente Gozzi, arrestato per un caso di corruzione e molto citato come possibile acquirente fantasma nel passaggio delle quote sociali della Sampdoria dai Garrone all’attuale presidente Ferrero.

      1. Sul tornare in Serie B attendiamo la fine del campionato, almeno per scaramanzia!
        L’Entella ha pagato, forse perchè società poco conosciuta, quando a pagare dovevano essere altre società, vedi Foggia!
        Sul presidente immagino si riferisca ad un fatto accaduto in Belgio, e che non ha nulla a che fare con l’Entella, da cui lo stesso Gozzi ne è uscito velocemente, sulla Sampdoria non conosco i fatti e non aggiungo altro.
        La ringrazio per la risposta

Comments are closed.